Celebrazioni Armagnac a Roma: 700 anni hanno insegnato poco5 min read

Considerandomi a ragione ambasciatrice in Vaticano di Winesurf, il caro direttore mi ha spedito il 24 marzo a rappresentare la nostra rivista a Roma. Appuntamento alle 18 presso il Convento di Trinità dei Monti alla presenza dell’Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede.  (Essendoci un “collega” era ovvio che dovessi essere io a partecipare…)
Per quale motivo? Una delegazione ufficiale dell’Armagnac ha ricevuto dalle autorità vaticane una copia dei testi del medico francese Vital DuFour . Nei suoi scritti (datati 1310 e conservati dal 1531, anno della sua stampa, negli Archivi della Biblioteca Vaticana) Domini Vitalis de Furno, detto Maestro Vital DuFour, celebra le 40 virtù dell’Aygue Ardente, acquavite che porterà poi il nome della terra dalla quale ha avuto i natali, l’Armagnac. Quest’anno quindi l’Armagnac festeggierà 700 anni di storia, facendone di diritto il più antico distillato francese.

Ma veniamo all’evento: la location era di una bellezza emozionante! Presentazione e degustazione sono state infatti organizzate nel refettorio del Convento di norma chiuso al pubblico, affrescato da Andrea Pozzo sul tema delle Nozze di Cana.
In degustazione un numero decisamente limitato di prodotti, ma di una gradevolezza e complessità capace di coinvolgere anche un ospite tecnicamente ignorante come me. Ti veniva voglia di comprarli tutti e goderti momenti di relax con un buon libro davanti ad un caminetto accesso.

Detto questo, fine degli applausi.
Cosa vuol dire? Vuol dire che non ho altro da aggiungere di positivo sull’andamento della serata. Ecco i fatti: appuntamento alle 18 e iniziamo alle 18,30 – siamo in Italia e quindi i francesi sembrano essersi adeguati ai nostri costumi. Adeguati fino ad un certo punto: sono francesi e pertanto parlano francese! Metà degli interventi infatti sono nella loro lingua madre, senza traduzione. Ad un certo punto, forse raccogliendo comprensibili mormorii di disapprovazione, si attiva un’interprete che ha tutta l’aria di conoscere bene entrambe le lingue, ma di certo non è una professionista e così non sempre il senso dei discorsi è perfettamente chiaro. A ciò si aggiunge che siamo costretti ad ascoltare restando in piedi, visto che ci sono solo tre… troni in fondo alla sala. Riesco a sedermi su uno solo perchè mi sono slogata una caviglia, nonostante una "gentile" madame francese tenti di soffiarmelo.
 
Non capendo il francese posso solo dire che una relazione, quella tradotta, ha presentato un po’ (anzi molta) di storia dell’Armagnac, le altre due, fatte (presumo, visto che li hanno presentati in francese) dall’Ambasciatore e dal Presidente del Bureau National Interprofessional de l’Armagnac che aveva promosso l’iniziativa “ri-presumo” abbiano avuto carattere politico. Tutto questo a me già bastava, ma a loro no. Parola di lupetto, quello che sto per raccontarvi è vero. Dopo le relazioni si è fatto avanti nientepopodimenoche…. la versione italiana del Capitano dei Moschettieri di Guascogna, senza spada e cappello ma con manto regolamentare e nel nome di D’Artagnan ha nominato tre nuovi moschettieri. I tre (anche loro non certo cadetti alle prime armi..) dopo la nomina, non hanno che potuto gridare in coro, come da tradizione: "Tutti per uno, uno per tutti!". Sic.
 
Tutti, ma proprio tutti felici – anche se per motivi diversi – per la conclusione della cerimonia, siamo passati alla degustazione così orchestrata. Un tavolo a lato della sala, un sommelier, 80-100 ospiti e 12-13 prodotti diversi. Chiedo quante siano le aziende presenti (mi sembrano poche le bottiglie in degustazione) e mi rispondono: "Otto, di cui alcune con più di un prodotto". Ma quanti sono i produttori di Armagnac? Chiedo l’elenco dei prodotti in degustazione e mi rispondono: "Adesso non lo abbiamo, arriva più tardi". Di grazia, quando? Quando tutto sarà finito?
Infatti avevano promesso che stamattina mi avrebbero inviato il suddetto elenco, ma siamo nel secondo pomeriggio e ancora non l’ho ricevuto (Francia e Italia hanno lo stesso fuso orario?).
 
L’intento della serata – assolutamente condivisibile – sembrava essere quello di contribuire ad affermare l’Armagnac come un prodotto di alto livello qualitativo, con  storia e tradizioni che hanno saputo superare le traversie dei secoli giungendo a noi nella loro grandezza originale.
 
Allora qualcuno può spiegarmi perché, invece di calici di  Armagnac venivano serviti tre cocktail, chiamati ovviamente Athos, Porthos e Aramis, il cui compito era solo quello di nascondere il gusto dell’Armagnac?  Athos era verde e composto da una piccola quantità di Armagnac, passato di banana, curaçao e limone. La mia assistente si è sacrificata per la causa e l’ha assaggiato. Dopo è venuta da me con aria innocente e mi ha ingannata dicendomi: "Senti come è buono, assaggia.” Ha rischiato il licenziamento in tronco! Un altro era arancione e il terzo si preparava con succo di fragola, il che giustificava, forse, il suo colore rosso. Ci scuserete se non li abbiamo assaggiati, nemmeno per amore del nostro direttore e dei nostri ancora più amati lettori.
 
Ah! Dimenticavo un dato positivo. Nella cartella stampa alla voce "I vitigni" si leggeva  testualmente: "Il Saint-Emilion, detto anche Ugni blanc, è attualmente il vitigno più diffuso. Originario dell’Italia corrisponde al Trebbiano, ed è anche dominante nel Cognac (…)".
 
Dato che in Toscana qualche problemuccio per la presenza del Trebbiano nei vigneti c’è ancora ne suggerisco un uso più proficuo. No, non farci un distillato tipo l’Armagnac, ma piuttosto per venderlo ai francesi. In tempi di crisi "tutto fa brodo" …

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE