Di musica ne capisco poco o nulla. Non ho mai avuto tempo per apprezzarla. Quando ero giovane, lavoro a parte, c’era la politica, poi la montagna e poi altro. Passioni totalizzanti che non lasciavano spazio, almeno per me è sempre stato così.
Eppure da piccolo sono cresciuto a suon di metronomo, mia sorella studiava piano al conservatorio, io stesso ho preso, con scarsissimi risultati, lezioni di piano e poi di fisarmonica, ma non c’è stato nulla da fare. Alle scuole superiori mi piacevano gli urlatori, poi all’università arrivarono i complessi, il rock e con loro i grandi concerti ed i grandi problemi. Ricordo ancora gli scontri per entrare gratis.
Poi ancora Umbria Jazz e tanta musica “colta”. Dopo, anni di blackout interrotto da Radio Alfa, radio libera, dove mi torna la passione per i Jazz che continuo a seguire con grande disordine. Un salire e scendere tra rock duro, jazz e qualche cantautore. Tutto qui.
E’ per questo che nel mio organizzato disordine musicale, ho accolto al volo l’invito al concerto di Willie Nile. Chi è Willie Nile? Non chiedetelo a me. Io mi sono fidato di Stefano Tesi che da anni assieme ai suoi amici del Crete Senesi Random Rock Festival, batte i sentieri della cultura musicale rock, quello autentico e poco commerciale. Il concerto voluto dalla Cantina La Clavesana nell’ambito di una originale rassegna enomusicale che si chiama Rock & the Wine, si è svolto nella raccolta chiesa di Sant’Anna alle Surie di Clavesana alla presenza di un numeroso e partecipe pubblico. La musica di Willie che si è esibito in duo con Marco Limido?
Un misto di Springsteen e Lou Reed almeno a me così è parsa. Bello comunque, da vedere e da sentire.
Ma non solo d’arte si vive ed eccoci al mattino seguente, alla speciale edizione dedicata al Bue Grasso di Carrù. Organizzata ad uso e consumo dei giornalisti sempre dalla Clavesana con una sostanziosa colazione mattutina con brodo caldo e raviole al vin nel ristorante al Vascello d’oro e accompagnato dai Dolcetto della Cantina. Uno dietro l’altro i piatti vengono spazzolati prima di concedersi una brevissima passeggiatina sino alla foro boario per all’animatissima asta del bue. Il tempo di assistere alla battitura all’asta di splendidi esemplari e poi il duro lavoro è lì ad attenderci con un pranzo didattico (non si finisce mai di imparare) con la comparazione tra la carne di Bue di Carrù e quella di vitellone di razza piemontese. Il pranzo è stata una ulteriore occasione per assaggiare i Dolcetto della Clavesana con una serie di cru di ottima interpretazione. E’ un vero peccato che un vino che ha segnato la storia popolare di questa regione. veda irrimediabilmente assottigliarsi la sua superficie vitata in favore di altri vitigni. Un processo per certi versi forse irreversibile, che è sicuramente frutto della scarsa redditività che il Dolcetto riesce a strappare sul mercato.
Il rischio che questo vitigno faccia la fine del Grignolino, ormai araba fenicia della viticoltura piemontese, è molto reale. In controtendenza la Clavesana, che ha come motto “Siamo Dolcetto” continua a crederci ed a cercare nuovi sbocchi per i suoi vini.
La Cooperativa non è solo un’entità economica, la sua presenza svolge anche una funzione sociale, permettendo ai suoi consociati di trovare quel reddito che altrimenti difficilmente troverebbero come singoli. Le ricadute su tutto il territorio sono ovviamente consequenziali. E’ anche per questo che deve tener d’occhio le nuove tendenze del mercato, diversificando la propria produzione, pur continuando a mantenere il primato produttivo del Dolcetto come vino simbolo del territorio.