Brevi considerazioni in margine al pericolo corso in Russia2 min read

Le sanzioni emesse da Putin sull’agroalimentare italiano, oltre a creare grossissimi problemi economici ad una bella fetta del settore, hanno fatto venire i sudori freddi a moltissimi produttori di vino italiani.

 

Il pericolo di un blocco delle esportazioni di vino  verso la Russia, vista la situazione in Ucraina,  è comunque ancora tremendamente reale. Qui non voglio però parlare di cosa potrebbe succedere se il vino italiano non potesse più entrare in Russia, ma del perché proprio il vino è stato risparmiato dal blocco che ha colpito decine di generi alimentari.

 

Potrebbe sembrare stupido affermare che il vino non è un prodotto alimentare, ma forse una sua verità questa frase ce l’ha.

Il vino non solo non è più un prodotto puramente alimentare come lo era per i nostri nonni ma è mix di altre cose. Porta con se un’immagine che è un misto tra la visione bucolica della campagna e l’odore dei soldi, quelli che ci vogliono per far funzionare a dovere ogni cantina.

 

Anche se sono finiti gli anni in cui industriali italiani compravano o facevano nascere dal nulla aziende vinicole pensando di fare soldi in tre anni, all’estero l’appeal per il vino e la campagna italiana (unito a notevoli plusvalenze accumulate in altri settori) ha portato molte società straniere ad acquistare aziende vinicole. Molte di queste società sono russe e forse è solo grazie a questo non trascurabile dettaglio che per adesso il vino italiano si è salvato. Come accennato prima non so quanto potrà servire se la situazione internazionale peggiorasse, ma per adesso il mondo del vino italiano potrebbe almeno provare a fare qualche seria considerazione da quanto accaduto.

 

Oramai il vino italiano, se vuole vivere e prosperare, deve essere per forza conosciuto, venduto e apprezzato principalmente all’estero. Deve divenire molto più di adesso uno strumento per far prosperare i produttori italiani, tanto da invogliare investitori esteri ad impegnare capitali importanti nelle nostre ( o in nuove) aziende vinicole. Il vino è un prodotto che tira e attira e sarebbe quindi giusto che il governo gli dedicasse maggiori attenzioni, del resto è anche uno dei settori che sente meno la crisi.

 

Ma per permettere al vino italiano di muoversi meglio all’estero ci sarebbe bisogno di idee e progetti generali e condivisi e non di una microframmentazione di eventi e iniziative che, proprio perché alla fine dei salmi non sono quasi mai dei flop, fanno capire cosa potrebbe succedere se venissero organizzate con stili, presenze e disponibilità diverse.

 

Un evento di grande portata e impegno finanziario sarà sicuramente Expo 2015 e spero possa servire a far conoscere meglio il vino italiano al mondo. Detto questo, non conoscendo assolutamente come verrà gestito lo spazio vino (so solo che ci penserà Vinitaly) resto in attesa e incrocio le dita.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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