Degustazioni, un modo “veramente dolce” per chiudere2 min read

Siamo arrivati alla fine dei nostri assaggi annuali e, come sempre, ci piace chiudere “con dolcezza”.

I vini di cui parleremo in questa degustazione hanno tutti una cosa in comune: non sono stati richiesti alle aziende.

Però accade ogni tanto che alcuni produttori o interpretano in senso allargato la nostra mail, o amino farci assaggiare anche altri vini oltre a quelli richiesti.

Così, alla fine dell’anno, ci troviamo sempre a degustare un discreto numero di vini dolci che, a pensarci bene, rappresentano un vero e proprio  trait d’union  tra le varie zone enologiche dello stivale: infatti sia che tu produca bianchi giovani e rossi strutturati, che tu abbia il sole cocente della Sicilia o la neve per 6 mesi all’anno, l’idea di far passire delle uve, torchiarle e vedere cosa viene fuori è una caratteristica comune dei vignaioli.

E questa “caratteristica comune” si declina in molti modi e soprattutto con tanti vitigni.

Il nostro assaggio copre una piccolissima parte del “mondo in dolce” del vino italiano, ma ci sembrava giusto non perdere l’occasione  per assaggiarli e parlarne.

Perché molti di questi vini meritano di avere le luci della ribalta, si chiamino essi Vernaccia di Oristano, Vinsanto del Chianti Classico, Sagrantino passito, Passito di Pantelleria, Recioto di Gambellara etc.

Dobbiamo ammettere che degustandoli quasi sempre la domanda che ci facevamo era una sola, aldilà della zona o dell’uva di provenienza “Ma come è possibili che dei vini così buoni non trovino mercato?”

In effetti abbiamo trovato dei vini che non solo andrebbero degustati, ma portati ad esempio di cosa può dare il nostro paese: vini di una finezza, concentrazione, profondità gustativa e riconoscibilità territoriale che dovrebbero essere portati in processione assieme al santo patrono.

Il  problema dei vini dolci, da dessert, passiti, muffati etc.  sarà forse irrisolvibile ma un consiglio noi lo diamo.

Se volete farvi del bene, se volete godere, se vi piace bere vini che carezzano la gola e l’anima allora comprate una bottiglia di uno di quelli che sono andati meglio in degustazione e, quando sarete tristi o arrabbiati, concedetevi cinque  minuti e due sorsi di questi nettari veramente meravigliosi: ci ringrazierete.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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