Concerto Grasso!3 min read

Di musica ne capisco poco o nulla. Non ho mai avuto tempo per apprezzarla. Quando  ero giovane, lavoro a parte,  c’era la politica, poi la montagna e poi altro. Passioni totalizzanti che non lasciavano spazio, almeno per me è sempre stato così.

Eppure da piccolo sono cresciuto a suon di metronomo, mia sorella studiava piano al conservatorio, io stesso ho preso, con scarsissimi risultati,  lezioni di piano e poi di fisarmonica, ma non c’è stato nulla da fare. Alle scuole superiori  mi piacevano gli urlatori, poi all’università  arrivarono i complessi, il rock e con loro i grandi  concerti ed i grandi problemi. Ricordo ancora gli scontri per entrare gratis.

Poi ancora Umbria Jazz e tanta musica “colta”. Dopo, anni di  blackout interrotto da Radio Alfa, radio libera, dove mi  torna la passione per i Jazz che  continuo a seguire con grande disordine. Un salire e scendere tra rock duro, jazz e qualche cantautore. Tutto qui.

E’ per questo che  nel mio organizzato disordine musicale,  ho accolto al volo l’invito al concerto di Willie Nile. Chi è Willie Nile? Non chiedetelo a me. Io mi sono fidato di Stefano Tesi che da anni assieme ai suoi amici del Crete Senesi Random Rock Festival, batte i sentieri della cultura musicale rock, quello autentico e poco commerciale.  Il  concerto voluto dalla Cantina  La Clavesana nell’ambito di una originale rassegna enomusicale che si chiama Rock & the Wine, si è svolto nella raccolta  chiesa di Sant’Anna alle Surie di Clavesana alla presenza di un numeroso e partecipe pubblico. La musica di Willie che si è esibito in duo con Marco Limido?

Un misto  di  Springsteen e Lou Reed almeno a me così è parsa. Bello comunque, da vedere e da sentire.

Ma non solo d’arte si vive  ed eccoci al mattino seguente, alla speciale edizione dedicata al Bue Grasso di Carrù. Organizzata ad uso e consumo dei giornalisti sempre dalla Clavesana con una sostanziosa  colazione mattutina con brodo caldo e raviole al vin  nel ristorante al Vascello d’oro e accompagnato dai Dolcetto della Cantina. Uno dietro l’altro i piatti vengono spazzolati prima di concedersi una brevissima passeggiatina sino alla foro boario per  all’animatissima asta del bue. Il tempo di assistere alla battitura all’asta di splendidi esemplari e poi il duro lavoro è lì ad attenderci con un pranzo didattico (non si finisce mai di imparare) con la  comparazione tra la carne di Bue di Carrù e quella di vitellone di razza piemontese. Il pranzo è stata una ulteriore occasione per assaggiare i Dolcetto della Clavesana con una serie di cru di ottima interpretazione. E’ un vero peccato che un vino che ha segnato la storia popolare di questa regione. veda  irrimediabilmente  assottigliarsi la sua superficie vitata in favore di altri vitigni. Un processo per certi versi forse irreversibile, che è sicuramente frutto della scarsa  redditività che il Dolcetto riesce a strappare sul mercato.

Il rischio che questo vitigno faccia la fine del Grignolino,  ormai araba fenicia della viticoltura piemontese, è molto reale. In  controtendenza la Clavesana,  che ha come motto  “Siamo Dolcetto” continua a crederci ed a cercare nuovi sbocchi per i suoi vini.

La Cooperativa non è solo un’entità economica, la sua presenza svolge anche una funzione sociale, permettendo ai suoi consociati di trovare quel reddito che altrimenti difficilmente troverebbero come singoli. Le   ricadute su tutto il territorio sono  ovviamente  consequenziali. E’ anche per questo che deve tener d’occhio le nuove tendenze del mercato, diversificando la propria produzione, pur continuando a  mantenere  il primato produttivo del Dolcetto come vino simbolo del territorio.

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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