Bianchi campani: 2023 annata difficile ma c’è “bontà diffusa”8 min read

Prima di parlare della degustazione dei bianchi campani devo raccontarvi una storiella a lieto fine. Quest’anno, per motivi di salute non proprio sorvolabili, non sono potuto andare a Campania Stories, la bellissima nonché unica manifestazione che presenta in toto il vino campano alla stampa nazionale e internazionale.

Visto che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo nessuno di Winesurf ha potuto sostituirmi per tutto il periodo e quindi ci siamo ritrovati senza avere uno straccio di degustazione da pubblicare nella nostra guida. A quel punto è scesa in campo (vorrei dire dal cielo ma rischio di esagerare) “San” Miriade & Partners, cioè gli organizzatori di Campania Stories: mi sono rivolto a loro chiedendo una cosa che pensavo impossibile e cioè di mandarci una bottiglia di ogni vino bianco e spumante presente alla manifestazione. Una richiesta che io per primo ritenevo inattuabile, ma con Diana, Serena e Massimo  l’impossibile non esiste: non solo ci hanno inviato una bottiglia di ogni vino richiesto e presente a Campania Stories 2024, ma hanno scritto alle cantine di cui non avevano più campioni, per farceli inviare direttamente in ufficio.

Morale della storia: non solo abbiamo ricevuto tutti i bianchi e gli spumanti di Campania Stories ma, non avendo problemi di tempo, abbiamo potuto per la prima volta farci un quadro completo di tutta la produzione in bianco (e in bollicine) campana e non solo, come accaduto varie volte, solo di Fiano di Avellino e Greco di Tufo.

Vorrei che i produttori campani facessero tesoro di questa storiella perché, per quanto mi risulta non esiste in Campania ente o consorzio che interagisca in maniera perfetta con la stampa e sia talmente organizzato da raccogliere e spedire centinaia di campioni. Quindi grazie, grazie, grazie a tutta la giovane brigata di Miriade&Partners.

Vigneto del Sannio, dove si è svolta l’edizione 2024 di Campania Stories.

L’annata 2023

Molto eterogenea e con la peronospora che ha colpito forte, anche perché piogge continue a primavera hanno reso praticamente impossibile, in varie zone, entrare in vigna per trattare. Su questa base ci sono poi, appunto, eterogenee differenze che hanno portato anche a buoni/ottimi risultati. Quest’ultimi in gran parte li “toccheremo con bocca” a partire dall’anno prossimo, perché oramai è chiaro che, specie nelle DOCG bianche campane, il meglio esce sempre dopo uno/due anni. La riprova è venuta sia dai Vini Top, ben 12 ma solo 2 dell’annata 2023, che dalle valutazioni totali che hanno quasi sempre visto con i voti più alti vini di annate precedenti. Questo, ammettiamo, succedeva anche negli anni scorsi, ma avendo fatto “a tappeto” i bianchi campani, con l’annata 2023 è risultato ancor più evidente.

Greco e Greco di Tufo

Oramai che il Greco di Tufo possa invecchiare bene non è una notizia, è una certezza e in tanti casi una necessità. Certezza perché non esiste un Greco di Tufo che non migliori appena dopo due anni dalla vendemmia, necessità perché lo sviluppo agronomico e di cantina della stragrande maggioranza delle aziende irpine porta come bella conseguenza dei Greco di Tufo, più importanti, con strutture, corpi, acidità, concentrazione che solo il tempo riesce ad amalgamare. Lasciamo da parte le grandi performances con invecchiamenti di oltre 10 anni ma anche i nostri assaggi di quest’anno hanno mostrato un vino a due velocità: quella “di crociera” dei Greco di Tufo d’annata e quella “super” dei Greco di Tufo con 2-3-5-10 anni sulle spalle. La seconda non ha quasi niente a che vedere con la prima e secondo noi è quella che va tenuta di conto per parlare di questo vitigno.

