Campania Stories 2020: un sogno che si è realizzato5 min read

Una delle cose più “sfruculianti” di Campania Stories 2020 è stata per me immaginare… il passato. Non un passato lontano nel tempo, giusto qualche mese indietro, quando i miei amici di Miriade & Partners, appena usciti dal lockdown, si sono presentati negli uffici della Regione Campania e di un bel numero di aziende private per parlare di una degustazione pubblica di vino campano. Mi immagino le facce degli interlocutori…

Ma loro non si sono fatti scoraggiare e così è nata la prima manifestazione italiana sul vino dopo il lockdown. Non solo per i giornalisti italiani, ma per addetti ai lavori e appassionati.

Campania Stories, che si è svolta nei giorni scorsi nella cornice di Paestum, a pochi metri dai templi che il mondo ci invidia, ha presentato un’invidiabile numero di vini campani in una serie di degustazioni perfettamente organizzate, inframezzate da visite nei territori vitati di quella che è sempre più una Campania Felix del vino.

Sono praticamente appena tornato dalla manifestazione (che per la stampa è iniziata il 1 settembre e terminata il 4) reduce dall’ultima visita nei Campi Flegrei, dove un gruppo di produttori encomiabili sta cercando di far conoscere una realtà che niente ha da invidiare a zone italiche molto più blasonate, e butto giù le prime impressioni a caldo di questo evento sempre più fondamentale per riuscire a destreggiarsi nel difficile ma entusiasmante mondo del vino campano.

Un evento che ha presentato quasi 300 vini in degustazione (troppi per due soli giorni di assaggio, questo va detto) e di cui  parleremo prossimamente nella nostra guida e in articoli più mirati.

Alcune note generali però è giusto darle premettendo che non siano riusciti, visto il numero di vini e il tempo a disposizione, a degustare tutto.

Bianchi

Nei bianchi ci siamo dedicati esclusivamente a quelli a base greco e fiano, sia del 2019 che del 2018. In generale si sono dimostrati di alto e altissimo livello, confermandosi sempre più nel ristretto empireo dei grandi vitigni autoctoni italiani, sia come vini da bersi giovani (ma, se potete, fateli maturare almeno un anno) che con qualche o diversi anni di invecchiamento

Fiano 2019

Sono frutto di una vendemmia solare e ampia, che ha portato a vini già rotondi e con aromaticità schiette e ben delineate. Forse una paciosa rotondità in qualche vino fa pensare a una minor predisposizione all’invecchiamento, ma comunque la semplice bontà di alcuni 2019 ci porta a dire che invecchiare bene non è tutto nel vino. E che “cogliere l’attimo” (che per questi vini può durare sui 2-3 anni) è forse la strada migliore da seguire. Dobbiamo però fare un distinguo importantissimo. Quanto detto sopra si riferisce ai Fiano di Avellino mentre gli altri Fiano, provenienti da altre denominazioni (Paestum, Cilento, Sannio, colli di Salerno) ci sono sembrati mediamente molto meno incisivi.  Voto 8

Fiano 2018

Qui siamo un po’ in difficoltà perché andremo nel senso opposto a quello segnato dagli articoli di colleghi che conoscono la Campania molto meglio di noi, però non ci sentiamo di unirci al coro degli osanna non tanto per la vendemmia 2018 ma per come è stata interpretata da alcune cantine. Queste,  sicuramente di alto livello, hanno presentato vini molto particolari e di difficile lettura, se non si passano per buoni aromi e caratteristiche gustative che da altre parti e in altre situazioni verrebbero viste in maniera diversa e con minor bonomia. Forse qualche vino non era al top (e quelli al top, vi garantisco, hanno dimostrato quanto possa dare la vendemmia 2018), forse hanno bisogno ancora di tempo, ma sotto sotto alcuni di quelli che vengono chiamati “vini bandiera” stanno diventando forse troppo autoreferenziali, troppo avvitati in una loro interpretazione non del territorio ma dell’idea di se stessi, seguendo strade che certe volte ci fanno sussultare. Voto (comunque) all’annata:  8.5

Greco 2019

Non possiamo che essere deliziati per vini che adesso hanno presenze aromatiche molto più chiare del solito, ma che danno il meglio di sé  con bocche vibranti, piene, dinamiche. L’accento tannico, tipico del greco, porta freschezza in un’annata non certo fresca e ci fa intravedere un futuro abbastanza roseo per questi vini e soprattutto per quelli che usciranno tra un anno. Precisiamo che anche qui ci riferiamo ai Greco di Tufo. Voto 8.5

Greco 2018

Questo è il luogo dello spirito dove tutti si trovano d’accordo con tutti! Non è possibile sbagliare o incontrare vini men che profondi, scoppiettanti, armonici. Un grande modo di essere vino. Una vendemmia che darà soddisfazioni notevoli anche in futuro. Voto 9

Rossi, ovvero Aglianico dell’Irpinia e Piedirosso dei Campi Flegrei

Anche tra i rossi abbiamo dovuto, visto il grande numero di vini, fare delle scelte e così ci siamo incentrati su Piedirosso dei Campi Flegrei e Aglianico dell’Irpinia (Taurasi e Campi Taurasini) .

Il primo è un vino/vitigno molto moderno con radici antiche, l’altro un vino/vitigno che potrebbe essere moderno ma che viene interpretato spesso in maniera superata, privilegiando troppo la profondità e la muscolarità a svantaggio di una dinamicità e complessità aromatica che servirebbe come il pane, specie quando ci andiamo a confrontare con i grandi rossi da invecchiamento, non solo italiani.

Non esiste un voto per l’annata perché oramai con l’aglianico in Irpinia  è saltato da tempo il riferimento temporale. Si parte da vini di 2 anni e si arriva a prodotti maturati 10 anni. Purtroppo quasi tutti sono accumunati dall’idea che l’Aglianico abbia una e una sola strada per andare avanti nel mondo del vino: quella appunto della concentrazione e dell’estrazione. Questa strada porta a vini massicci, troppo massici, che hanno bisogno di tanto tempo per perdere quello che forse non dovrebbero aver avuto. Un po’ come se prendessi un cucciolo di leone, lo crescessi per mandarlo a caccia e non lo facessi uscire di casa fino a quando non è diventato vegetariano. In alcuni casi si rischia l’assurdo e il mercato lo ha, purtroppo, capito.

Sui Piedirosso dei Campi Flegrei, siamo invece su una linea molto interessante, che comunque rispetta e mette in primo piano il vitigno sia nei vini giovani che in quelli maturi, seguendo un percorso che ha sempre la grande piacevolezza come scopo. Crediamo sia la strada giusta e quindi abbiamo deciso di dedicare a questo territorio un approfondimento futuro che, siamo sicuri, servirà per farvi conoscere vini che valgono molto di più di quello che costano e parlano una lingua precisa e comprensibile.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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