Bianchi della Sardegna: la conferma del Vermentino Doc, ma la Vernaccia…2 min read

Oramai sono due anni che degustando i bianchi sardi la nostra attenzione si focalizza sui Vermentino di Sardegna Doc, che non solo spuntano punteggi sempre più alti ma perché aumentano sempre più i vini di buono/ottimo livello.

Sarà merito delle vendemmie, sarà merito dei produttori, sarà un mix delle due cose ma sia nel 2018 che nel 2019 i Vermentino Doc si sono rivelati veramente buoni e, specie nel 2019, con alcune note aromatiche molto più tipiche del solito. Rimanendo sui 2019 ci sono sembrati leggermente più strutturati e profondi dei cugini del 2018. Quindi una buona vendemmia in generale!

Buona anche per le altre uve, pur se il numero minimo di campioni degustati non ci permette di parlare con cognizione di causa. Ci permettiamo comunque di fare un piccolo inciso sui Vermentino di Gallura, dove abbiamo trovato cose buona ma anche vini pretenziosi, muscolari, non certo di facile beva e senza la caratteristica sapida freschezza che garantiva anche una buona conservazione. Solo in un punto erano di ottimo livello, sulle note aromatiche molto “sarde”, dove la macchia mediterranea la fa da padrona.

Quando finiamo di degustare i bianchi sardi siamo sempre un po’ tristi perché l’assaggio, visto che partiamo dai più giovani andando indietro nel tempo,  si chiude sempre con vini di una profondità sbalorditiva e di una bontà assoluta, che però vengono sistematicamente ignorati dalla stampa e soprattutto dal mercato: le Vernaccia di Oristano.

Le loro gamme aromatiche sembrano attingere giovinezza dal tempo, la loro struttura e il loro corpo se ne strafregano degli anni che passano. I risultati sono sempre vini indimenticabili ma dimenticati dal mondo, quando invece dovrebbe esserci la coda fuori dalle cantine.

Siamo di fronte a un vino che ha bisogno di tempo, che ha cadenze antiche,  ma proprio per questo dovrebbe, in un mondo frenetico, essere usato come gustoso freno inibitore, come profumatissima ancora di salvezza, come dorato mezzo  per lasciar andare libera la mente mentre si sorseggia un liquido che parla una lingua molto diversa da quella della strastragrande maggioranza dei vini in commercio.

Vorremmo creare un club “Quelli che almeno una bottiglia di Vernaccia di Oristano all’anno la bevono”, chi si iscrive?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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