Barolo e Barbaresco al tempo del Covid-19: intervista al presidente Matteo Ascheri8 min read

Continua la serie delle nostre interviste, che oltre a quelle programmate (dopo questa sarà il turno di Brunello e Franciacorta) si allargherà ad altri presidenti e consorzi: dal Collio alla Vernaccia di San Gimignano, dai Colli Orientali del Friuli alla Barbera d’Asti, senza scordare La Valpolicella, le Marche e in particolare il Verdicchio dei Castelli di Jesi e altre zone che, visto il successo dell’idea, sono in programmazione.

Winesurf “Solita domanda iniziale per esorcizzare un po’ il momento? Come ti sentirai quando tra qualche anno, potrai dire di essere stato il Presidente del Consorzio Barolo Barbaresco Alba, Langhe Dogliani durante il coronavirus?”

Matteo Ascheri “Sarà un bel ricordo . Comunque credo che quest’esperienza ci segnerà un po’ tutti, ma alla  fine, quando ne verremo fuori, saremo probabilmente migliori. Ero giovane ma ho vissuto in pieno lo scandalo del metanolo nella primavera del 1986. Sicuramente una cosa diversa ma ripensando ora a quello posso dire che ne siamo usciti benissimo e lo stesso sarà adesso.”

W. “A proposito di uscirne com’è la situazione sanitaria In Langa?”

M.A. “Intanto i lavori in campagna vanno avanti. La campagna è uno dei luoghi più sani in assoluto: siamo all’aria aperta, possiamo mantenere le distanze e quindi, sotto questo punto di vista, siamo anche fortunati. Siamo tutti preoccupati ma abbiamo delle condizioni molto diverse da chi deve lavorare in un luogo chiuso”.

W.“Ma che lavori fate adesso in campagna?”

M.A. “La potatura è praticamente terminata, c’è ancora un po’ da legare, si può trinciare l’erba  se serve, ma sono lavori che non sono pressanti come saranno più avanti. Per fortuna è un periodo  abbastanza tranquillo: quello veramente più complesso inizia da metà aprile e va avanti fino a fine luglio.”

W. “Siete reduci da un evento negli Stati Uniti, come è andato?”

M.A. “E’ andato molto bene ma qui sembra si stia parlando di un secolo fa. Siamo stati fortunati, visto anche cosa è successo dopo. 220 produttori, un atto di orgoglio importante dei produttori langaroli. Dall’altra parte lo stupore di chi ha partecipato, visto che hanno definito questa manifestazione come la migliore organizzata da un consorzio di tutela negli USA. Abbiamo lavorato tanto  per organizzarla e, ripeto, siamo stati fortunati a 360°: pensa che abbiamo volato tutti con Air Italy, che è fallita dopo pochi giorni e siamo stati fortunati anche per il clima, perché a febbraio a New York è facile prendersi delle giornate di neve e pioggia,  con temperature polari. Forse è vero che la fortuna aiuta gli audaci.”

W. “Una domanda polemica su questa manifestazione: le valutazioni date dai giornalisti americani durante l’evento sulla vendemmia 2016 di Barolo e 2017 di Barbaresco, che toccano quasi i 100/100. non ti sembrano un po’ esagerate?”

M.A.”I 100 giornalisti coinvolti sono stati quelli che hanno partecipato a Nebbiolo Prima e quelli che sono venuti a New York. Ma quella è stata solo una parte del voto finale. Abbiamo preso questi 100 voti in centesimi e li abbiamo uniti a vari parametri, tipo l’andamento climatico della zona, i parametri dei vini e altro ed è venuto fuori un risultato che volevamo comunicare a tutti. Però questa è un operazione di marketing.”

W. “Un po’ come le 5 stelle che vengono date all’annata?”

M.A. “Non è che posso spendere un milione di euro per organizzare un evento e poi uscire sul mercato dicendo… altro. Se vogliamo giocare a questo gioco, che è quello della valutazione in centesimi fatta sul mercato americano che oramai valuta la qualità da 95 a 100, dobbiamo seguire le loro regole.  Non sta a me dire se sia giusto o sbagliato ma questo è il modus operandi statunitense e quindi io, arrivando lì, devo adeguarmi.”

W. “La nostra paura è che si corra il rischio è di appiattire in alto i punteggi e quindi renderli inutili.”

M.A. “Guarda, io i punteggi  all’annata iniziai a darli quando ero presidente Albeisa, nel 1997. Organizzando la prima Alba Wines Exhibition  ci presentammo con  una conferenza stampa a novembre e facemmo un errore, perché  pubblicammo un punteggio di valutazione dell’annata in centesimi ma parametrandolo al nostro background culturale, che è in decimi. Per me 8 su 10 è un voto ottimo, perché la nostra scala di giudizio va da 4 a 8, visto che  9 o 10 non lo prendi quasi mai a scuola. Ma se tu esci  con una valutazione su 70 o 80 è un risultato pessimo per loro. Quindi bisogna capire che tipo di scala si va ad utilizzare:  ormai quella in centesimi è l’unica che si può comunicare e poi va usata con i parametri del luogo dove vai a proporti. Prima negli USA era sotto i 90, ora è sotto i 95 a non essere considerato più un punteggio di eccellenza, quindi figurati. Ma se le regole del gioco sono quelle io devo giocare con quelle, non è che posso mettermi a cambiarle.”

