Degustazioni Trento Doc: la bella ragazzina è cresciuta2 min read

Se circa 10 anni  fa avessi dovuto immaginare una forma fisica per il Trento DOC avrei pensato a una bella e giovanissima ragazza, alta, slanciata ma assolutamente “piallata”, senza cioè le forme e le curve che piacciono tanto a noi maschietti.

Oggi, per sintetizzare i passi avanti fatti da questa denominazione, posso dire che la giovinetta di un tempo ha messo delle belle forme,  non dico da pin up ma sicuramente da far girare la gente per  strada.

In altri termini: l’austerità e una certa ruvidezza che era caratteristica principe di moltissimi Trento Doc si è piano piano levigata: rimane sempre un attributo importante ma esperienza, vigneti più vecchi, maggiore conoscenza enologica nel campo spumantistico, stanno traslando molti Trento DOC verso complessità gustative sicuramente impensabili una decina di anni fa.

A corredo è cresciuta e non poco la complessità delle gamme aromatiche che riescono a esprimere. Il bello è che questa evoluzione riguarda anche i vini base, quasi mai bloccati su aromaticità scariche e poco percepibili, raggiungendo livelli di ottima complessità tra le molte selezioni che ogni azienda, oramai, produce.

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A proposito di aziende: il numero dei produttori sta lentamente crescendo, come il vino imbottigliato che adesso  oscilla attorno ai 65.000 he, (che comunque è attorno al 10% della produzione regionale) , con un incremento costante negli ultimi anni , anche se la sensazione è che  questi aumenti siano esclusivamente di matrice commerciale (buon per loro) e non di un reale incremento di superficie vitata. Superficie vitata che, per quanto riguarda i due vitigni utilizzati (Chardonnay e Pinot nero) attinge soprattutto ai 2700 ettari a chardonnay piantati in regione che ai 350 ettari di pinot nero.

Il pinot nero piantato è nemmeno il 13% dello chardonnay, però un bell’incremento qualitativo l’hanno avuto anche i rosé, segno che l’esperienza sul  pinot nero (magari affiancato dal più malleabile chardonnay) sta dando ottimi frutti.

In definitiva non possiamo che essere felici per i risultati dei nostri assaggi, che hanno evidenziato in molti casi anche un buon rapporto qualità/prezzo, caratteristica non certo da sottovalutare con questi chiari di luna.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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