Degustazione bianchi (e rosati) siciliani: aprite le porte a Carricante e Grillo2 min read

E dopo aver parlato in generale di Milo e dell’Etna scendiamo nel cuore degli assaggi parlando dei bianchi e dei rosati siciliani che abbiamo degustato nella nostro soggiorno etneo.

Partiamo subito con i rosati, che in realtà non avevamo nemmeno in mente di assaggiare: ne sono arrivati invece una decina e quindi due parole vanno dette. A parte il fatto che, venendo da tutta l’isola nascono anche da vitigni molto diversi, ma in alcuni casi ci sembra che la mano enologica non abbia quella pulizia che invece è ben presente nei bianchi (e nei rossi, di cui parleremo tra un mesetto). Di buoni ce ne sono ma le diversità sono notevoli e anche se si usano le stesse uve i risultati sono diversi. Diciamo che è una tipologia da monitorare per il futuro.

Veniamo al presente e ai bianchi che ci hanno dato due risposte ben chiare. La prima riguarda i mondo etneo, l’unica vera zona siciliana dove esiste una territorialità riconoscibile , caratterizzata da sapidità, freschezza, possibilità di sufficiente evoluzione nel tempo. I bianchi dell’Etna ruotano attorno soprattutto al carricante, uva indubbiamente  “altruista”, dotata cioè di buona produttività  e comunque di un’acidità di altissimo profilo. Se a questo ci mettiamo il suolo vulcanico, l’altezza sul mare, il particolare microclima, ci ritroviamo con bianchi (ora che la parte tecnica sembra sia abbastanza a posto) sapidi, freschi, nervosi, con note aromatiche che vanno dal minerale, al floreale a note torbate e in qualche caso agrumate. Un bianco etneo lo riconosci subito e, in un mondo di vini rotondi e piacioni (non parlo solo di Sicilia), non puoi non apprezzarlo per  una sua conclamata “ linea  editoriale”, che copre l’intero territorio sotto il vulcano.

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Uscendo dal mondo etneo ed entrando nei tanti bianchi da uve autoctone o meno, quelli che ci hanno colpito maggiormente nascono tutti dal grillo. Anche quest’uva ha una spiccata acidità ed un ‘ampiezza gustativa importante: questi fattori sembrano reggere anche alle varie interpretazioni aziendali che ci propongono Grillo con aromi che vanno dal frutto della passione ai fiori di campo. Superata questa diversificazione aromatica eccoci alla bellezza del grillo, ad una croccante freschezza, ad un corpo adeguato, ad un finale armonico che per fortuna non viene (ma aspettiamocelo…) scompaginato dal legno.

Per quanto riguarda le altre uve bianche siamo di fronte a buone interpretazioni ma abbastanza semplici e scontate, siano queste da uve autoctone o alloctone, per niente aromatiche come l’inzolia o molto aromatiche come il moscato.

In definitiva il mondo dei bianchi siciliani crediamo debba essere diviso in due parti: da un lato l’Etna, con le sue precise caratterizzazioni e dall’altra l’intera Sicilia, con grandi diversità soprattutto aziendali, che crediamo  non si mitigheranno col tempo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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