Benvenuto Brunello 2024 con il Brunello 2020: il punto sull’annata4 min read

Un Benvenuto Brunello all’insegna di un vento freddo e di un cielo sereno ha presentato un’annata, la 2020, dove il cielo sereno d’estate è stata una caratteristica anche troppo imperante. Infatti andando a guardare i pluviometri attivi nella zona di Montalcino, nel 2020 si vede che da metà giugno la prima pioggia abbastanza importante (20 millimetri circa ) c’è stata il primo settembre e si è ripresentata dopo il 20 del mese proseguendo però per quasi per una settimana. Ma nei mesi estivi il caldo, con settimane torride tra fine luglio e prima decade di agosto,  hanno contraddistinto l’annata. Forse anche le piogge dal 20 al 24-25  di settembre possono aver influito, ma soprattutto sulle code di vendemmia perché il grosso era già stato raccolto prima.

Con la consueta perfetta organizzazione dei sommelier AIS la degustazione si è dipanata  in maniera ritmica anche se, a occhio, la presenza di giornalisti italiani e esteri mi è sembrata inferiore rispetto al passato. Inoltre alcune scelte organizzative del consorzio dell’ultimo minuto hanno creato non pochi mugugni.

Ma veniamo alla 2020, non prima di aver ricordato che in degustazione c’erano anche le Riserva 2019 (proposte praticamente da tutte le aziende), il Rosso di Montalcino 2023, e come comprimari Sant’Antimo e Moscadello.

La 2020 va inserita di diritto tra le annate calde e forse molto calde nonché siccitose, e questo ci porta subito a una delle caratteristiche importanti, l’alcolicità che in generale è marcata in tanti vini (ne abbiamo degustati quasi 90 su 127 aziende presenti) e purtroppo adesso si associa a dei tannini piuttosto asciutti, creando una sensazione non certo positiva. Stiamo comunque parlando di uova nel sedere della gallina, cioè di vini che usciranno tra 3-4 mesi e saranno bevuti nella stragrande maggioranza dei casi tra 10-11 e quindi avranno tutto il tempo per affinarsi. Altra caratteristica dell’annata, forse dovuta a uve un po’ squilibrate e quindi a vinificazioni fatte senza calcare troppo la mano, è il corpo non certo imponente di diversi vini.

Se questa è la linea generale andando più in profondità abbiamo trovato alcuni punti fermi per quanto riguarda la suddivisione per zone: per noi si tratta di una vendemmia suddivisa tra alto e basso e tra nord-est e sud- ovest: questo vuol dire che molte aziende con vigneti ad altezza dai 400 metri in su hanno potuto sfruttare sia le gli sbalzi termici giorno-notte, sia dei suoli leggermente più freschi. Inoltre le aziende in zone non alte a nord-ovest (verso Buonconvento per capirsi) hanno in buona parte prodotto vini di ottima finezza e con tannini di già bella rotondità, mentre la maggioranza di quelle a sud-ovest (cioè verso Sant’angelo Scalo) hanno mostrato tannicità più rigida e asciutta.

A scompaginare un po’ le carte c’è sempre la solita voglia di moltiplicare etichette con maggior valore aggiunto e di prezzo più alto: questo spesso porta i Brunello “base” a delle semplicità e rusticità eccessive.

Montalcino con la fortezza in primo piano

A proposito, per quanto riguardo le Selezioni abbiamo trovato, ma non sempre,  una maggiore intensità aromatica e una tannicità già più dolce, nonostante i legni marchino ancora questi giovanissimi Brunello.

Per il resto siamo di fronte a buoni vini, ma il tutto riportato in un’annata non certo top.

A questo punto qualcuno vorreste nomi e cognomi, ma come al solito li forniremo dopo i nostri assaggi del prossimo settembre, perché dare adesso un nome a diverse uova nel sedere di altrettante galline ci sembra ingiusto. Aspettiamo che il tempo, da sempre galantuomo, permetta a questi Brunello  di “tranquillizzarsi”e di arrotondare quella sensazioni asciutte e dure che adesso sono normali in diversi vini.

Se proprio ci dobbiamo sbilanciare vi diremo che su 90 Brunello 2020 degustati almeno 15 hanno avuto un punteggio da Vino Top e diversi altri ci sono andati vicini.

Se vogliamo metterci a fare un giochino di confronto con altre annate probabilmente la 2020 è abbastanza simile alla 2017 e alla 2012 ma con meno corpo, e sicuramente ha meno stimmate della 2019 della 2016 e della 2015.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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