Ci sono visite in cantina che si trasformano in storia del vino, anzi in riflessioni sulla sua storia, momenti in cui una bottiglia, anzi due, raccontano sia la vita di un’azienda che del territorio.
Questo è capitato quando siamo arrivati da Dante Rivetti al Bricco di Neive, accolti dai fratelli Rivetti. La visita nella mastodontica cantina di invecchiamento si trasforma in un momento da ricordare per sempre quando Katia e Mara prendono una delle bottiglie di Barbaresco Bricco de Neueis Riserva 1989 (ripeto 1989!) portandola in sala degustazione. Già eravamo abbastanza stupiti e emozionati perché comunque la vendemmia 1989 è una della triade 1988-1989-1990, le tre vendemmie divine che hanno consacrato il vino di Langa nel mondo, ma l’arrivo di Ivan, l’altro fratello che assieme a Mara e Katia guida oggi la cantina, aggiunge stupore allo stupore perché viene aperta anche una bottiglia di Bricco di Neueis Riserva 1996.

Per chi conosce La langa non devo aggiungere niente ma per i meno introdotti a questa terra due parole sono d’obbligo. La vendemmia 1989, come detto prima, è stata non solo eccezionale ma ha permesso ad una terra lontana anni luce dai fasti attuali, di farsi conoscere nel mondo. Sicuramente la triade 1988-1989-1990 ha rappresentato anche il momento in cui il “vecchio modo” di fare vino in Langa, quello che a suo tempo venne definito tradizionalista, ha raggiunto il suo momento di massimo fulgore, anche perché ancora quello “modernista” non era praticamente nato.

Il 1996, oltre a essere stata definita l’annata “pronta mai”, dal punto di vista enologico potrebbe essere distante 30 anni dalla 1989. Questo perché in sette anni era successo di tutto in Langa: si era passati da fermentazioni tradizionali e magari molto lunghe a brevi e concentrate, erano arrivati i rotomaceratori e le botti avevano quasi sempre lasciato spazio alle barrique, nuove e pure molto tostate. Naturalmente questo non in tutti i casi e soprattutto con “percentuali” diverse, ma comunque si era passati in pochissimo tempo a vini molto concentrati, quasi “densi”, che poi avrebbero impazzato per almeno altri 8-10 anni. Quindi avere di fronte la 1989 e la 1996 è stato come trovarsi di fronte ad un duello tra due importanti momenti storici , dove noi eravamo i giudici.
Mentre assaggiavamo vari altri vini, tra cui lo spumante Metodo Classico Ivan 2015, un Blanc de noir di bella pienezza, fresco e dinamico, davamo tempo ai due contendenti di aprirsi e di mostrare pregi o punti deboli. Abbiamo aspettato, annusando e sorseggiando quasi un’ora, e alla fine, dal punto di vista di un incontro di boxe, per me ha vinto la 1989 ai punti.

Questo perché ha mostrato una finezza aromatica e un tannino fine e setoso, senza nessun cedimento sia al naso che in bocca. La 1996 era sicuramente più fresca, più nervosa, più corposa ma ancora parzialmente inespressa, pur essendo passati quasi 30 anni.
Dal punto di vista storico però è giusto precisare un concetto che rimane sempre sottotraccia: quando si parla di grandissime annate di Langa il pensiero va in primo luogo al Barolo mentre il Barbaresco sembra rimanere leggermente defilato, ma i due vini che abbiamo degustato non avevano per struttura, complessità, eleganza e finezza, niente da invidiare ai barolo del 1989 e del 1996. Forse non si è ben capito che il Barbaresco aveva e ha, in particolare nelle grandi annate, le stesse capacità d’invecchiamento del Barolo e questi due grandi vini lo hanno dimostrato.