Andreas Kofler: il futuro dell’ Alto Adige sono le MGA e piantare il vitigno giusto nel posto giusto8 min read

Intervistiamo Andreas Kofler, nuovo Presidente del Consorzio Vini Alto Adige. Tra gli argomenti trattati il futuro sostenibile della viticoltura altoatesina, i gravi danni economici dovuto al Covid, le MGA, i vitigni PIWI e molto altro.

“Presidente Consorzio Vini Alto Adige: hai pescato la pagliuzza più corta?”

“(ride) Si potrebbe dire anche così se vuoi. In realtà ero nel consiglio già da 6-7 anni. Ci sono tante cose da fare, me l’hanno chiesto e ho detto di si, anche se non è un compito facile e ci sono cose che mi divertirebbero molto di più.”

“Non ho dubbi, altrimenti ci sarebbe la gente in coda per fare il presidente.”

“Bisogna anche dire che il consorzio funziona già bene e il direttore è esperto e sa cosa si deve fare.”

“In Alto Adige, oltre al consorzio dei Vini ci sono altre realtà associative:  l’Associazione piccoli produttori, i Produttori Valle Isarco e poi la Camera di Commercio e IDM, che mi pare di capire sia una sua emanazione. Mi spieghi un po’ come funziona “la catena di comando”?  Ognuno  gestisce qualcosa per conto proprio o ci sono accordi particolari?”

“La catena vitivinicola è facile: dal 2012 c’è il consorzio vini che riunisce tutta la viticoltura altoatesina composta dall’Associazione delle Cooperative,  dai Vignaioli e dalle Tenute dell’Alto Adige. Come dicevo dal 2012 tutti sono riuniti dentro al Consorzio Vini Alto Adige.”

“Allora IDM cosa fa?”

“IDM, di proprietà sia della Provincia che della Camera di Commercio,  cura il marketing dell’Alto Adige in Italia e nel mondo per tanti settori: turismo, industria, artigianato, agricoltura etc. Quindi loro sono per noi un’agenzia a cui conferiamo degli incarichi per la nostra promozione.”

“L’anno di covid e in più la chiusura invernale che situazione ha creato in Alto Adige per il vino?”

“Situazione molto, molto difficile perché come sai i nostri vini vengono venduti nel settore HoReCa e soprattutto dove c’è il turista: con la situazione attuale, dove non c’è turismo e i ristoranti sono chiusi, in mesi come questi si arriva anche ad un -80% nel mercato locale.  Bisogna dire che le situazioni nelle aziende altoatesine sono molto diverse: le cooperative o le aziende più grosse che hanno lavorato all’estero hanno avuto dei risultati migliori del previsto e lo stesso mercato italiano ci ha dato ottime soddisfazioni, dimostrando che a Roma come a Milano o in Toscana apprezzano molto i nostri vini. Per fortuna abbiamo anche avuto l’estate 2020 che è andata a meraviglia e tutti hanno lavorato benissimo con i turisti italiani.”

“Alla fine dell’anno come è andata, in percentuale?”

“Come ti dicevo c’è grande diversità: ci sono aziende cooperative o cantine grandi che avranno fatto da un  -5% a un -15%, grazie anche alla GDO: poi ci sono i piccoli, che vendevano molto nel maso ai turisti o alla ristorazione regionale e li arriviamo a cifre molto più alte, superiori anche al -60%.”

“Non ci sono mai stati tanti vini spumanti in Alto Adige e mi sono sempre domandato perché visto che avete le uve adatte. Poi mi viene da pensare che tante bollicine nascono per vendere del vino che non ha un mercato, quindi vuol dire che le cose vi stanno andando comunque bene?”

“Hans Terzer (il direttore della Cantina Cooperativa di San Michele Appiano, n.d.r.) dice sempre che il motivo per cui da noi non si fanno spumanti è proprio quello e probabilmente ha ragione.”

“L’ immagine  dell’Alto Adige è di una regione verde per eccellenza, eppure è una di quelle che in viticoltura (per non parlare delle mele) fa più trattamenti rispetto ad altre regioni. Cosa pensate di fare?”

“Stiamo guardando avanti e abbiamo creato “Agenda 2030”, che riguarda la sostenibilità della viticoltura altoatesina: quindi pensiamo di fare meno trattamenti possibili, dichiarazioni di sostenibilità e di andare verso il biologico che è già cresciuto rispetto al 2014 (dal 6%al 10 n.d.r.). Sui trattamenti bisogna anche dire che i cambiamenti climatici non ci aiutano e l’Alto Adige è comunque una regione dove piove più che dalle altre parti. Come consorzio ci stiamo muovendo per diminuire i trattamenti, non usare più erbicidi, usare concimi naturali: però in un consorzio, come in una cooperativa, per fare le cose ci vuole più tempo.”

“In Alto Adige da qualche tempo, visti proprio i cambiamenti climatici, si sta piantando sempre più in alto, addirittura attorno ai 1000 metri: questo innalzamento medio ha solo vantaggi o ha anche degli svantaggi?”

