Chianti lovers & Rosso Morellino a Firenze: vi diciamo che…3 min read

“Chianti lovers & Rosso Morellino” è stato il titolo per la relativa anteprima, svoltasi nel capoluogo toscano la scorsa domenica 20 marzo. Una scritta (marchio, logo, fate voi) un po’ sconcertante: si è mostrata in pubblico mescolando font e colori diversi e di diversa grandezza, con maiuscole e minuscole disinvoltamente usate: all’intrusione dell’inglese siamo anche abituati, ma tra “Rosso” e “Morellino” non è chiaro quale sia il sostantivo e quale l’attributo anche perché nel frattempo è sparito il nome Scansano che farebbe parte della relativa docg.

Tutto questo è probabilmente irrilevante agli occhi dei fiorentini che nei giorni precedenti alla manifestazione hanno visto in giro i numerosi manifesti. Tutto sommato suona bene e alla fine si sono contati un paio di migliaia di visitatori col bicchiere in mano, il che non è poco.

Tornando in particolare sul colore rosso, da questa vetrina non vedo cos’altro ci si potesse aspettare, a parte due decine di Vin Santo (solamente ai banchi delle aziende) che ho religiosamente assaggiato ma che è davvero difficile commentare data la proverbiale eterogenità degli stili. Le relative annate in commercio stavano fra il 2009 e il 2012, altro che anteprime! Tutte cose valide senza dubbio, anche se i volumi del Vin Santo sul mercato rimangono ridicoli e i prezzi alti ma allo stesso tempo non remunerativi per i produttori. “Si continua a farlo e non si sa perchè…” è stato il commento di Fabrizio Forconi vignaiolo a Montespertoli.

Foto Tiziana Baldassarri

Una buona coerenza è emersa invece dai miei assaggi alla cieca di una trentina di Morellino di Scansano 2021, quindi nuovi di zecca, nonostante l’estensione notevole della zona potenziale, che riguarda sette comuni, e una certa elasticità nella base ampelografica a partire dall’85% di Sangiovese. Colori fitti ma non esagerati, con solo un paio di eccezioni (verso il chiaro), profumi gradevoli con buon fruttato e spesso accenni di spezie: un sorso giustamente denso, ma non pesante anzi scorrevole. Come biglietto da visita non c’è davvero male, anche se le riserve ’19 erano un po’ meno definite.

Mi sa invece che il “Chianti lover”, cioè l’appassionato che è entrato nei locali della Fortezza da Basso nell’accesso non professionale del pomeriggio, sia rimasto un po’ frastornato dalla varietà di categorie e sottozone della denominazione più nota. E pensare che le quattrocento etichette presenti non erano  neanche troppe considerando il volume totale che il Chianti produce (circa 800.000 ettolitri/anno su 15.000 ettari, da confrontarsi ad esempio proprio col Morellino di Scansano dove gli ettari vitati sono dieci volte meno).

Accanto alla tradizionalissima tipologia Riserva sembra consolidarsi l’offerta della Superiore. Può anche suonare bene commercialmente, fatto sta che nell’assaggio di questo gruppo ho trovato difficoltà a riscontrare un comune denominatore “superiore”, al di là della piacevolezza dell’annata presentata, il 2020.

Venendo poi alle sette sottozone geografiche si è staccato come sempre il Chianti Rufina, col suo carattere più omogeneo, nonostante un paio di assenze di rilievo. Per il resto la disparità dei territori giustifica almeno in parte quella dei gusti nel bicchiere.

Detto questo l’assaggio è stato anche interessante e qualche volta divertente: ho trovato addirittura tre esempi di “Governo all’uso toscano” scritto in etichetta, senza peraltro riscontrare nel gusto le tracce di quella pratica che solo i diversamente giovani della mia generazione possono ricordare come diffusa. Tutto sommato sono uscito dalla Fortezza da Basso con la conferma che la tripletta di annate 2019-20-21 è stata comunque fortunata in Toscana, che il Chianti è buono e che forse potrebbe esserlo anche di più se questa bontà fosse un po’ meglio prevedibile.

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


LEGGI ANCHE