Degustazione Barbera d’Asti e Superiore: segnali contrastanti4 min read

Avete presente quel film dove il protagonista si risveglia la mattina ed è bloccato temporalmente al giorno precedente e così incontra le stesse persone, fa le stesse cose, ripete all’infinito o quasi gli stessi gesti?

Se mai dovesse succedere a noi di Winesurf una cosa del genere  vorremmo avvenisse durante le giornate di assaggi al Consorzio della Barbera  d’Asti e vini del Monferrato, perché la loro ospitalità è di altissimo livello. I ringraziamenti sono d’obbligo.

Ma cosa abbiamo assaggiato in quelle intense giornate? Quest’anno abbiamo un po’ allargato il tiro e quindi ci siamo avvicinati per la prima volta al Grignolino e siamo tornati a prestare attenzione al Ruché. Di questi due vini parleremo tra qualche giorno perché naturalmente il focus dei nostri assaggi è stato sulla Barbera d’Asti e sulla Barbera d’Asti Superiore.

Una cosa che va precisata parlando di Barbera d’Asti è la grandezza del territorio in cui può essere prodotta: abituati a DOCG che ricadono su pochi comuni o su un comune singolo risulta difficile pensare ad una denominazione che copre ben 167 comuni, e occupa quasi due province (Asti e Alessandria) per intero. Tanto per farvi capire si parte quasi dalle porte di Torino, si arriva fino a Casale Monferrato e poi si scende sino quasi al confine con la Liguria.

Barbera

Un territorio così esteso porta con sé diversità enormi, sia nei vini che nella mentalità dei produttori e la Barbera d’Asti è forse il vino che più rappresenta queste diversità. “Seppur immediato e di facile beva, la Barbera d’Asti è un vino capace di attendere per anni il momento migliore per essere consumato.”  Abbiamo estrapolato questa frase dal sito del consorzio perché rappresenta al meglio quello che, per quanto riguarda la Barbera d’Asti (ma non la Superiore),  ci siamo trovati a degustare. Si parte sempre da vini d’annata (quest’anno 2021) freschi, piacevoli, profumati, magari di non grande complessità ma di profonda bevibilità e anche buona serbevolezza, per poi piano piano passare a vini più impegnati e impegnativi, dove il legno e le idee di produttori di quasi 170 comuni, portano verso tipologie molto diverse da quello che dovrebbe essere “il vino originario” quello inconfondibile, che sicuramente piacerebbe dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno.

Quindi all’interno della Barbera d’Asti convivono varie anime e riuscire a farle convogliare in un unico concetto di vino crediamo sia molto difficile. Ma c’è un altro problema che non possiamo tacere ed è forse quello principale per questa denominazione: nei nostri assaggi, dati alla mano, abbiamo trovato più del 15% di vini con problematiche di vario tipo (soprattutto brett) e impossibili da valutare. Una cosa del genere è francamente un problema, anche perché capita “random”, cioè colpisce quasi sempre cantine diverse, in qualche caso anche nomi importanti.

Ma tante buone Barbera d’Asti, specie del 2021 ci hanno fatto fare la pace con questa denominazione. In definitiva quasi il 66% dei vini degustati ha avuto almeno 80 punti e questo è comunque un dato tranquillizzante.

Sul fronte della Barbera d’Asti Superiore le cose, dal punto di vista della pulizia dei vini, cambiano drasticamente. Praticamente tutti i vini degustati sono di ottima fattura e oltre a questo la cosa per noi ancor più importante è che l’uso del legno sta mediamente diminuendo, lasciando così alla classica parte aromatica e alla tipica freschezza il ruolo che a loro compete.

Da un punto di vista personale ci piacerebbe che il legno diminuisse ancora ma non possiamo negare sia i progressi fatti sia la riconoscibilità di una tipologia che è ormai ben definita. I vini Top sono la rappresentazione precisa di questi aggiustamenti  ma  anche quelli che non sono arrivati ad ottenere il nostro riconoscimento sono vini molto più distesi e piacevoli rispetto anche al recente passato.

A proposito di passato, vedrete che i  vini pubblicati non sono moltissimi ma considerate che più di un 25% è stato tolto dalla lista perché già assaggiato negli anni scorsi.

In chiusura vi diamo appuntamento tra qualche giorno per parlare di Grignolino e Ruchè, due vini che meritano molta, molta attenzione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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