(DOCG + DOC) – (DOP + IGP) = OCM3 min read

Chi riuscirà a risolvere questa breve ma complicatissima equazione avrà, oltre che la mia stima incondizionata, anche quella di tutti i produttori italiani e, mi voglio rovinare, anche di molti politici, Ministro Zaia in testa.
In realtà l’ attuazione della nuova OCM vino, specie per quanto riguarda il passaggio da DOC e DOCG a DOP ed IGP sembra sia una delle cose più fumose e controverse degli ultimi anni.
Da una parte c’e chi, come le Città del Vino lancia un allarme modello “Mamma li turchi!” e parla di una drastica diminuzione delle DOC e DOCG (da 470 a 182) che, trasformandosi in Denominazioni d’Origine Protette o in Indicazioni Geografiche Tipiche, si ritroverebbero in poche al traguardo comunitario. Questo perché la nuova classificazione, basata su criteri territoriali, imporrebbe ad un territorio una sola Dop o Igp. Tanto per fare degli esempi: a Montalcino la DOP Brunello cancellerà la DOC Rosso di Montalcino, Sant’Antimo e Moscadello. Non ci saranno dovrebbero essere più sottozone o menzioni aggiuntive, ma un’unica DOP e quindi la DOP Chianti porterebbe alla scomparsa del Chianti Rufina, Chianti Montespertoli, Chianti Colline Senesi, etc.
Se questo fosse tutto vero, come sostiene anche il Ministro Zaia, che parla dell’ OCM come di “Un disastro programmato soprattutto sul fronte delle denominazioni” ci sarebbe da preoccuparsi e non poco. Questo non per la diminuzione delle Denominazioni, visto che la stragrande maggioranza esiste solo sulla carta, ma per un eliminazione fatta con criteri che porterebbero magari a sopprimerne di funzionanti ed a mantenerne alcune completamente inutili.
C’è chi invece sostiene, come Oreste Cagiano, direttore di Federvini, che non ci dobbiamo preoccupare. L’OCM è una cosa, i regolamenti attuativi un’altra. Quelli ancora non sono stati definiti e quindi…tiriamo a campà!
Mi scuso….ma se la situazione non fosse tragica ci sarebbe da ridere. Questo in entrambi i casi. Se veramente a gennaio 2009 la mannaia OCM colpirà circa 300 denominazioni le grida di pericolo che si sono alzate in questi giorni o anche nei mesi scorsi mi sembrano quanto meno tardive, per non dire inutili. Non è urlando e remando forsennatamente a pochi metri dalla cascata che si riesce a salvarsi dal gorgo, bisognava non arrivarci così vicino. Se invece tutto finirà a tarallucci e vino siamo alla gattopardesca situazione del cambiare tutto per non cambiare niente.
Ma il  peggio è che al di sopra di tutto questo grava una nuvola di pressappochismo, mancanza di informazione ed ignoranza (dal verbo ignorare) che è purtroppo classica del genio italico. Non sto parlando tanto di 300 DOC in più o in meno (quisquilie, pinzillacchere, sciocchezzuole direbbe Totò) ma di che cosa vuol dire trasformarsi da DOC o DOCG in DOP o IGP. Facciamo un esempio: non mi vorrei sbagliare ma la Bresaola della Valtellina IGP è fatta anche con Zebù Brasiliano: questo in quanto una IGP controlla soprattutto il tipo di filiera produttiva, senza dare soverchio peso alla  materia prima utilizzata. Questo vuol forse dire che per fare Barolo si potrà utilizzare nebbiolo coltivato in Australia? O che, all’opposto, qualsiasi uva prodotta nel comune di Montalcino va bene per fare Brunello, salvo invecchiarla per 4 anni?
Spero di sbagliarmi di grosso ma se questo fosse anche solo in parte vero, stare a discutere di DOC si o no sarebbe la classica “masturbatio grillorum”.
Ripeto: faccio parte degli ignoranti in materia e quindi mi farebbe veramente piacere che qualche esperto, magari il Ministro in persona, ci dicesse come stanno veramente le cose in modo da capire cosa ci aspetta nel futuro.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE