Cos’hanno in comune James Bond e Hannibal Lecter?3 min read

Per festeggiare la riapertura ufficiale dei bar (anche se con le giuste restrizioni che la situazione comporta) abbiamo pensato di parlarvi di un aperitivo “medicamentoso”, abbastanza sconosciuto in Italia ma molto in voga in Francia, specie a Bordeaux. Oggi ne traccerà la storia Guglielmo Bellelli mentre domani  Barbara Amoroso vi proporrà la ricetta di un cocktail (consigliata direttamente da un grande barman) che non potrete non apprezzare (anche distanziati di un metro, per favore).

A Bordeaux  si deve assaggiare almeno una volta un Lillet, aperitivo per eccellenza dei bordolesi, che amano sorseggiarlo sulle terrazze soleggiate della capitale o di Arcachon, come Benjamin Cooker nella fortunata serie de “Le Sang de la Vigne” [1]. Piaceva anche ad  Hannibal Lecter ne “Il silenzio degli innocenti” e al James Bond di Fleming, che, in  “Casino Royale”, raccomandava che  il suo Vesper Martini[2] fosse “Shaken, not stirred”.

Il Lillet originale era bianco e fu ideato da Raymond e Paul Lillet nel 1872, nella loro distilleria di Podensac,  nelle Graves-Cérons,  a sud di  Bordeaux:  il rosso e il rosé arrivarono dopo. Il Kina Lillet[3] è stato non il primo ma quello di maggior successo dell’ampia categoria dei vini “tonici” nati alla fine dell’800 aggiungendo al vino agrumi, erbe e corteccia di chinchona, l’albero del chinino. Il vino, già presente nella farmacopea dall’antichità e considerato da Louis Pasteur la bevanda  più igienica e salutare, divenne la base voluttuaria di numerose preparazioni industriali, commissionate dai mercanti di vino a farmacisti e spezieri e proposte come rimedio ai malanni minori: un perno dell’automedicazione di allora.

Il primo era stato  il Dubonnet, un blend di vino, erbe e spezie varie, tra cui il chinino, lanciato in occasione di un concorso bandito nel 1846 dal governo francese per un prodotto che invogliasse i contingenti della legione straniera nell’Africa del Nord ad assumere chinino.

Vent’anni dopo nacque il Byrrh dei fratelli Violet (vino rosso del sud,  mistella e chinino) un tonico venduto per diverso tempo nelle farmacie.  Rabarbaro, genziana, semi di cardamomo e  china calisaia furono  gli ingredienti del  Barolo chinato del dott. Cappellano. In quel periodo, da una base di vino e spezie, nacquero prodotti arditi (come il Wincarnis, estratto di carne,  vino di Porto  e malt wine), che si proposero come rimedio per molti disturbi fisici e psichici, suscitando l’allarme  della medicina ufficiale che ne denunciò l’abuso[4] .

A spingere il loro consumo fu il timore popolare per le malattie, come la terribile pandemia dell’influenza russa del 1889, l’equivalente del COVID attuale. Cancellata dalle nuove preoccupazioni igienico-salutistiche la componente alcolica,  il chinino, considerato un’arma contro il coronavirus, è tornato in auge.

La fortuna della maggior parte di essi decadde presto, ma non quella del Lillet, che sfondò nella categoria dei vini da aperitivo. Lanciato sui transatlantici a vapore nel 1909 e ormai aperitivo alla moda dei villeggianti di Arcachon[5], raggiunse il massimo della popolarità negli anni ’30, presente nelle campagne pubblicitarie dei campionati di calcio, rugby e basket e celebrato da artisti e grafici famosi, come Robert Wolf, autore di un poster molto ricercato dai collezionisti.

Dopo il periodo bellico, il rilancio venne negli anni ’50 quando il Lillet sfondò in America, diventando più popolare che nella stessa Francia. Con la duchessa di Windsor grande propagandista nei ristoranti e negli alberghi à la page, il Lillet divenne l’aperitivo dell’alta società, sensibile al “french touch”, apprezzato anche da Jackie Kennedy.  Negli anni ’80 il grande ritorno della Maison in Europa fu spinto dal favore dei barman e da una campagna che rilanciò il Lillet prepotentemente sul mercato nazionale come l’aperitivo più venduto.  Nel 1962 era nato per il mercato americano il Lillet rouge, e cinquant’anni dopo venne il Lillet rosé.

I Lillet nascono dall’assemblaggio di una base di vino di Bordeaux (sémillon, muscadelle e sauvignon nel  blanc, merlot e cabernet sauvignon in rouge e rosé) arance dolci e amare macerate a freddo.

 

 

[1] Di Jean-Pierre Alaux e Noël Balen. La versione TV è interpretata da Pierre Arditi.

[2] Lillet blanc  vodka e  gin.

[3] Il nome iniziale,  fino al 1970

[4] Coley, 1898

[5] Londeix O. (1998) “Le pari d’un emprise girondine”

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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