Degustazione spumanti. Durello, Verdicchio, Etna e resto della Sicilia: quando il metodo classico parla altre lingue4 min read

Oramai i metodo classico (per non parlare di charmat, rifermentati etc) si fanno praticamente dappertutto in Italia e i motivi sono molteplici. In diversi casi c’entra la tradizione  più o meno radicata nel tempo, in altri sicuramente la richiesta del mercato o il voler proporre un nuovo prodotto la fanno da padrone.

Abbiamo già parlato di Trento Doc e prossimamente punteremo il focus sulla Franciacorta, sicuramente i due territori che più incarnano il mondo delle bollicine classiche italiano, ma in questo artico incontreremo tre zone italiane che sempre più vengono conosciute anche per i loro vini spumanti: La zona del Verdicchio dei Castelli di Jesi, il territorio veronese dove si coltiva la durella e la Sicilia con la punta di diamante dell’Etna.

Zona del Verdicchio di Jesi, panorama

Marche e spumanti a base verdicchio

Pochi sanno che nel territorio del Verdicchio dei Castelli di Jesi esisteva sin dagli anni ’50 del secolo scorso una produzione di vini frizzanti: per questo produrre metodo classico con il Verdicchio è stato un passo quasi obbligato. Questo passo però, almeno sino a oggi è stato fatto da pochissime cantine e non sembra all’orizzonte un ampliamento del risicato numero di produttori.

Anche quest’anno quindi abbiamo degustato non molti vini e il panorama che ne è uscito ci ha confermato una certa “ingessatura” della tipologia: le etichette buone sono sempre buone, ma non si vede all’orizzonte un qualcosa che possa sparigliale le carte e portare nuovi stimoli.

Voto alla tipologia: 6+

Verona e spumanti a base durella

MI ricordo un vecchio detto attribuito all’indimenticabile Nereo Rocco, allenatore di Milan, Torino e Fiorentina “Gli scarponi all’ala sinistra o in porta!” Traslato nel mondo delle uve da vino vuol dire che le uve con caratteristiche particolari, difficilmente riconducibili in parametri “spendibili” per il mercato, o vanno piano piano a sparire oppure si spumantizzano. La durella è un’uva contraddistinta da un’acidità “monstre”, che solo grazie ad una spumantizzazione attenta e a tempi di permanenza sui lieviti piuttosto lunghi, può portare a vini importanti e piacevoli. Certo è che il territorio del veronese non ha una grande esperienza storica sul metodo classico e questo lo si riscontra in qualche produzione che non riesce ad ingentilire il vitigno. Chi però ha esperienza e produce Durello spumante da tempo esce fuori molto bene e propone, anche nel nostro assaggio, vini di ottima trama e buon’equilibrio. Secondo noi c’è ancora da lavorare, anche dal punto di vista della chiarezza mediatica, perché  in qualche caso non si riesce a capire se siamo di fronte ad un metodo classico o ad uno charmat.

Non è facile domare la durella ma crediamo che il futuro, anche in termini di cambiamenti climatici,  non possa che portare a un miglioramento generalizzato.

Voto: 6.5

La Sicilia e l’Etna

Parlando di bollicine  tra l’Etna e il resto della Sicilia c’è una distanza abissale: non dal punto di vista qualitativo ma semplicemente di tipologia di prodotti.

I migliori spumanti siciliani degustati sono praticamente tutti a base di uve internazionali (chardonnay e pinot nero) mentre sull’Etna il nerello mascalese (con il carricante ad aspettare il suo turno) è il vitigno più utilizzato. Inoltre le bollicine siciliane non etnee più che sposare un territorio “sposano” una o più aziende che ritengono importante avere questo prodotto. Alcune riescono a dare die vini di buono o ottimo livello, altre meno. Sull’Etna invece la bollicina non è più una moda o un appannaggio di una storica cantina: oramai un buon numero di produttori etnei produce uno  o più metodo classico DOC e sicuramente in futuro se ne aggiungeranno altri. Delle bollicine etnee abbiamo già parlato qui ma alla luce di questi pochi assaggi ulteriori notiamo ancora con piacerecon piacere che la qualità media è certamente buona e la “mano generale” è già abbastanza ben rodata. Anche per l’Etna vale il discorso sulla Durella, cioè occorre maggiore chiarezza dal punto di vista delle tipologie.

Voto ai metodo classico siciliani e  etnei: 7–

Lo scorso anno ci arrivarono delle critiche perché la nostra guida prevedeva solo bollicine franciacortine e trentine: quest’anno abbiamo iniziato ad allargare l’orizzonte e speriamo il prossimo anno di inserire anche altre zone, prima di tutto l’Alta Langa e magari, perché no, ritornare in Oltrepò Pavese per capire cosa è cambiato.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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