Degustazione rossi sardi: la Sardegna che non ti aspettavi, ma che aspettavi3 min read

Eppure sono almeno venti anni che assaggiamo vini sardi (se ci mettiamo anche quelli che arrivavano più o meno clandestini “in continente” per andare a completare altri rossi  molto di più…) ma ancora non ci siamo abituati alle sorprese che ci riservano.

Abbiamo assimilato da poco e, crediamo fatto assimilare a tanti, quella grande e per tanti versi potenziale “Borgogna sarda” che è Mamojada e il suo Cannonau, che il resto della regione  ci presenta chiari segnali di “anima bordolese”, vista come grande equilibrio alcol-tannini-acidità, che oggi in vari Chateau bordolesi si sognano di notte (di giorno è troppo caldo per sognare).

Ma andiamo con calma.

Se sorvoliamo a volo d’uccello la viticoltura rossa in Sardegna non ci si poteva non accorgere di chiari sintomi di miglioramento: per esempio Il territorio del Mandrolisai, specie se parliamo della sua Cantina Sociale (prima o poi dovremo dedicarle un’accurata visita) da anni propone vini che della “prorompenza  alcolica” dei vini sardi ha perso molti tratti, a favore di una suadente finezza aromatica e setosa eleganza al palato.

Anche Mamojada, quel luogo con vini e idee quasi fuori dal mondo (ma che potrebbero cambiarlo, il mondo), è oramai territorio dove l’alcol è al servizio del vino e non viceversa.

Vigna vecchia di cannonau a Mamojada

Per i resto qualche voce si esprime da anni con eleganza ma la stragrande maggioranza dei rossi, sia da cannonau, che da bovale, nieddera, carignano, cagnulari, (senza considerare gli internazionali, anch’essi coinvolti nel cambiamento) spesso ti faceva immaginare ottime prospettive, ma nel presente mostrava una certa preponderanza alcolica, una semplicità espressiva, una vena tannica molte volte asciutta e ruvida che ti facevano dire, alla maniera di Lucio Dalla “Aspettiamo l’anno che verrà!”.

L’anno che verrà

Ma l’anno che aspettavamo è finalmente arrivato e ce ne siamo accorti quasi con stupore, degustando rossi complessi, profondi, eleganti e in grande maggioranza con “stimmate” di freschezza ben pronunciate.

ALT! Lo sappiamo cosa state pensando adesso e cioè che “palati internazionali” , abituati a morbidezze accentuate, si sono sciolti come neve al sole di fronte ad una internazionalizzazione del vino sardo.

Niente di più falso: quello che stiamo presentando è semplicemente un generalizzato miglioramento tecnico (di vigna e di cantina)  che è riuscito a togliere alcuni brutti spigoli (scambiati per tipicità) dai rossi sardi. Tanto per continuare negli elogi una caratteristica importante di molti rossi sardi degustati è stata la giusta gestione del  legno, in vari casi quasi impalpabile.

 I risultati potrete provarli anche voi, stappando non solo i nostri sette vini top ma la stragrande maggioranza dei nostri assaggi e cioè, tanto per dare un numero, quasi il 75% dei vini degustati,  quelli che hanno ottenuto almeno 80 punti. Considerate anche che quest’anno Mamojada non ha risposto come ha sempre fatto, altrimenti siamo sicuri che la percentuale  sarebbe stata molto più alta. Non si può attribuire questo cambiamento ad un’annata particolare, visto che è spalmato almeno su tre e prende in considerazione l’intero areale sardo. Del resto i segnali c’erano anche negli assaggi dello scorso anno.

In definitiva un risultato molto interessante, che crediamo avvicini i rossi sardi al “continente” visto come mercato globale, senza (questo è importante!) pregiudicare o non rispettare le loro proprie caratteristiche.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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