Anteprima Chiaretto Bardolino: si punta su rosé meno omologati al colore, più longevi e sul “Corvina Manifesto”4 min read

Era da prima della pandemia che non tornavo a Bardolino per una fotografia completa di quello che ormai è diventato il vino rosato più conosciuto in Italia: Il Chiaretto.

Dal punto di vista comunicativo, sdoganato ormai il nuovo nome/denominazione  “Chiaretto di Bardolino” (prima era Bardolino Chiaretto), c’è una novità: il “Corvina Manifesto”.

Il consorzio attraverso questa nuova dicitura vuole rafforzare il legame che c’è tra il Chiaretto (e anche il Bardolino) e il suo vitigno più rappresentativo. Questo legame è stato addirittura rafforzato con il nuovo disciplinare entrato in vigore nell’aprile 2021, che ha previsto di aumentare la quota massima di utilizzo del vitigno Corvina da 80 a 95%. E’ la conferma che questo vitigno sta caratterizzando sempre di più il Chiaretto.

La presentazione si è concretizzata in primis con un banco d’assaggio in cui abbiamo potuto testare le nuove uscite sul mercato.

L’annata di riferimento è stata la 2022, un’annata caratterizzata da scarse precipitazioni ed elevati livelli di temperature estive. Il risultato è stato una vendemmia anticipata di circa otto giorni rispetto alla media degli ultimi anni, una gradazione zuccherina delle uve superiore e un’acidità totale inferiore, almeno a confronto conanno precedente.

Il risultato dell’assaggio ha dato una lettura coerente con il millesimo: nasi in generale molto fruttati, palati morbidi e avvolgenti, a bilanciare una buona sapidità e una leggera velatura tannica.

Come sempre in questi casi i risultati sono da prendere un po’ “con le pinze” per dei vini messi in bottiglia da pochissimo con tutte le conseguenze del caso.

Da notare:

  • Le bottiglie con il tappo a vite finalmente sono in deciso aumento!!!
  • I colori dei vini ormai non sono più un punto focalizzante per la denominazione, la Rosé Revolution nata 9 anni fa è stato un mezzo utile e semplice per agganciare la qualità dei vini ad un colore, costringendo i produttori a rimodulare le pratiche di vigna e cantina al nuovo corso. Il Presidente del Consorzio, Franco Cristoforetti, recita: “Oggi questa necessità viene meno visto il livello qualitativo raggiunto da tutti i produttori ed è giusto che ognuno di noi cerchi una sua interpretazione personale dentro un binario di qualità”. Dunque una logica conseguenza che da anni Winesurf  auspicava  ogni volta si parlava di Chiaretto.

La degustazione ha anche riguardato una ventina di campioni di spumante, in cui ho potuto rilevare una media qualitativa in aumento. Il disciplinare non specifica se lo spumante debba essere da metodo Charmat o Classico, va comunque detto che il 95% dei vini sono del primo tipo, coerentemente con l’uso e l’idea che questo vino ha nel popolo dei bar che si affacciano sul lago.

Giusto per dare una dimensione al fenomeno spumante basti dire che oggi siamo a 500.000 bottiglie di prodotto rispetto ai quasi dieci milioni di Chiaretto.

A corollario della degustazione seduti ci sono stati altri tre momenti che vale la pena di citare:

  • Il Walk-around Tasting (i vecchi banchini con i produttori ma oggi fa figo chiamarlo così): la possibilità di incontrare i produttori assaggiando i vini direttamente dalle loro mani; al tavolo era possibile anche assaggiare un vino di un’annata più vecchia a scelta del produttore.
  • Una degustazione dedicata al confronto con tre altri paesi “competitor”: Francia, Spagna e Germania. Il Chiaretto è uscito bene nei vari confronti, quasi sempre individuato dagli ospiti convenuti. Se la Mosella ha meno sapidità del Chiaretto, La Francia gioca le sue carte su una suadenza fruttata accentuata e la Spagna aggiunge uve a bacca bianca per smarcarsi dal gruppo, il Chiaretto si fa notare per la sua marcata spinta sapida e tannica che la Corvina gli dona.
  • La seconda Master Class è stata caratterizzata sulla tenuta nel tempo di questo apparentemente fragile vino: tra i vari effetti positivi della Rosé Revolution è stato proprio quello di rendere i vini decisamente più longevi che nel passato, quando il vino faticava ad arrivare all’autunno. L’obiettivo di avere vini con una “shelf life” di almeno 3 anni è una necessità commerciale se si vuole vendere ad un mercato internazionale. La degustazione è stata per molti illuminante visto il risultato generale: un anno di affinamento è in certi casi quasi indispensabile per rendere giustizia al lavoro della natura e dell’uomo. I vini hanno mostrato energia e carattere fin dall’annata 2014 (che è quella che ha sancito l’inizio del produrre Chiaretto di qualità). Dunque obiettivo centrato e consiglio per il lettore: non esitate a stappare un Chiaretto di Bardolino con qualche anno sulle spalle.

Concludo ringraziando il Consorzio che ci ha dato ancora una volta la possibilità di fare la fotografia di una denominazione in crescita e ormai matura per affrontare le altre denominazioni rosate mondiali, senza nessun timore reverenziale.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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