Coultura Festival: buona la prima!7 min read

Da alcune settimane va in onda su AppleTv Drops of God, una serie drammatica ispirata a un manga che parla del mondo dei fine wine e della gastronomia. La guardo con mio marito, un consumatore sensibile che però non apprezza i tecnicismi che tra professionisti di settore sfagioliamo davanti al bicchiere. Io invece lo guardo con la lente da Sherlock Holmes, pronta a criticare possibili banalizzazioni.

Questa produzione ambientata tra Francia e Giappone mi fa riflettere sulla curiosità che scatena il settore vino ai non addetti ai lavori, e sulle critiche mosse alla nostra incapacità di comunicare il vino, che fa chiudere a riccio chi ne vorrebbe sapere di più ma non osa, magari vorrebbe anche comprare di più, ma non sa cosa. Durante gli episodi interpello il consorte per capire cosa arriva di determinati aspetti dell’universo Bacco, narrati dal regista in modi specifici, come la rappresentazione della memoria olfattiva della protagonista, Camille, come un archivio nella sua testa, acceso da ricordi e sensazioni. Ad oggi concordiamo sul senso di alcune immagini proposte.

Quando mi è arrivato l’invito a Coultura Festival a cura del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, mi è sembrata l’occasione per osservare come si potrebbe comunicare il vino per educare a un consumo consapevole, e a un acquisto che valorizzi il lavoro dei vigneron, a chi il vino lo beve e poco più.

Non sono riuscita a parlare con i neofiti presenti al festival dell’argomento vino, perciò provo a fidarmi del mio giudizio da una che spesso consiglia etichette ad amici che non necessariamente desiderano sapere nulla più del possibile abbinamento gastronomico.

Coultura Festival

Allestito nel weekend del 6/7 maggio nel castello di San Salvatore a Susenaga (Treviso), abitato tutt’oggi dalla principessa Isabella di Collalto che ha dato il via ai lavori da perfetta padrona di casa, il festival si è vestito di un allure invitante per chiunque avesse desiderio di una giornata fuori casa.

Banchi d’assaggio con circa 30 produttori (numero auspicato dall’invito a partecipare del Consorzio ai soci, ci riferisce lo stesso) 1 mostra multimediale, 3 stand con prodotti tipici locali in degustazione, una postazione per un viaggio virtuale alle colline del Conegliano Valdobbiadene, una mini mostra sulla comunicazione del Prosecco nel tempo, un giardino finemente tenuto, una squadra di sommelier, un digital map proiettata sulla facciata nel cortile del castello al calar del sole.

Questo il fuori. Ma veniamo ai contenuti. Il festival si è aperto con una partnership di prestigio, quella con il Premio Campiello Giovani, grazie ai 5 finalisti 2022 (Anastassija Totorici, Salvatore Lamberti, Luca Maggio Zanon, Nicolò Tavian, Alberto Varsalona) che per l’occasione hanno scritto un racconto dedicato al vino raccolto poi nella pubblicazione Trame di Vite, suggellando il patto del festival di dar voce al vino non solo attraverso le “voci del vino”. L’argomento principe si è maritato a sua volta con la cultura attraverso altre pubblicazioni, quelle degli autori protagonisti degli Incontri con l’Autore che insieme alle masterclass di approfondimento per degustare le diverse tipologie di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG del Consorzio, hanno articolato il weekend.

Le masterclass sono andate sold out, gli incontri con gli autori hanno sempre riempito la sala o quasi. Ed è proprio qui che la mia analisi della comunicazione verso un pubblico neofito si sofferma. Gli autori selezionati, ci dicono dalla redazione di Civiltà del Bere che ha curato l’evento, sono stati scelti tra le voci che hanno narrato un aspetto del vino che potesse includere quello del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene: dal professor Attilio Scienza, al presidente OIV Luigi Moio, da Doctor Wine (aka Daniele Cernili), all’economista americano Mike Veseth, al docente di Sociologia della Comunicazione Tito Vagni.

Le tematiche trattate erano quelle di loro pubblicazioni: dalle fake news sulla storia del vino per Attilio Scienza, ai profumi di un vino per Luigi Moio, per arrivare alla congiuntura economica per il professor Veseth.

