Brunello 2015: averne di vendemmie così! Anche se…4 min read

In questi giorni tristi e difficili ho ripensato a quando, dopo pochi giorni dall’inizio del lockdown di marzo intervistai Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino. Lui sosteneva che la speranza di vedere nuovamente Montalcino piena di turisti da tutto il mondo risiedeva soprattutto nella incredibile bellezza della campagna locale. Dopo aver assaggiato i Brunello 2015 dobbiamo, per fortuna, metterli al primo posto tra i motivi per tornare a Montalcino o comunque per, semplicemente stappare una bottiglia di Brunello in ogni angolo del mondo.

Dopo quasi 130 Brunello del 2015 dobbiamo alzare il tiro rispetto a  quanto detto durante Benvenuto Brunello 2020 e cioè che la 2015 non sarà magari l’annata più longeva del secolo ma sicuramente è una delle più armoniche, rotonde e godibili degli ultimi 30 anni.

L’andamento climatico poteva far pensare a vini anche troppo pronti e maturi, invece nella stragrande maggioranza dei casi siamo di fronte a vini che dietro una leggiadra prontezza nascondono stoffa e profondità, anche se traspare una latente “omogeneità qualitativa”.

Le diversità e le particolarità ci sono (per fortuna!) anche se più sfumate rispetto ad annate come 2006 e 2010, però i Brunello 2015 hanno una qualità media altissima: pensate che su 122 vini solo 20 (il 16.39%) ha ottenuto un punteggio inferiore agli ottanta punti. Rovesciando la frittata si può affermare che quasi l’85% dei Brunello 2015 è di buona se non ottima qualità.

Montalcino

Ma torniamo sulle differenze: il terreno a  Montalcino cambia di continuo e sarebbe quindi logico ritrovarsi davanti a vini che potenzialmente hanno tutti lo stesso comun denominatore, cioè il sangiovese, ma declinato secondo le caratteristiche dei vigneti di ogni singolo produttore. Sarà che oramai tanti produttori hanno vigneti in varie parti del comune, sarà che agronomicamente e enologicamente parlando tutti hanno fatto grandi passi avanti , ma se c’è un “problema” a Montalcino è che i vini si assomigliano abbastanza e la vera differenza non credo la faccia tanto il “terroir” ma l’altezza a cui hai il vigneto. Vini con caratteri particolari ci sono ma molti meno rispetto, per esempio, a una zona concorrente come quella del Barolo.

Se vogliamo proprio dirla tutta le Selezioni 2015 (buonissime!) rispetto ad altre annate non hanno puntato sulla diversità strutturale ma su una maggiore pienezza e peso del vino al palato: meno caratterizzazione più potenza. Forse le differenze si vedranno andando avanti negli anni ma adesso, specie se le vendemmie si dipaneranno in un clima mediamente più caldo, il vero rischio per Montalcino è, come detto una “positiva omologazione” una “altissima qualità con poche diversità”. Questo potrebbe anche essere un vantaggio, però…

Prima di chiudere il discorso Brunello (quest’anno le riserve erano praticamente inesistenti perché figlie della “piccola annata” 2014) apriamo una parentesi sui prezzi dei vini, che ci sembrano schizzati verso l’alto come mai. Solo un gruppo di cantine (quasi tutte di famiglie contadine alla seconda o terza generazione, sarà un caso?) hanno conservato prezzi abbordabili, il resto del gruppo non solo ha alzato il prezzo del Brunello “base” attorno ai 40/45 euro in enoteca ma si presenta con cifre a due zeri per quanto riguarda le selezioni. Ognuno è libero di fare le scelte commerciali che vuole ma sinceramente mi sembrano cifre poco in linea con l’attuale clima.

Veniamo al Rosso di Montalcino 2018 e purtroppo dobbiamo prendere anno che l’annata non è stata  favorevole: nasi non certo intensi e compiuti, bocche leggere e spesso scariche hanno fatto da contrappunto al nostro assaggio. Visto che erano alcuni anni che notavamo una crescita di questa tipologia, senza dubbio la vendemmia ci ha messo del suo. Una buona fetta dei vini ha comunque belle caratteristiche di rotondità e freschezza, ma l’andamento generale ci crea un’aspettativa non certo positiva per il Brunello 2018.

In chiusura la solita esternazione rivolta a chi pensa che i nostri risultati arrivino troppo tardi. Vogliamo far notare due cose: la prima è che le guide italiane cartacee sono in commercio da poco tempo e le premiazioni sono state fatte da pochi giorni, la seconda (molto più importante) è che, Covid a parte purtroppo, questi vini sui nostri mercati cominciano ad essere bevuti adesso e quindi reputiamo importante dare giudizi “freschi”, avendo degustato i Brunello da poco più di un mese e non da 3-4 o addirittura quasi un anno fa.

Li abbiamo degustati al Consorzio del Brunello e per questo ci sembra giusto ringraziarlo per l’aiuto datoci.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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