L’articolo dello scorso anno sulle schiave altoatesine 2020 aveva visto una situazione mai vissuta da che assaggiamo Alto Adige e cioè la netta predominanza qualitativa dei Lago di Caldaro e delle Schiava “generiche” sui Santa Maddalena.
Così quest’anno eravamo oltremodo curiosi di capire se questo “rovesciamento dei vertici” si sarebbe ripresentato o meno.
Bisogna premettere che il Lago di Caldaro è composto da schiava al 100% mentre sia i Santa Maddalena che molte della Schiava DOC hanno una piccola percentuale di lagrein nell’uvaggio. Quest’ultimo funge da paracadute in quanto a corpo e struttura ma molto meno dal punto di vista aromatico.
Dopo aver assaggiato una cinquantina di vini provenienti dalle varie doc possiamo dire che non solo il Santa Maddalena si è ripreso la testa del gruppo ma forse la 2021, non certo tra le migliori annate dell’ultimo decennio in Alto Adige, potrebbe risultare l’annata del secolo per questa denominazione.
Raramente infatti abbiamo trovato espressività aromatica così netta e prorompente, nonché una rotonda potenza che parla di ottima maturazione fenolica delle uve, sia schiava che lagrein. Dal punto di vista dei risultati non ci era mai successo che quasi la metà dei Santa Maddalena degustati fossero Vini TOP e questo, considerando la nostra tirchieria atavica, la dice lunga sulla qualità dei vini.
Qualità che sicuramente avrà almeno 4-5 anni per dipanarsi al meglio, ponendo definitivamente questo vino tra quelli “da invecchiamento”. Chi pensasse che stiamo esagerando assaggi quel Santa Maddalena del 2016 che ha ottenuto un punteggio stellare e poi torni a riferire.
Pensandoci bene, anche se la schiava in Alto Adige continua ad essere spiantata (molto meno rispetto a prima) nel Santa Maddalena negli ultimi anni si rivendicano sempre più ettolitri di vino, pochi in realtà ma questa controtendenza rappresenta un dato significativo.
Passando a parlare dei Lago di Caldaro, che purtroppo non hanno ripetuto il grande exploit dello scorso anno, bisogna ammettere che i vini sono risultati tutti ineccepibili dal punto di vista aromatico, solo più leggeri, meno consistenti. L’annata non ha permesso le ampiezze del 2020 ma comunque la denominazione, che solo 5-6 anni fa stazionava in un limbo qualitativo storico, è chiaramente in crescita.
Sulle schiava generiche, a parte le solite buone Meranesi, possiamo dire poco in quanto siamo di fronte ad assemblaggi che ogni hanno variano e su cui è difficile fare un punto preciso.
In definitiva: annata eccezionale per il Santa Maddalena, discreta per il Lago di Caldaro e comunque sufficiente per la Schiava DOC. Se poi prendiamo in considerazione quanto costano va messo in evidenza anche il grande rapporto qualità/prezzo.
Chiudiamo con il solito refrain: La schiava, nelle sue varie forme, è un vino di una modernità sconcertante (profumi intensi, pochi tannini, equilibrio e “finta” leggerezza), di alta qualità e dal prezzo molto/troppo concorrenziale. Cosa aspettano i produttori altoatesini a puntarci con chiarezza?