Dolceacqua, gente e vini di frontiera7 min read

L’occasione ghiotta si è presentata: l’Associazione Vigne Storiche del Rossese di Dolceacqua mi ospita, insieme ad altri giornalisti, per una visita di approfondimento sul Rossese.

Manco a farlo apposta giusto due settimane fa ebbi a scrivere di un fenomeno nuovo, di gruppi di produttori che si coalizzano per cercare sentieri comuni da esplorare, ed ecco all’orizzonte una nuova occasione di toccare con mano questo fenomeno.

 

Zona di frontiera, la Francia incombe ad una dozzina di km, il primo incontro è fissato per la sera del venerdì, a cena, e finalmente incontrerò produttori che assaggio da almeno un paio di lustri, che ho seguito nei loro percorsi evolutivi, ma mai incontrati nel “loro ambiente naturale”. La prima impressione scioglie ogni dubbio: i vignaioli, anche se siamo in un lembo di Liguria estrema, sono sempre persone speciali, aperte e genuine che ti mettono a tuo agio dopo appena 2 minuti di conversazione. Pare ci si conosca da sempre…e per certi versi è un po’ così.

 

Cena conviviale al ristorante Antiche Terme di Pigna con un manipolo di produttori che ridono e scherzano tra di loro, sembrano più un gruppo di amici e probabilmente lo sono. Mani consumate dal lavoro in vigna e visi bruciati dal sole. Le portate si susseguono, una più buona dell’altra con un tripudio di profumi e sapori, in un ristorante che sembra essersi cristallizzato agli anni settanta, tovaglie a quadrettoni e bicchieri approssimativi.  Per fortuna ha cristallizzato a quei tempi anche la sua cucina: l’ultimo piatto, stracotto di capra, da solo vale il viaggio e ti fa rimpiangere di non avere più spazio nello stomaco.

Il mattino dopo partenza di un lungo tour per conoscere le zone più vocate del Rossese. Ma del nutrito gruppo di giornalisti della sera prima ci ritroviamo solo in 3…Ci viene spiegato che gli altri sono “famosi bloggers” che hanno una degustazione verticale in una cantina:  me li immagino intorno ad un tavolo, ognuno con il suo computer, che si scambiano considerazioni, pareri e punteggi, il tutto in rigoroso  silenzio ed esclusivamente attraverso la tastiera….

 

Si parte! La prima cosa che colpisce l’occhio e che viene fatta notare è la quantità incredibile di terrazzamenti abbandonati, che un tempo componevano un comprensorio di circa 2000 ha di vigna e di cui oggi ne rimangono 80!!!
Dopo la vigna, sulle “fasce” (terrazzamenti che possono contenere più di un filare) ci hanno provato con le serre. Oggi ci pensano i cinghiali (incombente flagello in arrivo da est) a lavorare il terreno ed a distruggere i muretti a secco alla ricerca di lumachine di cui sono ghiotti….e la collina scende a valle.

 

Dal fondovalle che attraversa Dolceacqua non si vedono vigne, dobbiamo attendere di arrampicarci su per stradine strettissime dove il nostro piccolo pulmino fa fatica a girare, per cominciare a capire quello che i vignaioli sono desiderosi di mostrarci. La prima tappa è nella zona Luvaira (pare che un tempo fosse frequentata da lupi) e le due cose che saltano subito all’occhio scendendo in vigna sono le pendenze vertiginose dei terrazzamenti e la superba vecchiaia delle vigne.
Negli ultimi anni sono stati pochissimi i reimpianti, ancora meno i vigneti riportati alla luce dalla macchia del bosco; inoltre la vigna piantata ad alberello ha una longevità superiore. Solo adesso comincio a percepire il significato del nome dell’associazione, qua l’età media delle vigne supera i 50 anni e trovarsi di fronte a monumentali vigne ultracentenarie è la normalità.

