Bio, Simbio o Conve?4 min read

“Biologico, simbiotico, convenzionale: quale stile per una viticoltura davvero rispettosa della natura” questo il lungo titolo di una tavola rotonda svoltasi a Monticchiello domenica 12 luglio nell’ambito dell’Aurora Festival, incontro annuale all’insegna della natura che quest’anno aveva per titolo: “L’Albero della vita”.

 

L’incontro ha visto impegnati tre viticoltori di grande professionalità, ma soprattutto di incredibile valore dal punto di vista umano, che hanno saputo spiegare e motivare le proprie scelte nel rispetto vero gli uni degli altri e  ognuno per il proprio lavoro e per quello degli altri.

 

Ecco i relatori attraverso la presentazione fatta durante l’introduzione.

 

·         Marco Capitoni – vitivinicoltore ORCIA DOC.  Il rispetto della natura è, per Marco, uno stile di vita prima di essere un metodo di conduzione dei vigneti. La sua famiglia coltiva la terra da sempre e quindi è istintiva in lui la cura di ogni particolare per tramandarla integra alle generazioni future.

 

·         Francesco Iacono – Enologo e agronomo di Arcipelago Muratori. L’attenzione e la cura verso la natura ha portato L’Arcipelago Muratori (di cui Francesco è tra i massimi ispiratori) a sviluppare il metodo “simbiotico” di conduzione dei vigneti che si basa sul principio di una “vitis sana in terra sana”. Il fine è il potenziamento della vita e della vitalità microbica del terreno quale indispensabile obiettivo per una sana coltivazione della vite.

 

·         Stefano Rende – Titolare “Agrivite Valdichiana” società di gestione agronomica. La capacità di far coincidere costi, benefici e rispetto della natura ha permesso a Stefano di vedersi affidata la conduzione dei vigneti di alcune tra le più note aziende vitivinicole di Denominazioni di grande prestigio come il Brunello di Montalcino, il Vino Nobile di Montepulciano ed il Chianti Classico.

 

 

La sottoscritta ha avuto funzione di coordinamento, ponendo alcune domande un po’ provocatorie per cercare di far uscire allo scoperto pregi e difetti di ognuno di questi stili di conduzione agronomica, o di “cura della vite” come la definisce Francesco Iacono.

 

Ne è scaturito un confronto assolutamente costruttivo dove ha fatto da padrone il desiderio comune di lavorare bene con la massima attenzione al prodotto finale, ma anche alla necessità di adottare tecniche che rispettino l’ambiente, l’uomo, le generazioni future.

 

Infatti nessuno dei tre decide di trattare un vigneto chimicamente, ma anche biologicamente, con superficialità o leggerezza. Ognuno di loro valuta pro e contro dal punto di vista della qualità del prodotto finale, ma anche del rapporto costi-benefici e soprattutto della effettiva necessità di intervenire.

 

Insomma nessuno di loro fa più quelli che un tempo definivo (quando al Consorzio del Vino Nobile proponevo ai soci la lotta guidata),  “i trattamenti alla paura”, cioè quei trattamenti fatti solo per paura che la malattia si sviluppi, senza sapere effettivamente se esistessero le condizioni.

 

Tutti bravi? Tutti buoni? Tutti belli? No perché ogni sistema ha pregi e difetti che ben hanno presentato i relatori, ma questa nuova consapevolezza che sia necessaria una cura di fondo, un’attenzione alla natura, un senso di responsabilità rispetto al bene comune si sono affermate con forza ed i valori umani l’hanno fatta da padroni.

 

Mi sembra di poter affermare che quando un produttore è cosciente del potenziale distruttivo o costruttivo che ha in mano, il lavoro che fa tiene conto di tutti i fattori.

 

Così Francesco Iacono, colpevolmente lasciato solo nella sperimentazione dagli Enti che invece sarebbero preposti a fare ricerca, sa bene che in annate come il 2014 il suo metodo non è ancora abbastanza sperimentato da potervisi affidare al 100%.

 

Allo stesso modo Stefano Rende, che deve rendere conto della qualità delle uve ai produttori che gli affidano i suoi vigneti, è attento a fare trattamenti solo quando ce n’è effettivamente bisogno sulla base di parametri scientifici provati.

 

Così come Marco Capitoni che ha scelto non il biologico, ma la lotta integrata, ricorre ai trattamenti solo dopo aver lavorato manualmente in vigna in modo da prevenire le malattie ed usare la chimica solo nei termini meno invasivi possibile.

 

Ognuno teso e proteso verso una viticoltura sostenibile, hanno tutti affermato con convinzione che qualunque metodo si usi il segreto è vivere la vigna davvero!

 

Che bello veder gente che tira fuori il meglio di se quando lavora.

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


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