Tufo

Se invece passiamo a parlare dei Greco di altre zone, in particolare del Sannio, il discorso invecchiamento cambia e infatti tra i migliori 2023 ci sono dei Greco provenienti da questa terra famosa per la Falanghina. Sono vini più immediati, meno profondi ma di buona piacevolezza: ottime alternative volendo bere dei Greco giovani. A proposito di Greco 2023, una delle cose che ci sono piaciute di meno è stata la mancanza praticamente assoluta, di quella classica “tannicità” che conferiva nerbo e profondità ai vini. Speriamo che il meglio abbia da venire.

Falanghina del Sannio, Falanghina dei Campi Flegrei, Campania Falanghina

Tra falanghina del Sannio, Falanghina dei Campi Flegrei e tante altre sparse dall’Irpinia al Casertano il quadro della Falanghina, non solo del 2023, è di un vino a due facce: la prima è quella classica, di vino immediato che, anche se in crescita francamente è la meno interessante, la seconda è quella di un vino che mostra una forte connotazione col territorio di origine e quindi  ha notevoli diversità, che si sviluppano meglio con alcuni anni di maturazione. Questo può accadere sia nel Sannio che nei Campi Flegrei ma con caratteristiche diverse: più eleganti nel primo caso, più esplosive e particolari nel secondo. Anche se quelle del 2023, pur figlie di una vendemmia non certo stellare, ci hanno convinto molto di più degli altri bianchi campani della stessa annata è stato andando qualche anno indietro che siamo restati realmente a bocca aperta, con due vini tra i migliori degustati quest’anno.

Vigneti nei Campi Flegrei

In definitiva il quadro sulla Falanghina è molto più positivo che in passato, anche perché, come sccennato pure quelle di annata sono fatte con maggiore attenzione. Un pericolo però c’è ed è la voglia di usare il legno per dare spessore alla Falanghina e che puntualmente “affloscia” il vino.  E’ un po’ come mettere gli scarponi da sci ad una ballerina di danza classica: invece del Lago dei cigni andrà in scena un lago di lacrime.

Fiano e Fiano di Avellino

Anche con il Fiano di Avellino, ma meno rispetto al Greco di Tufo, vale la regola che vede la 2023 piuttosto deludente. Però sarà la grande duttilità del vitigno, sarà la sua eleganza e rotondità, sarà quel che sarà ma i 2023 non sono poi così male, anche con una discreta freschezza e quindi ci aspettiamo belle cose nei prossimi anni. I migliori sono nella stragrande maggioranza dei casi del 2022 e a questo proposito ci fa grande piacere parlare dei Paestum Fiano che, pur con caratteristiche diverse e forse con minore serbevolezza, sono indubbiamente cresciuti fino ad arrivare tra i Vini Top.

Vigneti in Irpinia

Altri bianchi campani

Forse la degustazione più interessante e particolare perché ha spaziato veramente in tutta la regione, da sud a nord, toccando vitigni ritenuti secondari, DOC poco conosciute e territori completamente diversi. Diciamo che i risultati migliori si sono avuti sentendo “odore di mare”, ma in generale siamo rimasti soddisfatti dalla qualità media dei vini e dalla mano dei produttori che sempre meno incorrono in un errore del recente passato, cioè presentare il vino più importante dell’azienda coperto da legno. Ci permettiamo di far notare una cosa e cioè che in annate difficili come la 2023 (ma anche in quelle complesse che ormai regolarmente madre natura ci regala) avere a disposizione la possibilità di un uvaggio aiuta e non poco a portare a casa un buon prodotto. Forse dovremmo iniziare a riflettere sul fatto che il monovitigno  è una scelta anche reversibile e che, specie in zone meno conosciute, l’importante è il risultato finale e non se arriva da una o più uve di quel territorio.

Campania, non solo vino

Conclusioni

In conclusione i nostri assaggi hanno mostrato una regione “enoicamente in salute” che può superare tranquillamente annate difficili e che sicuramente ogni anno propone bianchi di alto profilo, con una tendenza all’allungamento delle maturazioni in cantina e alla longevità. Inoltre mantiene ancora intatta, forse più in tante DOC che nelle più importanti DOCG, una territorialità spiccata del vitigno. Per quanto riguarda le bollicine ne parleremo più avanti, quando arriverà il momento di tutti gli spumanti italiani.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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