Cannibali in Côte d’Or. Seconda parte6 min read

La prima parte di questo articolo è stata pubblicata qualche giorno fa. La troverete a questo link

Andando verso la Route des Grands crus, si incontrano altri due lieu-dit: Meix-Bas (non mi risultano produttori che lo propongano individualmente) e Champ, facenti anch’essi parte della Côte St. Jacques. Champ è-almeno sulla carta- un altro dei lieu-dit “top” di Brochon. Affacciato sul lato destro (scendendo verso Gevrey-Chambertin) della  Route des Grands Crus, continua fisicamente, nel territorio comunale di Gevrey, col nome di En Champs.

Attenzione ai nomi, che in Borgogna ricorrono frequentemente con differenze apparentemente insignificanti (Champonnet, Champaux…). L’unico a proporre- a quanto mi risulta- un Gevrey village proveniente esclusivamente dal lieu-dit di Brochon è il Domaine Gilles Duroché, nel quale il figlio di Gilles, Pierre, ormai una nuova star della Côte d’Or, produce un Gevrey- Chambertin Champ da vigne vecchie di 50-60 anni (suoli à entroques e marne sabbiose) di ottimo spessore: naso floreale e frutti scuri, è un Gevrey molto elegante  e con una bella tensione, tra i migliori prodotti a Brochon.

Sono invece numerosi i Domaines che commercializzano proprie etichette come Gevrey-Chambertin “En Champs” (tra  gli altri Geantet-Pansiot, Denis Mortet e  Drouhin-Laroze), evidentemente da parcelle situate sul lieu-dit del comune di Gevrey .

Oltrepassando la Route des Grands crus, in direzione della Route Nationale, più o meno all’altezza del Parc Crébillaud, nel quale è situato il Castello di Brochon , ci sono altri due lieu-dit di buon valore.

Il più conosciuto è Les Jeunes Rois. Castagno ci informa puntualmente che i re non c’entrano nulla e che si tratta di una semplice corruzione di “raies”, una radice più rurale che regale, che significa “vomeri”. Subito accanto è Le Créot.

Entrambi danno vini  gourmand e  di  razza, ma, rispetto all’altro lieu-dit ,  Les Jeunes Rois ha il vantaggio di essere proposto come cru  singolo da più produttori e più conosciuti: René Bouvier, Gilles Duroché, Geantet-Pansiot, Tortochot.

Abbiamo recentemente riassaggiato quello del  Domaine René Bouvier. Un tipico “vin de bouche”, come piacciono a Bouvier, ricco e strutturato, frutti neri  al naso, tannini solidi ma vellutati,  una bella chiusura. Troppo presto per giudicare quello dell’annata 2017, assaggiato da un campione di botte, più convincente il vino dell’annata 2015, che appare fresco e balsamico, nonostante l’annata molto calda, ha potenza e muscoli come ci si attende da un vino di Gevrey, adatto ad accompagnare  carni rosse e a selvaggina. Bene sull’immancabile boeuf bourguignon che vi proporrà implacabilmente qualsiasi ristorante della zona.

Proviene da una parcella di 1 ettaro circa, dell’età in media di 45 anni, esposta a sudest, tra 282 e 295 m. di altitudine, con una pendenza media dell’8%. I  suoli sono spessi, poggianti su un sottosuolo marnoso costituito da marne sabbiose del Giurassico. Per il  50% fermentato con i raspi, questa  avviene con lieviti indigeni, poi il vino si affina per circa un anno in pièces borgognone, nuove per il 20% e sei mesi in cuves: ai minimi l’aggiunta di solfiti.

Quanto a Le Créot, ci risulta assai meno frequente come cuvée parcellare. E’ però presente in cuvée che assemblano vini di lieu-dit differenti, come è  anche il Gevrey-Chambertin “Racine du Temps  Très Vieilles Vignes”di Bouvier, un  blend di Le Créot e del  Pince-Vin, un piccolo lieu-dit situato nel comune di Gevrey ma poggiante sul confine con Brochon (di fatti è contiguo a Le Billard). Più calcareo il suolo de Le Créot (ciottoli su zoccolo roccioso), marnoso quello dell’altra parcella, si armonizzano perfettamente nell’assemblage. Il Racine  2015 è un vino ricco , con la potenza e la densità dei vini di Gevrey, ma senza alcuna rusticità, bella sapidità minerale . Ha  profondità e  lunghezza proprie di un Premier Cru, è meno muscolare e più elegante del Jeunes Rois, più adatto ad una cucina più elaborata .