Come ne hanno parlato? I tecnicismi sono stati domati, focalizzando su storia ed evoluzione di ciò che da millenni va nei nostri bicchieri: argomenti sfiorati dagli appassionati per intersezioni familiari, come il mio paziente marito, o per una crescente passione davanti allo scaffale di un’enoteca. Una pennellata del contesto enologico mondiale, alcune chiavi di lettura di argomenti mainstream (vedi il fattore alcool e gli health warning in etichetta), una trama d’informazioni spendibili al prossimo acquisto di vino. Tra questi, la visione di un continente giovane come l’America, ambito da molti per dimensioni e valuta forte, è stato uno degli spunti più precisi su come raccontare, su cosa puntare con le proprie bottiglie.

L’economista e le Wine Wars

Come abbiamo appena detto, il modo in cui gli americani approcciano il vino fa riflettere su come, da europei con il vino nel DNA, diamo per scontate molte cose: la vite fa parte della nostra storia, dei nostri paesaggi e come italiani, della convivialità che ci caratterizza. Gli spunti del professor Veseth sono stati quelli che più hanno acceso lampadine su dove lavorare per comunicare meglio al consumatore questo mondo dal futuro non necessariamente roseo.

Mike Veseth nel suo libro Wine Wars, parla del Wine Wall, un concetto proposto ai suoi studenti universitari nell’ambito dell’analisi economica di un “muro” di 12.000 bottiglie di vino di un’enoteca della loro zona.

Cosa si può trovare in un Wine Wall di 12.000 bottiglie?

  • Abbondanza (la globalizzazione ha moltiplicato la circolazione di vino nel mondo)
  • 10 paesi produttori
  • Una forbice di prezzo (dai 2 ai 250 dollari)
  • Le tipologie di prodotto (dallo spumante ai vini fermi, dai vini rossi ai vini bianchi)

Da questi punti, si diramano le 3 grandi sfide del mondo vino nel 2023.

1 – Il cambiamento climatico, effetto di un ciclo congiunturale costante per il mondo agricolo. Negli USA, dove il mercato del biologico è molto molto indietro, si aspettano che il vino sia driver di sostenibilità, pena la sua scomparsa: un vino non sostenibile (e vetro e trasporto sono state le criticità citate per prime) è destinato a morire. Il mondo, spiega Veseth, non può più permettersi di spendere risorse preziose per il vino. Per nessun settore a dirla tutta.

2 – La sostenibilità economica: una sfida strutturale, che parla dell’aspettativa del consumatore medio, che un vino sostenibile a livello ambientale, lo sia anche a livello economico. Pena, l’abbandono sullo scaffale.

3 – L’identità. La globalizzazione è un’opportunità di mercato ma genera maggiore concorrenza.

Per gli americani non conta l’origine, la denominazione di un vino e Veseth parla della guerra dei “terroiristi” giocando con le parole “terroir” e “terroristi”, ovvero la lotta dei produttori per trasmettere il valore del terroir di un vino. La sua qualità è strettamente legata al luogo dove viene coltivata l’uva e vinificato il suo nettare. A questi si aggiungono le persone per il legame territoriale, le realtà familiari per custodire storia e tradizione.

Mike Veseth, citate le 3 sfide, in qualità di economista non ha nicchiato di fronte alla sfiducia tangibile che serpeggia e di cui il settore del nettare di Bacco non è immune. Ma ci ha lasciato con un’indicazione: non è la prima epoca oscura che il vino attraversa, eppure è riuscito a rimanere amato e importante nel tempo. I valori che rappresenta faranno la differenza, la sua capacità di essere sostenibile farà la differenza.

Uno dei principi utilizzati da Einstein parla della semplificazione delle cose e di come questo sia possibile entro certi limiti. Il mondo è complesso, oggi per giunta molto veloce. Quello del vino lo è altrettanto. Non esistono soluzioni univoche per niente e nessuno, tanto meno una comunicazione univoca del vino, dei vini, dei produttori e della loro storia.

Coultura Festival aveva l’obbiettivo di avvicinare gli appassionati attraverso voci autorevoli che narrassero un universo che avvolge la cultura mediterranea da millenni.

Da quello che ho visto e sentito, agli stessi amici a cui consiglio un vino senza troppi fronzoli tecnici, proporrò la seconda edizione del festival di Conegliano Valdobbiadene.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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