Barbaresco 2016: vale la regola delle grandi annate che finiscono col “6”3 min read

Pare che esista un Ente Superiore (chiamatelo come volete) che si diverte ad inserire regole nell’andamento delle vendemmie. In Langa “Sua Entità” deve aver stabilito che tutte le vendemmie che finiscono col “6” hanno da essere di altissimo livello.

La 2016 non poteva quindi derogare anche se, di solito, le grandi vendemmie si portano dietro come corollario tempi di maturazione in bottiglia molto lunghi.

Il Barbaresco 2016 sta, in breve,  tutto in queste parole, è cioè una vendemmia di altissimo profilo che però avrà bisogno di anni per esprimersi al meglio. Non per niente nei giorni scorsi ho aperto alcuni barbaresco 2006, ancora austeri e con tannini per niente aggraziati dal tempo, che mi hanno confermato la regola.

Quindi la degustazione dei Barbaresco 2016 ci ha permesso di incontrare una gamma di vini-bambini di alto livello, con nasi dove la frutta rossa e note floreali erano presenti ma ancora non riuscivano a distendersi appieno, mentre al palato la tannicità era spesso di alto profilo (accompagnata quasi sempre da giusta acidità) ma ancora in divenire, con “sane ruvidezze” che il tempo sicuramente smusserà.

Quanto tempo ci vorrà non possiamo dirlo: dipende da vino a vino, da situazione a situazione: certo è che i Barbaresco 2016 sono un investimento sicuro che conviene incassare tra qualche anno, perché nel frattempo saranno maturati interessi non da poco.

Naturalmente gli amanti dei “tannini di Langa” potranno divertirsi sin da subito e, specie con piatti di caratura adeguata, i Barbaresco 2016 possono elargire sin da subito grandi soddisfazioni.

Vigneti di Treiso

Tra i vini più “pronti” troviamo un buon numero di Barbaresco della zona di Treiso dove, anno dopo anno, la finezza tannica si esprime quasi sempre prima dei cru di Barbaresco e Neive.  Barbaresco si porta sempre dietro in dote una sana austerità mentre su Neive (e in generale sulla Langa), con l’aumento medio delle temperature bisognerebbe incominciare a considerare le MGA anche dal punto di vista altimetrico, perché oggi avere in una Menzione Geografica  Aggiuntiva  vigneti  30-40 metri più in alto di altri comincia ad essere un fattore importante, specie in vendemmie  come le prossime che usciranno sul mercato, come la 2017 e la 2018.

Per dirla con le parole di un mio caro amico produttore (non di Langa), se il clima continuerà ad essere “accaldato” forse bisognerebbe prendere un gigantesco cric e alzare la Langa di almeno 100 metri. In attesa che inventino questo strumento credo occorra prestare attenzione non solo al terreno e all’età delle parcelle di vigna di ogni singolo produttore, ma anche a che altezza si trovino all’interno della MGA.

La 2016 è una vendemmia dove le suddette caratteristiche altimetriche contano forse meno, ma da un recentissimo giro in zona ho potuto constatare, per ammissione diretta di alcuni produttori, che anche nella vendemmia 2019, vendemmiando uve  “Superior” o “Inferior” la differenza si notava.

In chiusura, oltre che ringraziare ancora il Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani per averci molto aiutato nella raccolta dei campioni, ribadiamo che assaggiare adesso vini importanti come il Barbaresco 2016 forse vorrà dire arrivare buoni ultimi a pubblicare i risultati, ma sicuramente significa dare tempo a vini che hanno bisogno di tempo per esprimersi.

Noi degustiamo  da 6 a 10 mesi dopo gli altri, avendo così un quadro molto più aderente a quello che il consumatore troverà adesso, comprando e bevendo un Barbaresco 2016. Con tutto il rispetto, ci sono giornalisti che si rivolgono essenzialmente a importatori o grossi distributori e quindi fanno bene a degustare i vini “en primeur”: noi ci rivolgiamo ai consumatori finali, che sicuramente non trovano e non comprano un Barbaresco 2016 a marzo o ad aprile dell’anno di uscita. A  ognuno quindi il proprio “target di rifermento”.

Tra qualche giorno sarà la volta dei risultati delle Barbera d’Alba di varie annate  e poi chiuderemo con il Barolo 2015.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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