Colli Trevigiani Bianco IGT El Teribie, Martignago: una verticale di sei annate “sotto tortura”5 min read

La zona del Trevigiano, famosa per Prosecco DOC e DOCG, offre anche scelte diverse e sorprendenti che fanno capire come “ci sia vita oltre la glera”

Facile e quasi scontato fare verticali di vini famosi, di quelli che si definiscono iconici, che hanno una grande storia da raccontare e più volte raccontata. Per questo quando Simone Morlin, titolare di Martignago, mi ha praticamente messo in macchina sei annate di un suo bianco non potevo esimermi dal prenderle in considerazione, ma giocando abbastanza sporco e “torturandole” un po’. Ci sono anche altri motivi che mi hanno portato a “torturare” quelle 6 bottiglie.

Martignago Vignaioli è a Maser, tra Asolo e Valdobbiadene, e nell’immaginario collettivo questa è terra di Prosecco (DOC o DOCG) e per traslato di vini facili da bere giovani. Simone Morlin è il titolare dell’azienda e naturalmente produce Asolo Prosecco DOCG, dell’ottimo Colfondo Agricolo IGT ma anche altri vini, come El Teribie: un bianco fermo IGT prodotto in una zona considerata adatta per vini immediati e frizzanti (o spumanti) e dove la glera è il vitigno principe.

Come detto ne parlerò attraverso una verticale di sei annate, partendo dalla giovanissima e non ancora imbottigliata 2024 e andando indietro fino al 2019. Questo per vari motivi ma principalmente per due: il primo è per capire se la vocazione di queste terre è solo per vini pronti e con relative possibilità di invecchiamento, la seconda è per capire se sul fronte dei vini bianchi in questa zona, come accennato sopra, “c’è vita oltre la glera”.

El Teribie è un uvaggio tra malvasia istriana, riesling renano, incrocio manzoni e moscato. La prima annata è del 2013 e da allora l’uvaggio è andato cambiando percentualmente, mantenendo sempre un’alta percentuale di malvasia (attorno al 40%) , facendo crescere sempre più l’incrocio manzoni (ormai sul 30%) e alzando e abbassando la quota di riesling e moscato tra il 10% e il 20%. Simone raccoglie le uve tutte nello stesso momento (un po’ come fanno in Oltrepò Pavese per il Buttafuoco Storico n.d.r.) e quindi deve ogni anno trovare un momento di vendemmia che vada più o meno bene a tutte le uve, mediando tra maggiore e minore maturità e acidità. Il vino non fa malolattica e tantomeno legno, non ha zuccheri residui.

Proprio perché si parla di un vino definito semplice da bere giovane ho pensato di degustarlo con un sistema da aguzzino, assaggiandolo prima a meno di 10° e poi lasciandolo nel bicchiere per almeno 3 ore e riassaggiandolo “caldo” attorno ai 18°

Partiamo dal più vecchio, El Teribie 2019.

Prima degustazione sui 10 gradi.

Colore dorato, molto brillante molto giovane, frutto leggero con una bella nota terrosa. Siamo su frutti bianchi ma poi spunta la pietra focaia. Naso ancora ampio e giovane con  buona complessità. Bocca sapida, ampia e di buona potenza,  ottima persistenza, assolutamente giovane, con ancora possibilità di invecchiamento

Da caldo, dopo 3 ore a  18 gradi

Note leggere di idrocarburo, nocciole e mandorle: naso ancora ben presente, più su aromi terziari ma giovane. Sapido, ancora vivido, ben presente. Indubbiamente buono e dimostra complessità e possibilità di invecchiamento

El Teribie 2020

Prima degustazione sui 10 gradi.

Paglierino brillante. Nota quasi cremosa, poi floreale: naso intenso anche con sentori di lieviti, poi pepe e frutto bianco, spezie. Buon corpo ma non esplosivo come il 2019, meno sapido. Meno interessante del 2019 ma comunque buono.

Da caldo, dopo 3 ore a  18 gradi

Naso più fine e cremoso,con note quasi balsamiche, leggero vegetale. Non esagerato, corpo inferiore, poco persistente, quais alcolico alla fine

El Teribie 2021

Prima degustazione sui 10 gradi.

Paglierino brillante. Naso fine con speziature, sentori floreali: erbe di campo, anice: naso giovane e fine, con terziari che iniziano a lavorare. Acidità molto viva, scontroso e  amaro nel finale.

Da caldo, dopo 3 ore a  18 gradi

Naso ancora molto vivo, con erbe e fiori, leggero eucalipto, bocca sempre amara, anche se lunga.

El Teribie 2022

Prima degustazione sui 10 gradi.

Dorato, sembra più avanti al colore. Note minerali, frutto maturo, mela cotogna. Bocca sapida ma leggermente amarognola, buona persistenza, quasi tannico.

Da caldo, dopo 3 ore a  18 gradi

Naso con  lieviti, radici, erbe. Amarotico leggermente  accentuato, astringente.

Martignago, vigneti.

El Teribie 2023

Prima degustazione sui 10 gradi.

Paglierino brillante. Floreale, fiori di campo, anche frutto lieve e giustamente maturo,  note di lieviti. buona freschezza, buona persistenza, leggermente sapido

Da caldo, dopo 3 ore a  18 gradi

Naso adesso non molto intenso ma comunque abbastanza fine. Buon corpo, rotondo, persistente giusta freschezza.

El Teribie 2024, campione da vasca

Prima degustazione sui 10 gradi.

Paglierino. Poco valutabile perché adesso si sentono solo i lieviti selezionati. Molto fresco e sapido. In bocca ancora da formarsi, quasi tannico.

Da caldo, dopo 3 ore a  18 gradi

Lieviti selezionati ancora più imperanti. ancora scomposto, corposo, quasi tannico.

Cosa possiamo dire dopo questa degustazione?

Che El Teribie oltre ad essere un buon prodotto anche se con qualche alto e basso dato probabilmente dall’annata, è un vino con una interessante vocazione per l’invecchiamento, magari non lunghissimo ma mediamente attorno ai 6-8 anni. Inoltre da giovane o giovanissimo ha bisogno di tempo per esprimersi e quindi il mio consiglio è di gustarlo con almeno 2-3 anni di maturazione. Sono convinto che una raccolta scalare delle uve, magari limitata ai due vitigni principali (malvasia e incrocio manzoni) potrebbe portare un miglioramento sostanziale anche evitando alcune note amarotiche in qualche caso un po’ troppo presenti.

El teribie è l’esempio di come questo territorio potrebbe crescere e diversificarsi, puntando anche a tipologie di vini diverse da quelle per cui adesso è conosciuto e apprezzato.

Del resto se andate questo link, dove parlo di un vino completamente diverso di un altro giovane produttore locale, troverete ulteriore conferma a quanto detto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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