Bisogna essere onesti e chiari: oramai da anni coesistono due “mondi” nell’Orvieto, quello che punta alla qualità (e la ottiene) e quello “da Autogrill” che punta a vendere al prezzo più basso possibile.
La situazione sembra ormai cristallizzata da tempo per vari fattori, primo fra tutti un grande imbottigliamento fuori zona (siamo attorno al 70%) a cui da tempo si è aggiunto un prezzo del vino sfuso e delle uve che rischiano di costringere molti anziani viticoltori ad abbandonare il vigneto perché i figli non hanno intenzione di sostituirli.

I nostri assaggi di quest’anno ci hanno però fatto intravedere qualcosa, magari non un cambio di tendenza ma una seria possibilità per un vino storico come l’Orvieto di proporsi degnamente sul mercato che vuole solo prezzi bassi. Infatti per la prima volta da quando li assaggiamo gli Orvieto DOC (Classico o non, cioè la base della piramide)) hanno mostrato una qualità media piuttosto alta, anche nei vini di cooperative che devono puntare sul prezzo. Questo è un passo avanti notevole, supportato dagli ottimi risultati dei Superiore, che oramai hanno ben poco da invidiare a tante denominazioni italiane e anzi si propongono per una serbevolezza poco immaginabile anche solo 5-6 anni fa.
Quindi miglioramenti nelle basi e nelle punte e questo in annate non certo facili come 2022-2023. Accanto a questo anche il Consorzio sta provando a muovere dei passi per venire incontro a produttori più piccoli e “incerti” se continuare a produrre, e tutto questo assieme ci fa ben sperare, nei tempi lunghi, per il futuro di questa denominazione.

Torniamo un attimo agli Orvieto “base” del 2023, che hanno mostrato una sapidità e un corpo che, per vini proposti spesso a prezzi attorno ai 4/6 euro, ci ha veramente sorpreso: ma la sorpresa maggiore è stata la sensazione di non trovarsi di fronte a “vinelli” magari pompati aromaticamente da lieviti, ma a vini semplici ma equilibrati, figli di uve poco aromatiche ma di buon livello e vinificati con una cura nettamente maggiore rispetto al passato.
I livelli si alzano , e non poco, con i Superiore, e lo dimostra il fatto che ben cinque vini hanno ottenuto l’ingresso tra I Vini Top. Credo non sia mai successo e soprattutto non era mai successo che oltre il 70% dei vini degustati superasse gli 80 punti (per noi un punteggio non basso, visto che non spariamo punteggi alti come noccioline).
Inoltre una bella fetta dei vini che non hanno raggiunto gli 80 punti sono degli Umbria IGT, a dimostrazione di come una DOC possa servire a mantenere un buon livello qualitativo.
In definitiva torniamo da Orvieto soddisfatti e con la speranza che la strada che si sta tracciando venga sempre più curata e allargata: già oggi bere Orvieto, specie se Superiore e meglio se di almeno 2-3 anni, è una scelta intelligente e da caldeggiare, visti anche i prezzi veramente convenienti di molti vini.