Degustazione vini Alto Piemonte, oramai una certezza!4 min read

Per prima cosa dobbiamo salutare e ringraziare due persone: l’ex presidente del Consorzio Nebbioli Alto Piemonte Lorella Zoppis Antoniolo, che lascia dopo diversi anni la sua carica e Andrea Fontana, che la sostituisce. Grazie a loro abbiamo potuto fare il nostro solito tour di tre giorni in zona e così, oltre a degustare quasi 80  vini in degustazione bendata, conoscere ancora meglio questa sempre più importante realtà.

Una realtà che in realtà produce una piccolissima parte del vino piemontese, arrivando a malapena al milione e mezzo di bottiglie, ma oramai sembra aver superato la definizione di “zona di moda” per essere vista come uno dei punti di riferimento quando si parla di vino di qualità e soprattutto di nebbiolo.

Per questo bisogna essere chiari su alcuni concetti: l’Alto Piemonte non è in “alto” dal punto di vista dell’altitudine ma della collocazione geografica. Questo non ne fa un territorio di viticoltura di montagna dal punto di vista delle pendenze dei vigneti ma una zona tra i 250 e i 400 metri con un clima particolare e “di montagna” grazie all’influenza del vicinissimo arco alpino. Quindi chi decidesse di visitarla non si aspetti vigneti attaccati a pareti di roccia (anche se qualcosa, a Gattinara, può esserci) ma un territorio ondulato dove i pochi vigneti attuali sono piantati nei migliori punti che una storia enologica oramai passata, risalente sino al XVI° secolo, ha tramandato. Un esempio sono le viti a maggiorina, una forma di allevamento particolarissima, di cui ancora esistono piccoli  frammenti in vigne che si cerca di recupare, come quella qua sotto che domina Ghemme.

Maggiorina

Questo territorio è coperto in parte da boschi e da seminativi, ma anche da insediamenti industriali, e le aziende vinicole sembrano veramente “nascoste” all’interno di una zona che misura, a spanne, una trentina di chilometri in larghezza e una ventina in altezza. Da Boca a Lessona infatti, i due estremi est-ovest della denominazione, vi sono circa 30 chilometri ma in questo spazio i terreni cambiano contiuamente, passando da terreni morenici argillosi, a  porfidi, a ghiaie, a terreni sabbiosi. Anche all’interno delle denominazioni stesse i terreni cambiano e a questo proposito  è stata molto interessante la chiacchierata con Luca De Marchi mentre visitavamo l’azienda di famiglia,  che il padre Paolo gli ha affidato e che lui gestische con innata maestria.

I cambiamenti di suolo portano a vini molto diversi tra loro ma uniti dal comun denominatore del vitigno nebbiolo e di essere dotati di slancio acido, di una freschezza “montana” che li rende facilmente riconoscibili. Un altro fattore importante è l’utilizzo negli uvaggi di vitigni come uva rara (bonarda) e vespolina, che riescono spesso a “sparigliare” gli aromi e le strutture, dando caretteristiche particolari. In realtà è il nebbiolo che fa la parte del leone e che spesso viene vinificato in purezza anche perché questi due vitigni possono dare freschezza ma difficilmente conferiscono anche longevità.

Questo piccolo mondo, con terreni molto diversi e con una serie di denominazioni piccolissime sta piano piano cambiando. Come potrete infatti vedere dai nostri assaggi, accanto alle due DOCG storiche (Gattinara e Ghemme) DOC microscopiche e molto diverse tra loro come Fara, Boca, Sizzano, Bramaterra e Lessona non svolgono più il ruolo di damigelle d’onore, ma mostrano punte qualitative di assoluto valore in una terra sempre più meta ambita per chi vuole piantare, coltivare, produrre e bere nebbiolo.

Non per niente sono arrivati nomi di assoluto valore mondiale, come Conterno, e si parla specie a Ghemme e Gattinara, di altre acquisizioni o arrivi importanti.

I vini degustati coprono un arco di tempo notevole, praticamente un decennio. Questo è dovuto da una parte ad una nostra decisione di mettere assieme tutti i vini per rendere tangibile la complessità di questo territorio. Ciò porta come conseguenza ad avere assieme vini giovanissimi a base croatina o vespolina accanto a nebbioli giovani o a Ghemme e Gattinara che sfiorano il decennio.

Ma questo è forse il bello di questo territorio, dove si può trovare ancora prodotti assolutamente non standardizzati, magari delle Vespolina di 5-6 anni o dei nebbioli di 2 anni di assoluto valore, molto spesso a prezzi veramente concorrenziali.

Per esempio il miglior vino dei nostri assaggi, il Fara 2015 di Francesca Castaldi, in cantina costa meno di 20 euro e, “fuor di nebbiolo”, la buonissima Vespolina Colline Novaresi 2017 di Cà Nova la potete trovare in enoteca attorno ai 10 euro.

Non tutti i vini hanno prezzi così bassi ma sicuramente “spigolando” tra le cantine troverete prodotti di sicuro pregio a prezzi molto convenienti.

Questo è uno dei molti pregi dell’Alto Piemonte.

 

Hanno partecipato alla degustazione: Pasquale Porcelli, Gianpaolo Giacomelli, Carlo Macchi

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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