E se la Tolleranza Zero la chiedessimo noi?3 min read

Il conto alla rovescia è iniziato: tra poche settimane verrà approvato il decreto che porterà la tolleranza alcolica per chi guida a 0,2%. Le poche forze che si sono mosse contro questo nuovo inasprimento, pur con impegno ed intenti lodevoli, hanno ottenuto al massimo qualche pacca sulle spalle, qualche sorriso di affettuosa complicità e poco più.

Mentre tutto questo accadeva a me tornavano sempre più in mente i blocchi autostradali per le quote latte.  Questo non per voler ripetere per il vino quello che è stato fatto per il latte, ma per riuscire ad immaginare una forma di protesta adeguata ed utile. Mi sono venute alcune idee ma prima di esporle vorrei stupirvi diventando più “realista del Re”. 

Credo che la diminuzione a 0,2% non basti, occorrerà arrivare velocemente alla Tolleranza Zero. Il mondo del vino dovrebbe perorare in toto questa causa …..con un distinguo. Applichiamo la Tolleranza Zero con un decreto che vale per 6-8  mesi: se al termine di questo periodo gli incidenti dovuti all’alcol non sono diminuiti drasticamente allora vuol dire che non è quella la strada da perseguire. Quindi, oltre a tornare a regole più umane si dovrà anche affrontare il problema da altre prospettive. Educazione e prevenzione nelle scuole, campagne pubblicitarie mirate e non terroristiche. Importante sarebbe la  creazione di un osservatorio permanente, finanziato dai produttori di vino con un centesimo per bottiglia venduta , con lo scopo di comprendere quel tessuto sociale, anche giovanile ma non solo, che (per essere semplici e farci capire) “ compra bottiglie di liquori e se le scola in poche ore, beve a canna da bottiglioni da 2€”.

Mi rendo conto che il rischio è quello di far passare una regola che poi potrebbe non  essere più tolta (basterebbero due incidenti pochi giorni prima dello scadere o pressioni giuste di qualche politico) ma solo prendendo il toro per le corna e facendo capire, con dati alla mano, che non è proibendo in maniera ottusa ma educando con intelligenza che si può migliorare la situazione.

Torniamo al discorso “quote latte”. Nel frattempo, mentre passano questi mesi, il mondo del vino non dovrebbe stare alla finestra in attesa, ma attuare delle forme “VISIBILI, GRAFFIANTI, RILEVANTI ed INTELLIGENTI” per incidere nell’opinione pubblica. Non parlo solo di manifestazioni pubbliche, ma di vere e proprie “Catene di Sant’Antonio” che stiano sempre sotto gli occhi di tutti. Un esempio molto terra terra: applicare sulle nostre auto adesivi giganti con su scritto frasi del tipo “Io bevo vino ma non ho mai fatto incidenti”  “Se avessero fatto il palloncino ai nostri nonni avrebbero passato la vita in galera” “Il vino è storia” e via cantando. 

Tempo fa, mi pare Lega Ambiente, fece stendere lenzuola bianche alle terrazze per far rilevare visivamente lo smog: il mondo del vino dovrebbe trovare un modo per far capire “visivamente” che quelli che fanno incidenti mentre sono ubriachi, non sono mai gli stessi che tutti i giorni bevono due buoni bicchieri di vino a pranzo e a cena.
Sono quasi convinto che solo accelerando un processo inevitabile (Tolleranza  Zero) e dimostrando nello stesso tempo la sua inutilità sociale, il mondo del vino può salvarsi.  Per farlo però, visto come stanno le cose, non potrà non passare ( magari il più velocemente possibile)  attraverso un inferno da cui tornare “ a riveder le stelle”.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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