Eppure sono almeno venti anni che assaggiamo vini sardi (se ci mettiamo anche quelli che arrivavano più o meno clandestini “in continente” per andare a completare altri rossi molto di più…) ma ancora non ci siamo abituati alle sorprese che ci riservano.
Abbiamo assimilato da poco e, crediamo fatto assimilare a tanti, quella grande e per tanti versi potenziale “Borgogna sarda” che è Mamojada e il suo Cannonau, che il resto della regione ci presenta chiari segnali di “anima bordolese”, vista come grande equilibrio alcol-tannini-acidità, che oggi in vari Chateau bordolesi si sognano di notte (di giorno è troppo caldo per sognare).
Ma andiamo con calma.
Se sorvoliamo a volo d’uccello la viticoltura rossa in Sardegna non ci si poteva non accorgere di chiari sintomi di miglioramento: per esempio Il territorio del Mandrolisai, specie se parliamo della sua Cantina Sociale (prima o poi dovremo dedicarle un’accurata visita) da anni propone vini che della “prorompenza alcolica” dei vini sardi ha perso molti tratti, a favore di una suadente finezza aromatica e setosa eleganza al palato.
Anche Mamojada, quel luogo con vini e idee quasi fuori dal mondo (ma che potrebbero cambiarlo, il mondo), è oramai territorio dove l’alcol è al servizio del vino e non viceversa.
Per i resto qualche voce si esprime da anni con eleganza ma la stragrande maggioranza dei rossi, sia da cannonau, che da bovale, nieddera, carignano, cagnulari, (senza considerare gli internazionali, anch’essi coinvolti nel cambiamento) spesso ti faceva immaginare ottime prospettive, ma nel presente mostrava una certa preponderanza alcolica, una semplicità espressiva, una vena tannica molte volte asciutta e ruvida che ti facevano dire, alla maniera di Lucio Dalla “Aspettiamo l’anno che verrà!”.
L’anno che verrà
Ma l’anno che aspettavamo è finalmente arrivato e ce ne siamo accorti quasi con stupore, degustando rossi complessi, profondi, eleganti e in grande maggioranza con “stimmate” di freschezza ben pronunciate.
ALT! Lo sappiamo cosa state pensando adesso e cioè che “palati internazionali” , abituati a morbidezze accentuate, si sono sciolti come neve al sole di fronte ad una internazionalizzazione del vino sardo.
Niente di più falso: quello che stiamo presentando è semplicemente un generalizzato miglioramento tecnico (di vigna e di cantina) che è riuscito a togliere alcuni brutti spigoli (scambiati per tipicità) dai rossi sardi. Tanto per continuare negli elogi una caratteristica importante di molti rossi sardi degustati è stata la giusta gestione del legno, in vari casi quasi impalpabile.
I risultati potrete provarli anche voi, stappando non solo i nostri sette vini top ma la stragrande maggioranza dei nostri assaggi e cioè, tanto per dare un numero, quasi il 75% dei vini degustati, quelli che hanno ottenuto almeno 80 punti. Considerate anche che quest’anno Mamojada non ha risposto come ha sempre fatto, altrimenti siamo sicuri che la percentuale sarebbe stata molto più alta. Non si può attribuire questo cambiamento ad un’annata particolare, visto che è spalmato almeno su tre e prende in considerazione l’intero areale sardo. Del resto i segnali c’erano anche negli assaggi dello scorso anno.
In definitiva un risultato molto interessante, che crediamo avvicini i rossi sardi al “continente” visto come mercato globale, senza (questo è importante!) pregiudicare o non rispettare le loro proprie caratteristiche.