“Intanto mille metri nella Bassa Atesina non sono uguali ai 1000 metri in Valle Isarco, perché nel primo caso il clima è quasi mediterraneo e nel secondo sembra di essere molto più a nord. Bisogna comunque sapere bene cosa si va a fare, perché piantare viti dove prima pascolavano le mucche non è che sia garanzia di fare buone uve. Inoltre si parla di pochi ettari: credo che in tutto l’Alto Adige tra gli 800 e i 1000 metri ci siano da cinquanta a cento ettari. Il rischio è comunque che certi anni a quelle altezze non si raccolga nulla.”

“Voi state puntando molto sulle MGA, sottozone o zone particolarmente vocate all’interno della DOC.  Non pensi  sia un po’ difficile da far capire al consumatore che nella zona X non viene particolarmente bene una sola uva ma ben tre o quattro? Non credi crei confusione e che il consumatore non lo capisca?”

“Quello può essere un problema. Io sono sempre stato per le MGA e sarebbe perfetto averle legate solo ad un vitigno. Quello sarebbe il top e alla lunga sarà la strada che seguiremo. Ma tu sai come sono nate: riunioni comune per comune dove ogni viticoltore diceva la sua e così era difficile, in prima battuta, far concordare tutti su una sola varietà, anche se ci sono zone MGA che ne hanno una sola.”

“Mazzon per esempio, con il pinot nero.”

“C’è anche Glen per il pinot nero, Penon per il sauvignon, Graun con il müller thurgau e anche altre con un solo vitigno: poi ci sono anche MGA con tre e anche cinque vitigni. Vedremo in futuro ma spero si possa andare verso zone con un solo vitigno.”

“Una curiosità che ho sempre avuto: perché non avete mai chiesto una docg?”

“Se ne è discusso tanto ma mai i produttori hanno deciso che fosse fondamentale averla. Credo il gran vantaggio dell’Alto Adige è la grande diversità da zona a zona, questa è la cosa importante. Magari si potrebbe fare per il Terlaner ma non ha tanto senso”

“E’ un po’ come il discorso degli spumanti: non vi servono.”

“Noi saremmo già contenti se nel nuovo disciplinare venissero fuori tutte le MGA.”

“Vitigni PiWi,  pensate di puntarci in maniera forte.”

“Parlo di quello che succede da noi a Cortaccia: abbiamo in azienda 5-6 ettari ma sono difficili da commercializzare, pur facendo pochissime bottiglie. Forse se sei una piccola azienda e dietro hai una filosofia aziendale e la presenti bene allora è facile venderli, ma se devi far numeri non è facile. Bisogna anche dire che negli ultimi 10 anni i vitigni PIWI hanno incominciato a dare vini di buon livello, cosa che non capitava in passato.”

“Facciamo un piccolo gioco: nei prossimi 10 anni quale sarà il vitigno in Alto Adige che avrà maggior successo?”

“Cos’è il successo?”

“Giusta precisazione: il vitigno che verrà più richiesto e più venduto rispetto a adesso.”

“Dico sempre di non concentrarsi sulle varietà, che per me devono essere secondarie. L’importante è che la varietà si adatti al territorio dove viene piantata. E quindi se io pianto oggi devo guardare la zona e capire quale varietà darà il miglior risultato in questo territorio, ora e tra 20 anni. Dovremo puntare su varietà diverse, perché non ha senso dire che l’Alto Adige sarà solo pinot bianco o pinot nero:  piantare pinot nero a Brenntal darebbe un vino che fa schifo, ma il merlot o il cabernet sauvignon ci viene e ci verrà benissimo. In definitiva sarà importante piantare la varietà giusta nella zona giusta, questo avrà successo nei prossimi 10 anni.”

“Una domanda su un vitigno che a me piace tantissimo: come vedi il futuro della schiava?”

“Ho sempre detto che se l’avessimo estirpata tutta 10 anni fa adesso potremmo ripiantarla con soddisfazione, perché la schiava ha un gran futuro: fa vini molto trendy, con poco alcol e bella beva, sono vini fantastici. Il nostro importatore a New York ne vende tantissimo ma deve essere una schiava fatta bene e quindi non come quella di 20-25 anni fa, che veniva svenduta a poche lire. Inoltre era stata piantata in zone non adatte e per questi motivi molta è stata estirpata. Noi a Cortaccia stiamo ripiantando schiava da tre anni. Penso che in generale verranno estirpati ancora un po’ di ettari ma la cosa si fermerà e piano piano la ripianteranno dove è giusto ripiantarla.”

“Quindi vedi un bel futuro per la schiava.”

“Vedo un grande futuro, se diventerà remunerativa.”

“Parliamo di promozione: cosa state facendo in questo momento?”

“L’ultimo anno l’abbiamo trascorso facendo iniziative sul web, filmati promozionali, fiere digitali etc. Tante aziende hanno fatto il loro sito web per la vendita. Ma adesso dobbiamo essere pronti per la riapertura dei ristoranti, perché quelli sono i nostri partner principali e io credo che a giugno riapriremo tutto e non chiuderemo più.”

“Ultima domanda: quale sarà lo scopo principale della tua presidenza?”

“Portare avanti le MGA e dare maggior risalto al vino altoatesino di qualità.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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