Il dilemma Bardolino Chiaretto 2016: annata non eccezionale ma…2 min read

Mentre si preannuncia una grande annata per i Bardolino (aspettate la pubblicazione a settembre dei risultati e vedrete) i  Bardolino Chiaretto 2016 ci hanno dato risultati molto contrastanti.

Contrastanti rispetto all’anno scorso, non perché il 2015 sia stata una grande annata e il 2016 no, ma perché i vini che nel 2015 avevano ottenuto punteggi alti sono andati quasi tutti maluccio, mentre molti di quelli che non ci avevano convinto l’anno scorso, hanno ottenuto ottime performances quest’anno.

Un’annata in cui si sono scambiate le posizioni di testa in maniera così evidente, con risultati complessivi comunque di discreto livello, ha forse  bisogno di spiegazioni tecniche precise che, purtroppo, noi non sappiamo dare..

Però si corre il rischio reale che un vino come il Chiaretto possa essere visto come un “vino instabile”, nel senso che pur avendo una qualità media di buon livello, è sottoposto aziendalmente ad un’altalena qualitativa difficile da comprendere, se non legandola alla voglia di aumentare la produzione di un vino che attualmente tira.

Inoltre tutte le cantine che quest’anno hanno fatto un ottimo bardolino in massima parte non si sono ripetute nel Chiaretto: questo cosa porta a pensare? Che è impossibile per una cantina di Bardolino ottenere un rosso ed un rosato di alto livello? Che le scelte di vigna e di cantina se premiano uno penalizzano l’altro?

Forse, come sostiene Angelo Peretti che queste zone conosce a menadito, fare un rosato non solo è diverso tecnicamente da fare un rosso, ma è diverso culturalmente. Bisogna essere attrezzati mentalmente per stabilire con chiarezza le diversità agronomiche e enologiche che sono fondamentali per un rosato e non per un rosso e viceversa. In questo senso la cosa migliore sarebbe quella di dividere i vigneti, dedicandoli espressamente a Chiaretto o a Bardolino e pensandoli quindi sin da subito dedicati ad un solo tipo di vino. La stessa cosa viene fatta in Francia da tempo, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

A questo punto lasciamo il “dilemma Chiaretto” e veniamo a parlare dei vini, molto giocati su frutta rossa e di bosco più o meno intensa al naso e su una sapidità in bocca che forse è più garbata e promettente nel tempo di sensazioni che puntano esclusivamente sulla freschezza.

Non vogliamo certo strizzare l’occhio ad un Chiaretto da invecchiamento, crediamo soltanto che rosati meno citrici e più armonici risultino anche dopo 6-7 mesi più piacevoli e stabili.

Alla fine parliamo del colore, con molte cantine che privilegiano oramai il buccia di cipolla scarico ma con ancora diverse interpretazioni più “sanguigne”, che personalmente non dispiacciono.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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