Benvenuto Brunello 2021. Annata 2017: il paracadute ha funzionato!5 min read

Quando la data del 19 novembre uscì fuori per il Benvenuto Brunello creò sicuramente scompiglio nel mondo delle anteprime toscane (e italiane), però bisogna dire che dal punto di vista meteorologico il Consorzio del Brunello ci ha azzeccato alla grande. Una bellissima giornata di sole mi ha infatti accolto a Montalcino, lasciando verso il basso delle nebbioline incerte. Le poche foglie gialle ancora presenti sembravano crogiolarsi al sole e sinceramente mi sarei fermato volentieri, assieme a loro, in vigna.

Ma mi aspettava l’anteprima 2017 del Brunello e soprattutto mi attendeva un assaggio “in anticipo” da me mai azzardato, cioè almeno 4 mesi primi di tempi “classici” di febbraio (anch’essi anticipati, se vogliamo dirla tutta, ) per di più di vini figli di una vendemmia non certo facile .

A fine mattinata avevo assaggiato circa sessanta  Brunello annata e una quindicina di Selezioni, tutti del  2017, e la parola che mi è girata più in testa in questo tempo è stata “paracadute”. Se volessimo essere più precisi a questo termine aggiungerei  “vette e abissi”, nel senso che oramai le grandi zone viticole italiane si riconoscono perché cascano sempre in piedi: se la vendemmia 2016, definita grandissima, alla fine dei salmi non lo è stata, così la 2017, definita difficilissima, nei fatti per il Brunello non lo è stata e non ha portato a vini di scarso valore.

Tutto questo va preso col beneficio d’inventario perché assaggiare praticamente “en primeur” diversi Brunello che devono ancora uscire in commercio vuol dire porre l’attenzione più alla parte gustativa che a quella olfattiva, che quasi sempre si deve formare e dilatare. Quindi una specie di degustazione geosensoriale, con il palato chiamato a dirimere caratteristiche giovanili e proiettarle almeno ad un anno di distanza.

Quello che è venuto fuori è appunto l’effetto paracadute:, cioè l’idea che molti vini siano stati “portati in salvo” grazie alla maggiore esperienza, sulle annate calde, dei produttori di Montalcino (anche se le sfogliature totali a giugno ancora non riesco a digerirle). Gli stessi produttori però che erano  riusciti a rendere più  arrendevole e immediata la vendemmia 2016. Quindi più che di paracadute bisognerebbe parlare di range qualitativo alto, che in realtà e da alcuni anni non è mai realmente così alto ma mai, cosa forse più importante, basso.

Montalcino è forse entrata in un momento della sua storia dove gli andamenti stagionali (specie se tendenzialmente caldi) si assomigliano un po’ e magari conta più la mano del produttore che l’andamento climatico. Anzi, la mano del produttore riesce a mediare, quasi a indirizzare l’uva e il vino nonostante l’andamento climatico, grazie ad attenzioni viticole ed enologiche che si possono permettere chi vende le bottiglie come minimo a 20 euro.

Il filo conduttore della degustazione dei 2017 è che non c’è filo conduttore: si poteva pensare che le vigne più alte fossero in parte avvantaggiate e così è stato: une bella fetta di quelli da vigne dai 400/450 metri avevano tannicità più suadenti, magari a scapito della potenza, ma ce n’erano anche alcuni con sentori molto maturi al naso e tannini ruvidi e rustici. Al contrario tanti vini da vigne piuttosto basse e magari con forti componenti argillose avevano trame tanniche importanti ma ben gestite, pastose, piene.

Se ci poi ci mettiamo a parlare di versanti non ne usciamo, ma sinceramente questa suddivisione non mi ha mai convinto in pieno, 2017 o meno. Bisogna comunque ricordare un dato importante che forse può dare una mano a capire alcune differenze:  Il 2  settembre 2017, soprattutto la zona nord-est di Montalcino, fu benedetta da una pioggia provvidenziale che durò quasi due giorni e dette una grossa amno a molti.

Detto questo  riprendiamo le fila dei vini degustati: adesso non vi parlerò del Brunello di  tizio o di caio: non lo facevo nemmeno a febbraio figuriamoci se lo faccio quattro mesi prima. Se volete troverete online milioni di commenti “ad brunellum” e vi potrete sbizzarrire. A me interessava capire la vendemmia, per assaggiare e capire i vini c’è tempo.

Andiamo per punti.

Partiamo dall’alcol: quasi sempre importante ma in pochi casi decisivo per sovrastare le caratteristiche aromatiche, quindi possiamo definirlo abbastanza ben gestito. Voto 7-

Acidità/ freschezza: non certo una caratteristica dispensata a piene mani, però bisogna aggiungere che in pochi vini se ne è sentita fortemente la mancanza. Voto 6.5

Sapidità: questo è forse l’elemento meno presente e quei vini che ce l’hanno saranno, alla fine, quelli che faranno la differenza. Voto 5.5

Tannini: chi si aspettava tannini aggressivi e verdi rimarrà fortunatamente deluso (oddio, qualcuno c’è ma sono una nettissima minoranza), anzi diversi vini hanno una rotondità sicuramente coinvolgente, che sta portando verso una beva quasi immediata. Voto 7.5

Equilibrio: ricercarlo adesso è forse chiedere troppo ma non abbiamo trovato vini scissi, grazie anche all’alcol, che, come dicevo prima, è quasi sempre alto ma ben integrato. Voto 7+

Eleganza: non è certo l’annata dove ricercarla e quindi diamo la sufficienza di default: 6

Potenza: il vecchio detto pubblicitario “non c’è potenza senza controllo” si adatta benissimo all’annata: pochi vini iperestratti e muscolari, tanti vini che sono riusciti ad avere una potenza educata, che non potrà che migliorare nel tempo: voto 8

Invecchiamento: anche questa caratteristica non è certo primaria per questa vendemmia: diciamo 7-10 anni a partire da adesso, con punte che possono andare tranquillamente molto oltre: voto 6+

Selezioni (di vigna e non): gioie e dolori. Alcune veramente un livello sopra agli altri vini, altre spinte solo da alcol e tannini da domare. Le hanno prodotte in molti anche se forse l’annata non era la più adatta. Forse usare quelle uve per dare complessità maggiore al Brunello base sarebbe stata una scelta accorta, ma oramai il mercato va veramente oltre le vendemmie, adatte o poco adatte che siano. Voto: 6.5

Facendo quindi una media ponderata e considerando il momento estremamente anticipato dell’assaggio mi sento di dare un 7- alla vendemmia 2017 del Brunello.

Certo non una grande vendemmia ma neanche così tragica come si poteva immaginare.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE