Assaggi Valpolicella: vini che hanno sempre più bisogno di tempo e di… territorio4 min read

Non è facile parlare di un territorio che porta il nome di un vino in caduta libera (Valpolicella) ma che sta vivendo uno dei momenti più positivi della sua storia grazie ad un altro vino che oramai nell’immaginario collettivo rappresenta la zona (Amarone) e in questo momento soprattutto grazie al figlioccio di questo vino (Ripasso).

Non è facile specie se ami molto il Valpolicella base e trovi sempre grandi motivazioni nell’assaggiare un Valpolicella Superiore, vino praticamente morto in culla per la concorrenza del “cuginastro” Ripasso, che oramai  è il vero vino di punta del territorio con quasi 27 milioni di bottiglie.

Niente contro il Ripasso, per carità, ma convertire nell’arco di pochi anni la produzione verso  vini con spesso forti residui zuccherini è stato sicuramente vincente ma continua, per noi, ad essere molto rischioso. Nel momento in cui questa “voglia di dolce” diminuirà oppure altre zone enologiche internazionali si metteranno seriamente a copiare Amarone e Ripasso, magari utilizzando altre uve ma arrivando a risultati simili ma a prezzi più bassi, cosa potrà accadere?

Due dati per farvi capire meglio

Nel 2005 le uve destinate a Valpolicella erano 308.000 ettolitri, mentre quelle per Amarone (il Ripasso ancora non era ufficialmente conteggiato) meno di 64.000 ettolitri. Nel 2016, considerando che nel frattempo la Valpolicella è passata da meno di 6.000 ettari a quasi 8.000, le uve destinate a vino Valpolicella sono scese a 147.000 Hl, mentre quelle per Amarone e Ripasso sono volate a 320.000.

Come vedete uno spostamento epocale di produzione in poco più di dieci anni, che ha portato indubbiamente una grande ricchezza in questo meraviglioso territorio. Una ricchezza che può far perdere di vista delle radici storiche che noi crediamo importanti.

Queste radici ci porteranno l’anno prossimo a concentrarci soprattutto sul Valpolicella, mentre quest’anno i nostri assaggi si sono incentrati sul Superiore e sui “fenomeni” Ripasso e Amarone.

Gli assaggi

Abbiamo degustato quasi 50 Valpolicella Superiore, trovando non solo una qualità media molto alta ma, grazie alle sue caratteristiche di freschezza, buon corpo e giusta potenza, constatando che si abbinano a tavola molto meglio di un Ripasso o di un Amarone. Questo sia parlando dei giovani e ancora non definiti 2016  che soprattutto dei grandi 2015, vini adesso veramente piacevoli e centrati, che potranno dare il meglio di sé per almeno altri 3-4 anni. I migliori Superiore dei nostri assaggi potranno durare anche 10 anni da adesso, ma potete tranquillamente gustarli ora, magari a tuttopasto, ammirando la versatilità della corvina, sempre più spesso in percentuali importanti, alle altre uve del territorio (rondinella, molinara, croatina, oseleta in primis).

Sul fronte dei Ripasso la situazione è sicuramente positiva ma il rischio è quello di sposare la strada della rotondità a scapito della tipicità, della dolcezza che vuol dire meno freschezza, della iperfacilità di beva a  svantaggio della serbevolezza. Ripetiamo che sono vini buoni ma ogni tanto peccano di semplicità e soprattutto alcuni vengono messi in commercio troppo giovani, mettendo così in evidenza le caratteristiche che a noi piacciono meno, il legno, la sensazione dolce, la morbidezza nonostante tutto. Se li lasciamo fermi un anno o due migliorano e non poco, prova ne sia che adesso i 2015 cominciano ad essere molto più dinamici e aperti al naso e che il tempo riesce a rendere molto meno scontati anche vini fatti per essere bevuti nel breve.

A proposito di vini da essere bevuti nel breve: l’Amarone non lo è!

Questo oramai lo sanno anche i gatti ma ogni anno constatiamo come i produttori (almeno una parte di essi) siano i primi a non tenere conto di questa regola, proponendoci non solo Amarone giovani  ma vini fatti per essere goduti in tempi in cui un normale Amarone riesce solo a “sgranchirsi le gambe, non certo a correre”. Questi Amarone sono indubbiamente buoni ma non rappresentano la vera anima di questo vino, che inizia a mostrarsi dopo almeno 6-7 anni dalla vendemmia, per farsi vedere con chiarezza attorno ai 10-12 anni di invecchiamento. La prova sono gli Amarone 2015, annata che ha dato grandi risultati tra i Superiore e i Ripasso, che però tra gli Amarone ha mostrato spesso solo tanta morbidezza e pochissima profondità.  Pochi sono quelli che giocano “a zuccheri scoperti”, cioè proponendo vini con bassissimo residuo zuccherino, ma con una complessità aromatica ed una profondità di beva che da soli valgono il viaggio in zona. Tra i nostri migliori ce ne sono diversi, provateli.

E a proposito di provare, tenete d’occhio alcuni Amarone Riserva, che neanche tanto per assurdo riassumono l’idea di vino che anima diverse cantine; ci sono quelli “old style” che magari non sempre nascono come dovrebbero ma quando succede… , quelli dove la potenza è basilare, quelli che comunque fanno capire come le grandi cantine possano proporre grandi vini senza tanti problemi. Ci troviamo tra vini spesso molto cari, dove l’invecchiamento è per noi ancor più importante e dove gli zuccheri residui perdono in buona parte il loro ruolo, liberando i cavalli di razza della corvina.

Chiudiamo con una speranza

E dopo vari giorni di assaggi abbiamo “liberato” la Valpolicella della nostra presenza, avendo adeguatamente ringraziato chi ci ha permesso di degustare con la giusta tranquillità, cioè il Consorzio del Valpolicella e l’Associazione delle Famiglie Storiche, sperando che l’anno prossimo i nostri assaggi possano essere unificati. Questo sarà un bene per noi, ma soprattutto per la Valpolicella.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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