Da Enotria alla Val d’Agri, dove potrebbe essere nato il Syrah5 min read

Per gli appassionati e professionisti del vino di solito quest’ultimo è sempre il fine del racconto. Per Stefano Del Lungo e l’Istituto Geografico Militare di Firenze, è un mezzo.

Un mezzo per ricostruire la storia di un territorio, delle popolazioni che l’hanno attraversato. Fra le montagne di Enotria non è un testo divulgativo, bensì 256 pagine di ricerca su campo tra storia, geografica e DNA per mettere in discussione alcune certezze e aprire nuovi punti di vista.

Ogni riga è densa di informazioni, riferimenti, nomi: scordatevi la modalità scrolling che abbiamo adottato impunemente ‘grazie’ alla velocità dei Social Network.

Se volete confermare delle idee per farle rimbalzare sul web, idem: scordatevelo. Prendete in mano questo volume grande quanto un album fotografico matrimoniale, sedetevi, e preparatevi a mettere in discussione un paio di cosette.

Spieghiamo prima dove ci troviamo.

Dov’è l’Enotria?

Per ‘terra della vite legata al palo’, altrimenti detta Enotria, si intende la zona di Appennino tra Cilento e Calabria. Un entroterra battezzata così dai Greci nell’ VIII secolo a. C. per distinguerlo dalle zone barbare: la vite è da sempre simbolo di civiltà. La ricerca del germoplasma viticolo (81 in 5 zone: Alta Basento-Camastra, Val d’Agri, Pollino, Materano, Vulture) dimostra che l’Enotria, insieme alla Lucania storica, è stata la terza tappa della vite lungo il viaggio dal Caucaso all’Italia centro-meridionale. I Greci non hanno portato la cultura della vite, l’hanno trovata.

Era già qui nel X secolo A.C.

Ma si trovava in un entroterra nascosto, di non facile accesso e ciò scatenava miti e leggende alimentati dalla non conoscenza dei luoghi e delle persone che li abitavano. Sarà necessario attendere le spedizioni lungo la foce del fiume Agri per scoprire le popolazioni che vivono all’interno della valle, che per morfologia del terreno circostante hanno meno contatti esterni, pertanto sono conservatrici degli stili e delle colture locali, e per questo custodi di biodiversità.

Vigne in val d’Agri

Primo mito da sfatare: l’uva sangiovese ha la Basilicata nei geni.

Che l’uva sangiovese non fosse un made in Tuscany lo sospettavamo, ma che la sua ubiquità toccasse la Val d’Agri potremmo definirlo uno scoop… anche se indagini genetiche dei vitigni avevano già avanzato quest’ipotesi.

La storia e la sua diffusione sono testimoniati comunque dall’inserimento della stessa nei disciplinari della DOC Terre della Val d’Agri e Grottino di Roccanova. Insieme al Sangiovese in queste zone sono state prese a riferimento altre varietà per tracciare gli spostamenti della vite dall’interno della regione verso le coste: guarnaccino n., guarnaccino nero n., guarnaccia b., trebbiano romagnolo, trebbiano toscano, trebbiano antico b., brindisino n..

Che la zona fosse altamente vocata alla coltivazione della vite lo testimoniano i resti delle antiche terme romane di epoca repubblicana convertite in palmenti tra il XVII e il XVIII secolo e oggi visibili nel sito archeologico del Grumentum.

Siamo a 500 m slm con in clima temperato e soprattutto escursioni termiche notturne di cui beneficiano le uve. Il cambiamento climatico in corso acuisce la vocazione del territorio per la viticultura, tanto che la zona è stata equiparata come clima a quella del Rio Negro in Argentina, dove adesso si producono vini con le stesse uve delle DOC locali.

Grappolo di Syrah

Secondo mito da sfatare: il Syrah non ha nulla a che vedere con la Persia.

L’altro scoop contenuto tra le pagine del volume è che il nome Syrah, non sarebbe legato a lontane origini persiane, bensì sarebbe il frutto, per rimanere in tema, di un passaparola che ne ha stravolto etimologia e riferimento. Il Sìraios o Sirìnos, in riferimento alle zone di Siri, Sirino, Siriti etc…) nella cultura greca è un vino ottenuto da cottura e riduzione del mosto. Nel V secolo a.C. la parola si modifica in sirikos, simile a sirikòs che voleva dire rosso. Stefano Del Lungo spiega che complice alcune trascrizioni di Plinio, quest’ultima forma viene affiancata per pronuncia a siriaco, ovvero della Syria. Dal I secolo a.C. col nome Syria veniva inoltre identificata una varietà di pera nota anche come Tarentina. L’etimologia subisce ulteriori miscelazioni e scambi d’identità, passando dalla seria vinaria (una brocca) di Marco Porcio Catone, all’uva a incrocio di bacca nera e bianca detta sirica o della Siritide. Ma la cosa si complica quando l’uva arriva tramite commercio in Provenza e alla foce del Rodano, dove dapprima mantiene il nome Serine, poi evolve nel moderno Syrah grazie a passaggi linguistici tra i popoli che la commerciavano. A questo punto la vicinanza di suono alle parole Shiras, Syra e Sirah riconducibili alla città di Syracusa, e Shiraz alla Persia, hanno portato a concludere che l’uva partita dalla Basilicata, in realtà fosse arrivata in Basilicata da molto lontano.

La matassa è ancora più ingarbugliata secondo Del Lungo, grazie a leggende costruite sul web attraverso conclusioni erronee sull’origine di uve esportate sul Rodano da un ex cavaliere vissuto nel XIII secolo. Unica salvezza dalle false ricostruzioni, la ricerca scientifica.

La DOC Terre dell’Alta Val d’Agri

Lasciando alle spalle ciò che è stato, oggi c’è una produzione vitivinicola nell’Alta Val d’Agri, dove accanto a merlot e cabernet sauvignon e sangiovese, esistono diversi vitigni autoctoni ancora poco conosciuti, come il colatamurro rosso, giosana bianco, santa sofia, malvasia ad acino piccolo, ghiandara o aglianico bianco, plavina, ambasciatori di quella biodiversità protetta dall’inaccessibilità della valle.

La DOC prevede tre tipologie: Rosso, Rosso Riserva e Rosato. Una piccola denominazione a cui aderiscono 8 aziende consorziate con 13 etichette. Sull’identità dei vini di oggi non sappiamo dirvi ancora molto, ma se vi interessa un tuffo tra Odissea, Magna Grecia e falsi miti del vino, 7 capitoli e 256 pagine vi aspettano presso le librerie convenzionate con l’Istituto Geografico Militare.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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