Bernard Bouvier

Le vigne impiegate per questa cuvée, come ricorda il suo nome,  sono molto  vecchie, superando i 90 anni di età. Acquisite da Bouvier nel 2001, hanno esposizione a sud-sudest, sono  situate ad un’altitudine compresa tra i 274 e i 296 metri, con una pendenza media leggermente più bassa di quella del Jeunes Rois.

Al timone del Domaine dal 1992, Bernard ha spostato il suo centro da Marsannay portandolo (naturalmente) sul confine tra Brochon e  Gevrey-Chambertin, dove, dal 2006,  può disporre di una nuova e più moderna cuverie.   Poco più che cinquantenne, è oggi uno dei nomi nuovi della vitivinicoltura della Côte de Nuits :  dopo aver consolidato  e ampliato  le vigne   accumulate nel corso di quarant’anni dal padre René, portandole da 12 a 17 ha., in 20 appellations, ha recentemente acquisito anche quelle del fratello Régis . La conduzione è biologica certificata dal 2013, i metodi di vinificazione sono tradizionali, volti ad esaltare la diversità dei differenti terroirs, è stato notevolmente alleggerito l’apporto del legno nuovo, a cui  si sono aggiunti recipienti di diverse dimensioni e materiali (demi-muids,  uova di cemento).

Quanto agli altri lieu-dit di Brochon inclusi nell’AOC Gevrey-Chambertin, si tratta di parcelle di ridotte dimensioni che non mi risulta siano vinificate separatamente col proprio nome, ad eccezione di quello più esterno, praticamente poggiante sulla Route Nationale, Le Billard (o En Billard) , che è anche quello di dimensioni più cospicue ( il Domaine Alain Burguet e il Domaine Jérome Galeyrand) e de  Les Croisettes (o En Croisettes, secondo l’instabile preferenza del produttore),  confinante con la sezione inferiore de Les Jeunes Rois, praticamente sul confine con Gevrey-Chambertin. Quest’ultimo, oltre che in assemblage con altri lieu-dit, è proposto, a quanto mi risulta, in cuvée singola dallo Château de Marsannay e dal già citato Domaine Galeyrand , ma non ho ancora  avuto  il piacere di assaggiarli.

Jean-Louis Trapet

A conclusione del nostro servizio su Brochon, voglio accennare all’assaggio di uno dei miei Gevrey Villages preferiti, l’Ostrea del Domaine Jean-Louis Trapet. “Ostrea”, come La Racine du Temps,  non è un lieu-dit, ma il nome  della cuvée,  e deriva  dalla ricchezza di fossili di ostrea acuminata che caratterizza le  parcelle che concorrono a produrla. Si tratta di due ettari e mezzo situati sul coteau di Brochon, a cavallo dei due comuni, facenti parte dei lieu-dit En Dérée- tra En Vosne e Champerrier nella zona nord del comune di Gevrey-Chambertin  (Denis Mortet e il Domaine Hersztyn  vi producono un Gevrey parcellare)- e Les Champs Perriers (o Champerrier) , dov’è la vigna più vecchia del Domaine Trapet, risalente al 1913. Questo lieu dit (con nome leggermente diverso, secondo l’uso borgognone, non troppo disciplinato) si trova per circa un terzo  nel territorio comunale di Brochon e per il resto in quello di Gevrey-Chambertin.

All’assaggio Ostrea risulta  intensamente floreale all’olfatto (violette, peonia), è fresco e fragrante, con note di frutti scuri e terra umida, sul palato è complesso e concentrato, finemente minerale, con una  tessitura tannica densa ma di grande finezza, lungamente persistente. Il 2012 è ora al top, 2014 può attendere ancora un po’.  Il Domaine Trapet è troppo conosciuto per richiedere una presentazione: il suo Chambertin e gli altri due grands crus, Latricières e il piccolo, prezioso Chapelle, sono ricercati dagli amatori di tutto il mondo. Trovandovi sul luogo, provate la rustica ma saporita cucina della “Table de Trapet” nella quale potrete assaggiare mangiando tutti i crus del Domaine e anche quelli del suo pendant alsaziano.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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