Barbera d’Asti, vino dotato di buon senso, però…4 min read

Questa ve la devo raccontare! Sapete a Nizza Monferrato, come si decide l’apertura di un Temporary Shop in centro che raggruppi tutti i produttori di vino del territorio? Riunioni infinite, notti insonni a discutere? Ma cosa dite??? Basta trovarsi a pranzo tra presidente dell’enoteca e dei produttori, magari con uno due consiglieri e, anche se ci sono giornalisti a tavola, ragionare in piena libertà, dicendo, programmando e facendo cose solo nell’interesse di tutti.

Abituato a sentir parlare di riunioni chilometriche in altri consorzi solo per cambiare una virgola, seguivo la pacifica discussione a tavola tra Scrimaglio, Morino, Chiappone  e le bravissime dipendenti dell’Enoteca di Nizza con gli occhi strabuzzati perché non potevo credere che il buon senso avesse la meglio sulla burocrazia e sulle possibili recriminazioni degli assenti. Gente che senza tanti fronzoli pensa al bene comune e  non si cura minimamente delle formalità ma va al sodo (sapendo che agli assenti non verrà la minima voglia di criticare le scelte), può avere solo il mio plauso. Forse a Nizza sarà la barbera che fa ragionare a mente più sgombra, mah..

E dopo due giornate di Barbera (più di cento: a proposito, grazie all’Enoteca Regionale per l’ospitalità) la nostra mente è sgombrissima e libera di dire  ancora una volta quello che sosteniamo da tempo. La barbera, nella sua declinazione astigiana (e monferrina)  è uno dei vini più piacevoli che esistano in Italia. Ha profumi da vendere, freschezza accanto a tannicità minima e costa pure il giusto. Di un vino del genere non ci si può che innamorare. Mi riferisco alle barbera “base”, quelle che il legno lo vedono da lontano o quasi  e sono solo frutto di vigna e di una semplice e corretta vinificazione in cemento o in acciaio. Ci vogliamo rovinare! Mettiamoci pure quelle frizzanti, anche se ad un gradino inferiore.

Insomma la Barbera D’asti giovane è un vino che sa perfettamente qual’è il suo ruolo, quello dell’ottimo vino quotidiano, e lo svolge alla perfezione.  E’, come molti produttori locali, un vino dotato di buon senso.

Le cose iniziano in parte a cambiare quando si passa alla Barbera d’Asti Superiore, dove entrano in campo altre variabili, tipo voler dimostrare di poter fare dei grandi vini e ritrovarsi invece (per fortuna non in molti casi) solo con dei grossi vini che hanno bisogno di taaaaanto tempo per tornare ad essere vini di buon senso, cioè da bersi ed apprezzare con piacere. Per fortuna molti superiore mantengono sin dalla nascita il buon senso e quindi trovano un giusto equilibrio tra freschezza, maturazione in legno, bevibilità, componente aromatica e (last but not least) prezzo molto giusto.  

Dove invece stento a trovare buon senso è nei Nizza. Diciamo che per cercarlo occorrerà aspettare mooooolti anni, quelli che serviranno per far digerire  le notevoli dosi di legno che vengono inferte fin dalla nascita a questi vini. Grandi solo sulla carta. In un momento in cui tutti si ridimensionano sul legno, il Nizza segue una strada controcorrente che spero proprio porti a risultati concreti.

Ma veniamo a qualche dato sulle annate: il caldo 2011 (“riservato” per adesso solo alle Barbera d’Asti), ha portato un abbassamento generalizzato delle acidità e quindi a dover trovare equilibri diversi, raggiunti però nella stragrande maggioranza dei casi. Il 2010, Asti o Asti Superiore è indubbiamente annata di altro calibro, dove la barbera può esprimersi al meglio. Il nostro assaggio si è spinto poi indietro, arrivando addirittura al 2006 e constatando così che, purtroppo,  quando passi al Nizza, anche se vai indietro di qualche anno, ti ritrovi quasi sempre nella situazione tratteggiata sopra, cioè su quella mancanza di “buon senso enologico” che snatura e di fatto “mutizza” le grandi, uniche, irripetibili, caratteristiche della barbera.

Veniamo a qualche numero. Su oltre 100 vini assaggiati oltre il 40% arriva o supera le 3 stelle (se consideriamo le 2.5 stelle arriviamo ad oltre il 70%), dimostrando così un livello medio alto e in continua crescita. Questo è forse il dato più importante dell’assaggio: aldilà delle cosiddette “punte”, la barbera dell’astigiano sta migliorando anno dopo anno e propone vini di grande bevibilità e piacevolezza a prezzi concorrenziali. Chi ha buon senso non può non berle.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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