W. “Passiamo ad altro In generale cosa sta accadendo nei mercati? Che segnali hai?”

M.A. “ I segnali riguardano la paura che quello che sta capitando in Italia si possa ripercuotere anche sui mercati stranieri, come Germania, Inghilterra, USA, con le reazioni sono tipiche dei vari mercati. La preoccupazione è molto alta.”

W. “Dal punto di vista degli ordini, a livello generale, come sta andando?”

M.A. “Noi ordini ne abbiamo evasi tanti all’inizio dell’anno, perché c’era il problema dei dazi e quindi molti si sono voluti avvantaggiare. Stiamo ancora spedendo all’estero, in  USA e in Inghilterra. La Germania invece ha bloccato un po’ tutto perché i tedeschi sono così, quando hanno un segnale di crisi bloccano tutto.”

W. “Mi dicevano che si vedono segnali positivi da Singapore, Hong Kong e addirittura Corea del Sud.”

M.A. “Questo è importante perché noi l’anno prossimo andremo in Cina. Su questo non c’è dubbio. Ci dicono tutti che siamo 20 anni indietro su quel mercato come vini italiani: se continuiamo a non andarci saranno ancora di più.”

W. “A proposito di Mercati Quali vini langaroli credi potranno reagire meglio dopo il covid-19? I vini top di nebbiolo o un prodotto come il Langhe Nebbiolo o addirittura il Dolcetto o la Barbera?

M.A. “Guarda, io sono innamorato sia del dolcetto che della barbera. In questi anni il Langhe nebbiolo è quello che si è sviluppato di più, anche perché ha la possibilità di essere proposto in modi diversi. Il Dolcetto ha una grossa crisi commerciale, la barbera ha una crisi più sanitaria, legata a flavescenza dorata, a mal dell’esca o al legno nero, però spero questi due vini possano essere riscoperti.”

W. “Sarà un mercato che vorrà qualità o soprattutto prezzo?”

M.A. “Noi combattiamo tutti i giorni al motto che non si tratta di produrre di più ma di vendere meglio. Nel mondo del vino dobbiamo capire come vogliamo svilupparci: o facendo milioni e milioni di bottiglie o limitando la produzione, facendo una grande qualità e vendendo i vini ad un prezzo più alto, con un valore aggiunto più elevato. Quest’ultima è la nostra scelta e non possiamo fare altrimenti. Tutto passa attraverso un concetto fondamentale: la qualità è una condizione necessaria ma non è sufficiente. La condizione necessaria è la riconoscibilità! Devi fare dei vini che siano riconoscibili: e lo sono se risultano espressione del vigneto di partenza, del vitigno e dell’interpretazione del produttore. Altrimenti troverai sempre  L’Australia, il Cile o il Sudafrica , per non parlare della Cina, che farànno vini buoni come i tuoi a prezzi più bassi.”

W. “Storicamente il consorzio di cui sei presidente è sempre stato tenuto un po’ da parte in Langa, non è mai stato in prima fila nella promozione. Per esempio portare 220 produttori a New York sotto il logo del Consorzio, fino a 10-15 anni fa era impensabile: cosa è cambiato?”

M.A. “E’ cambiato questo : tutti pensavano che i migliori comunicatori dei nostri marchi fossero i produttori stessi e questo, in passato, ha funzionato alla grande. Abbiamo in Langa dei grandissimi comunicatori che andando per il mondo a parlare del loro vino hanno comunicato anche il marchio Barolo e il marchio Barbaresco. Questo periodo è finito e ora occorre fare un salto di qualità: essere “istituzionali” e veicolare il marchio. Nel nostro progetto grandi comunicatori come Gaja e Farinetti si sono messi in gioco e hanno creduto molto  nelle sue possibilità. Oggi un’azione di insieme ci porta a dire: “Noi siamo questi e siamo diversi dagli altri.”

W. “A proposito di diversità come vedi gli investimenti in Alto Piemonte da parte di tanti produttori di Langa?”

M.A. “Sono scelte strategiche, anche perché ormai è molto difficile investire da noi.”

W. “Cosa beve il presidente del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani quando non beve questi vini?”

M.A. “Amo in maniera spasmodica il Pinot Nero: quindi Borgogna, e in Italia Trentino e Alto Adige, nel  Nuovo Mondo preferisco i vini dell’Oregon. Tra i bianchi sono appassionato di Viognier, che ho piantato nel 1993 e di Grüner Veltliner .”

W. “Ma non l’hai mica piantato il Grüner Veltliner?”

M.A.“No, (ridendo) il Grüner per fortuna no!”

W. “E cosa hai bevuto recentemente che ti ha dato grande soddisfazione , fuori dai vini piemontesi?”

M.A.” Un Pinot Nero dell’Oregon bevuto a new York. Buonissimo  ma non ricordo il nome.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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