Bianchi friulani DOC: eccovi Sauvignon e Pinot Grigio4 min read

Ed eccoci alla terza ed ultima parte dei nostri assaggi friulani. Chi si fosse perso le due puntate prededenti, dedicate rispettivamente a friulano e ribolla la prima, chardonnay, uvaggi, pinot bianco e malvasia la seconda, può trovare qui la prima e qui la seconda.

 

Pinot grigio: il vitigno coatto che dopo tutto…

 

Non a caso inseriamo il commento ai pinot grigio dopo che ieri abbiamo parlato dii chardonnay: i vini da questo vitigno iperpiantato e superstandardizzato  nel triveneto e non solo, sono risultati nei nostri assaggi molto più gradevoli e sicuramente immensamente meno noiosi degli chardonnay, spesso tanto blasonati.

In effetti il pinot grigio nelle zone vocate del Friuli è un vitigno per niente scontato e standardizzato e porta a vini concreti e profumati, spesso quasi “tannici”  e comunque  in annate buone di bella grassezza. Soprattutto non si assomigliano come gocce d’acqua: quelli del Collio sono sempre più opulenti e maturi al naso, mentre nei Colli Orientali hanno una maggiore freschezza e linearità gustativa.

Anche nel 2017 (e per i campioni degustati del 2016), pur non essendo “vini da sogno”, diversi  pinot grigio hanno mostrato o rustica pienezza o lineare freschezza, con belle diversità e piacevolezze non di maniera. Un vitigno che punta al sodo, magari un po’ “coatto”, di scarsa finezza,  ma alla fine il suo risultato lo porta a casa.

Voto medio al pinot grigio 2017: 6+

Altre uve (per non parlar di glera)

 

Queste poche righe non per parlare del “Convitato di pietra” glera, ma di vini da uve aromatiche o semiaromatiche che abbiamo degustato. Rispetto a qualche anno fa il traminer aromatico ha fatto passi da gigante, anche in zone considerate meno vocate come le Grave. Intensità, pulizia e rispondenza aromatica, che in una vendemmia come la 2017 non sono certo una cosa facile, erano presenti in diversi vini e questo non può che deporre a favore della bravura dei produttori friulani, però…

C’è un però e, senza voler colpire la libertà di pensiero e di azione dei produttori locali, ci chiediamo perché, con tante uve a disposizione ed in particolare un’autoctona “simile” come la malvasia, si senta il bisogno di coltivare un vitigno che in Italia riporta immediatamente ad un’altra regione. Come detto i risultati sono mediamente buoni ma il dubbio  rimane.

Sul fronte riesling ne abbiamo degustati così pochi che non possiamo parlarne se non per sottolineare la bravura di un produttore che, da anni, presenta uno dei migliori riesling italiani. Chi è? Andate a vedere la degustazione  e lo scoprirete.

Sauvignon: la piacevole quiete dopo la tempesta

 

Chiudiamo con il vitigno “croce e delizia” dei produttori friulani. Lasciamoci definitivamente alle spalle l’affare sauvignonopoli e parliamo subito della 2017, interpretata in maniera diversa a seconda delle zone e delle caratteristiche climatiche.

Nei Colli orientali abbiamo trovato sauvignon  con nasi “anche troppo” fini ed eleganti vista l’annata calda. Questo ci ha fatto molto piacere, come ci hanno lasciato belle sensazioni i sauvignon del Collio, sicuramente più maturi al naso e rotondi in bocca. L’isonzo è più in linea con la finezza aromatica dei Colli Orientali, con alcuni campioni “hors categorie” che danno l’idea di cosa possa arrivare a produrre questa terra.

Mediamente quindi una buona declinazione e interpretazione dell’annata, anche se sulla tenuta nel tempo non ci pronunciamo.

Voto medio al sauvignon 2017: 7.5

 

In chiusura

 

Sia per il sauvignon che per altre uve importanti come il Friulano ci sentiamo di lanciare un “sasso in piccioniaia” sulla tenuta nel tempo. Non ci sembra che i vini d’annata,  prodotti negli ultimi 5-6 anni  nelle zone friulane più vocate siano (generalmente) diventati più longevi. Sono migliorati sicuramente  ma non in questo senso, importantissimo invece per il mercato di qualità.

Assolutamente non importante invece, almeno secondo noi, è il “problema alcolico”: molti produttori di fronte alla domanda “quanti gradi è?” cominciano ad arrampicarsi sugli specchi e a cercare scuse per una gradazione spesso superiore ai 13.5/14 gradi.

Per noi questo è un falso problema: in Friuli ci sono vini molto alcolici il cui alcol non si percepisce e vini con gradazioni normali che sembrano vicini ai 16°. Tutto sta nel come nasce il vino, nella bravura del produttore di “usare la frizione” nel modo giusto.

Con l’aumento medio delle temperature preoccuparsi dell’alcol alto è il modo sbagliato di affrontare il problema: torniamo all’esempio automobilistico per  spiegarci. Se la mia auto aumenta di potenza devo cercare di adeguare carrozzeria, sospensioni, freni  e quant’altro, non certo  mettere un tappo al tubo di scarico  o usare una benzina con meno ottani per depotenziarla.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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