Cento candeline alla San Michele Appiano4 min read

Ovvero quando Cantina Sociale non fa rima con  produzione banale
Il 2007 è un anno di festeggiamenti per una delle più famose cantine sociali dell’Alto Adige.
Nata nel 1907, la Cantina Sociale di San Michele Appiano ha deciso di festeggiare con tutti coloro che a vario titolo le ruotano intorno: dai soci conferenti ai clienti più importanti, dagli importatori alla stampa.
Inquadrata nel panorama altoatesino, una cantina sociale come questa che produce vini di qualità è un fenomeno piuttosto normale. Se invece traslassimo la stessa situazione in un contesto allargato al panorama nazionale allora ci accorgeremmo che questo è in realtà un’ eccezione peculiare del “terroir” Bolzanino.
In effetti la cooperazione in campo vinicolo difficilmente ha portato a traguardi qualitativi d’eccellenza in ambito nazionale: cantine come quella di Santadi,  in Sardegna (la prima e unica che su due piedi viene in mente) sono vere e proprie mosche bianche. Le ragioni di tale fenomeno sono di difficile interpretazione, ma forse possono essere spiegate al contrario, ovvero: cosa  hanno fatto le cantine sociali dell’Alto Adige che invece non hanno fatto quelle nel resto del paese?
Alla base di tutto sta il fattore umano: la lungimiranza di uomini come Hans Terzer, (il famoso Kellermeister della San Michele Appiano) ha permesso di intuire le notevoli potenzialità di un territorio così spiccatamente vocato al vino di qualità. Queste persone hanno introdotto molti anni fa  parametri qualitativi su cui pagare le uve dei soci conferenti. Questo oggi è un sistema quasi banale  in riva all’Adige, ma in molte delle  consorelle lungo lo stivale veniva (e viene visto) come un concetto quasi antidemocratico.
Inoltre la lunga tradizione cooperativistica  (molte delle 16 cantine sociali hanno ormai più di cento anni) è ormai nel patrimonio genetico dei contadini altoatesini;  il concetto che “l’unione fa la forza” è applicato sia all’interno della cantina, sia all’esterno, con la ricerca di accordi tra le varie anime del “sistema Alto Adige” che vede tutti  gli operatori economici di quella provincia tesi a promuovere un’unica immagine del loro territorio.
Da qui il connubio tra vino, cibo e paesaggio diventa il punto di forza di un’industria turistica che è presa ad esempio dal resto della nazione.
Ma il panorama produttivo altoatesino, composto fino a pochi anni fa da poche decine di attori quali appunto le cantine sociali e una quarantina di grandi proprietari e commercianti, da qualche anno è mutato: prima un gruppetto sparuto e poi un numero sempre maggiore di piccoli vignaioli e aziende agricole si sono affacciate sul mercato proponendo produzioni di livello qualitativo assolutamente dignitose e in molti casi ottime; ad oggi il numero sta sfiorando il centinaio.
Probabilmente i motivi scatenanti di questo “boom dei piccoli vignaioli” sono vari ma tra questi vi è il fatto che le cantine sociali ed i grandi vignaioli hanno “tirato la volata” al vino altoatesino che ormai da anni sta conoscendo ritmi di consumo ben più alti del passato. Inoltre molte cantine sociali hanno fatto “l’errore” di rendere famosi, nominandoli in etichetta, alcuni piccoli vigneti di soci conferenti che da un giorno all’altro hanno visto il valore degli stessi aumentare di molto, rendendo realizzabili i sogni e le aspirazioni di una cantina tutta propria.
Ma non… tutte le cantine vengono per nuocere: un panorama più ampio di produttori non può che rendere più interessanti i vini di una zona poiché questi ultimi risulteranno il frutto di molti stili ed interpretazioni diverse. D’altro canto la costanza qualitativa di una grande cantina o una cantina sociale sarà difficilmente eguagliabile da un piccolo kellermeister (il Sauvignon St Valentin, per esempio, è prodotto scegliendo le uve provenienti da 13 parcelle differenti così da poter sempre utilizzare il miglior materiale per la selezione).
Inoltre un piccolo vignaiolo difficilmente riuscirà a competere sul fronte dei prezzi dei suoi vini con una cantina sociale e questa sua debolezza commerciale forse alla lunga potrebbe rivelarsi un motivo di ridimensionamento del numero attuale di vignaioli.
In conclusione salutiamo con piacere i 100 anni della Cantina Sociale di San Michele Appiano, un traguardo che testimonia ancora una volta quanto la viticoltura altoatesina abbia da tempo imboccato un cammino qualitativo convincente.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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