Degustazione rossi del Ponente Ligure: non solo grandi profumi!2 min read

Meno di 15 vini non sono certo molti per fare un quadro sui rossi della Riviera di Ponente, dopo che circa 2 mesi fa avevamo pubblicato un quadro molto più esaustivo dei bianchi, però possiamo provare a dare alcune indicazioni . La prima è che oramai il vitigno /vino principe della zona è il Rossese di Dolceacqua, ormai sempre più declinato con la giusta mano leggera che la salvaguardia dei profumi di questo particolarissimo vino impongono.

Come damigelle d’onore  troviamo La Garnaccia e L’Ormaeasco di Pornassio, che non è (come si può pensare) una semplice declinazione del Dolcetto piemontese.

Ma prima di presentarveli ci piace sottolineare una “variante” del Rossese  che oramai sta scomparendo ma che avrebbe, specie in tempi di vini freschi, disinibiti e profumati, ragion d’essere e cioè il Rossese albenganese: un ‘uva dal colore scarico ma dai profumi interessantissimi. Purtroppo non la coltiva quasi più nessuno ed è destinata all’estinzione se non si capirà che il colore scarico, anzi molto scarico , non è assolutamente un segnale di scarsa qualità del vino. Del resto anche tra i Rossese di Dolceacqua non è che si trovino vini color porpora, eppure si è capito che quello è il vero Rossese.

Del resto anche tra la Garnaccia (la radice del vitigno vi spiega da sola la provenienza)  si trovano due cloni, uno più colorato e uno molto meno intenso e, ci spiace dirlo ma quello meno intenso è quello che ha profumi più ampi e complessi. Li ha se non ci si intestardisce a passarlo in legno e a fargli perdere quelle caratteristiche giovanili che dovrebbero sempre affiancarlo.

L’Ormeasco  è stata una vera sorpresa! Se mi permettete lo definirei un “dolcetto moderno” che ha forse minori profumi primari del cugino piemontese ma certamente ha equilibrio, nerbo e freschezza generale che gli permette di “nascere pronto” e di rimanerlo per almeno 2-3 anni senza nessun aiuto da parte del legno. Ha inoltre i tannini meno pungenti e amarognoli rispetto al Dolcetto è questo è sicuramente un gran pregio.

A questo punto non ci resta che pensare al prossimo anno e a una degustazione molto più esaustiva sul territorio, sperando che gli amici di Vite in Riviera continuino a darci una mano.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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