Si riparte…e i blogger?….Bloggano. Le pendenze ci accompagneranno per tutta la giornata: cambieranno gli uomini, i suoli e le esposizioni, ma le pendenze e le curve a strapiombo sul pulmino rimarranno fino alla fine.
In località Poggio Pini posso toccare con mano cosa significhi mantenere i muretti a secco: Alessandro (Tenuta Anfosso) mi vuole mostrare una piccola frana (larga poco più di 5 metri) ma che partendo dall’alto ha fatto crollare in successione almeno cinque muretti: “Tutto da rifare ma non ci sono problemi…non ci vorrà molto, il prossimo inverno tra una cosa e l’altra lo farò meglio di prima” e mentre me lo dice mi indica una zona a lato del vigneto. Non credo ai miei occhi! Un enorme filone di granito da cui vengono spaccati (A MANO) i sassi per rimettere a posto i muretti; che fortuna averlo proprio così vicino!!!!!
Adesso comprendo meglio quando nelle altre vigne si parlava di tipologia di sassi con cui rifare muretti, qua sono il vero oro del vignaiolo, da essi dipende la sopravvivenza di un intero equilibrio morfologico, e anche mentale, aggiungo io.

 

Altra tappa…e i bloggers? Bloggano. Più avanti, a fine pomeriggio, arriviamo in zona Terre Bianche, dove vedo finalmente le prime vigne “normali” in cui è anche possibile entrare con piccoli mezzi meccanici: ad alcuni vignaioli brillano gli occhi nel vedere quanto è fortunato il proprietario. Roberto Rondelli, tra un brillio d’occhi e l’altro,  mi racconta che ha fatto un piccolo calcolo: ogni anno per  i trattamenti nella sua vigna percorre circa 280 km a piedi.

 

Si rientra, con la consapevolezza di aver conosciuto meglio un territorio che continua a sopravvivere grazie alla volontà di pochi uomini. Vignaioli che hanno deciso di rimanere aggrappati alle loro vigne malgrado le difficoltà di confrontarsi con un mercato che non li premia certo per i loro sforzi, e nonostante l’enorme svantaggio di partenza che hanno nei confronti di zone ben più fortunate.

 

Finalmente a cena….e i bloggers?….cenano! A tavola un po’ di considerazioni sul mercato e sui prezzi in uscita dalle cantine: nessuno dei produttori praticamente mette in conto il loro lavoro in vigna, si ritengono fortunati a non dover assumere personale e pertanto i padri e le madri, le mogli e figli, con il loro contributo cercano di tenere a galla la cantina.
Lo sforzo attuale dell’Associazione è anche quello di comunicare la zonazione del territorio: Morghe, Luvaira, Arcagna, Pian del Vescovo, Poggio Pini…sono alcune delle zone più vocate che gradualmente dovrebbero entrare sulle etichette del Rossese di Dolceacqua. Speriamo in un prossimo futuro si riesca anche a poter codificare le loro peculiarità organolettiche.

 

Di solito l’analisi di una zona la faccio partendo dal contenuto di un bicchiere, ma questa volta sono spiazzato: l’osservazione della lotta quotidiana di un manipolo di vignaioli che continuano indefessamente a rimettere a posto muretti a secco che crollano ogni giorno mi induce a non parlare dei vini che ho assaggiato. La dignità che li distingue, consapevoli del fatto che il lavoro che fanno in vigna non sarà mai ripagato dal prezzo della bottiglia, mi suscita ammirazione e rispetto. Spero proprio  che continuino nella loro opera: ultimo baluardo contro l’abbandono totale della collina ed il suo inesorabile disfacimento.

 

La luce negli occhi di Alessandro mentre mi racconta come rimetterà a posto i muretti distrutti mi accompagnerà per un bel po’, simbolo di una viticoltura eroica lontana dai clamori delle kermesse e dai mega battage pubblicitari. Qua la vera frontiera non è quella geografica, ma quella mentale: il sottile confine tra la voglia di abbandonare tutto e quella di resistere è sempre molto labile e mi induce ad assaggiare con profondo rispetto i prossimi Dolceacqua che avrò nel bicchiere.

 

 

Ringrazio particolarmente della gentile ospitalità: Roberto (Rondelli), Giovanna e Goetz (Maccario Dringemberg), Filippo (Terre Bianche), Fabio (Maixei), Alessandro (Tenuta Anfosso), Giulio e Fulvio (Gajaudo), Maurizio (Ka Mancinè).

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE