Basile: una favola nel Montecucco tra passato, presente e futuro5 min read

Conoscete la favola di Petrosinella? La scrisse Giovan Battista Basile, pubblicandola nel 1634 all’interno della sua raccolta di fiabe Lo cunto de li cunti, detto anche Pentamerone.

 

Quasi 400 anni dopo, un altro Giovan Battista Basile, pronipote dello scrittore, non scrive favole ma produce vino in un posto da favola, il Montecucco. Siamo a pochi chilometri in linea d’aria da Montalcino  ma questo territorio, che sfocia in Maremma ed è alla base del verdissimo vulcano spento del Monte Amiata (nonostante abbia ottenuto la DOCG da anni) stenta a imporsi.

Così, assaggiando i vini del Giovan Battista di oggi e leggendo una fiaba del Giovan Battista di ieri mi sono venute in mente delle strane analogie, ma che forse proprio strane non sono.

Petrosinella, cioè  Prezzemolina , deve il suo nome al fatto che la mamma, mentre era incinta,  aveva rubato del prezzemolo dall’orto di un’orca.  Purtroppo era stata colta sul fatto e aveva dovuto promettere di consegnare la futura bambina all’Orca per avere salva la vita.

Veniamo ad oggi:  il sangiovese prodotto nel Montecucco  per anni è stato il “prezzemolo” che, dicevano le malelingue, si poteva ritrovare in altre denominazioni  molto importanti. Qualcuna, anni fa  è stata presa anche con le mani sul prezzemolo…

L’orca crea, con la magia, una torre dove rinchiude Petrosinella. La torre non ha porte e una sola finestrella da dove l’orca entra ed esce attaccandosi ai lunghi capelli della fanciulla.

Il territorio del  Montecucco , per me, continua a sopravvivere in quella che potrebbe essere una specie di torre quasi  senza porte, con grandi difficoltà di comunicazione enoica col mondo.

Un principe sente parlare di questa fanciulla rinchiusa, si avvicina alla torre, parla con Petrosinella affacciata alla finestra, e se ne innamora.

L’attuale Giovan Battista Basile (possiamo definirlo da adesso il nostro principe)  più di 25 anni fa arriva nel Montecucco, sconosciuto ai più e agli inizi dal punto di vista del vino imbottigliato,  si innamora del territorio e di un luogo dove tutto era da fare o da rifare. Ma invece di chiacchierare come il principe della favola  si rimbocca le maniche e comincia a piantar vigna, soprattutto sangiovese.  

Vigneti di Basile e panorama del Montecucco

Il Principe, “scalando” come l’Orca  la chioma di Petrosinella, entra nella torre e trova il modo, grazie a tre ghiande nascoste dall’Orca stessa, di fuggire con la fanciulla. Ma l’Orca scopre la cosa e si mette al loro inseguimento.

Probabilmente il nostro Giovan Battista Basile ha dovuto scoprire e soprattutto togliere più di tre ghiande per riuscire a piantare, allevare viti e produrre vino. E se il Principe della favola si è messo a correre per fuggire con Petrosinella, lui invece lo ha fatto fin da subito Ad Agio.

L’Orca (dotata di magia oltre che di resistenza alla corsa)  sta per raggiungerli ma Petrosinella lancia dietro di sé una delle tre ghiande e compare un cane feroce che però rallenta ma non riesce a fermare l’Orca.

Nel suo Ad Agio, sangiovese in purezza, Giovan Battista Basile cerca di mettere tutto se stesso ma purtroppo vuoi la vigna giovane, vuoi altri problemucci,  il vino (da sempre il “gran vin” della cantina) decolla con lentezza.

L’orca si riavvicina ai due giovani e allora Petrosinella lancia la seconda ghianda, che si trasforma in un ferocissimo leone, ma L’orca trova un modo per farlo scappare e continua nella sua corsa.

La vigna di Giovn Battista ha superato da tempo la prima foglia/ ghianda e i vini cominciano a conformarsi, ad avere le caratteristiche che si cercano nel sangiovese del Montecucco:  feroce  ma domabile e ancora inesperto rispetto al passare degli anni.

Giovan Battista Basile con la famiglia.

 

L’Orca è oramai arrivata nuovamente a pochi passi dai giovani e allora Petrosinella  lancia dietro di sé l’ultima ghianda, che si trasforma in un lupo il quale, senza dar tempo all’Orca di organizzarsi, in un sol boccone se la mangia. I due possono così arrivare tranquillamente alla reggia del principe dove si sposeranno e vivranno felici e contenti.

Giovan Battista, sempre ( al contrario dei due personaggi della fiaba)  Ad  Agio, Ad  Agio, prosegue nella sua idea di fare un gran sangiovese da invecchiamento. Nel frattempo di ghiande e di anni ne passano sotto i ponti  e chi narra questa storia si accorge che le annate più calde riescono a dare qualcosa in più in rotonda corposità al vino. Quindi si passa dalla 2006 alla 2007, alla 2012 e 2015, avvicinandosi a quella che, mutuando dalla fiaba, potremmo chiamare “la ghianda giusta”. gli compra il vino.

Fuor di favola e di metafora: tutta questa pensata favolistica è nata durante una verticale di Ad Agio, il Montecucco Sangiovese che Giovan Battista Basile  (mentre si celebrava l’avo e la sua opera) ha organizzato in cantina.

Come la favola presenta, cambiandoli,  fatti reali, così il mio modesto favoleggiare parla di una storia degustativa  vera e importante. Il sangiovese nel Montecucco è spesso duro e difficile da arrotondare e stranamente quelli di Giovan Battista si sono giovati nel passare degli anni di vendemmie molto calde, dove la parte glicerica e alcolica importante è riuscita ad ammortizzare e arrotondare i vini , per fargli dare il meglio di sé.

Per questo le annate che mi sono piaciute di più  sono state la 2007, la 2012 e la 2015, annate molto calde ma con una costanza sia di calore che di siccità. Per esempio la 2011, caldissima in vendemmia ma fresca fino a luglio inoltrato mostra una ruvidezza che le altre tre vendemmie  non hanno. Non sono un agronomo ma credo che con annate come la 2017 e in generale con quelle che ci possiamo aspettare con il cambio climatico, i vini di Giovan Battista non potranno che continuare a crescere, non tanto in potenza ma in “equilibrio verso l’alto” e cioè sviluppando caratteristiche  di fusione tra concentrazione, tannicità, giusta spinta acida che i vini di queste parti non possono non avere ma che l’esperienza e la conoscenza porteranno a sublimarsi e nell’invecchiamento, senza però perdere quella concreta e affascinante ruvidezza tipica del grande sangiovese  delle zone del sud della Toscana che sentono il richiamo del mare.

L’immagine  di Petrosinella nella foto è un dipinto di Giovanni Anastasia.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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