Alla ricerca del “non-chardonnay” in Borgogna6 min read

In Borgogna, sia pure in percentuale ridotta rispetto allo chardonnay (solo il 6% del totale), l’aligoté  è praticamente spalmato sull’intero territorio, sicché è possibile trovare valide versioni  in tutte le diverse regioni, dalla Yonne fino al Mâconnais.

A Chatry-le Fort, nello Chablisien, ha buona reputazione quello di Alice e Olivier De Moor, uno dei preferiti della Feiring, e a St. Bris ne producono ottime versioni, su suoli kimmeridgiani,  il   Domaine Jean-Hugues et Willem Goisot e il Domaine Verret, tra i pochi a  conservare ancora un po’ di sacy.

Nella Côte de Nuits, oltre naturalmente a quello di Ponsot a Morey-St. Denis  e agli aligoté di Pataille, producono belle versioni  di Bourgogne Aligoté Jean Fournier , a Gevrey-Chambertin, nel lieu-dit Champ Forey, da una vecchia vigna di 65 anni (ho avuto occasione di apprezzare recentemente il suo 2016, complesso e molto gourmand),  con un’aggiunta del 5% di melon, un altro antico vitigno borgognone oggi quasi scomparso ed “emigrato” sulla Loira atlantica.

Lo produce anche Bruno Clavelier, anch’egli  da una vieille vigne  di 85 anni a Vosne-Romanée, mentre Gilbert e sua sorella Christine Felettig, conosciuti soprattutto per i loro Chambolle-Musigny, producono un eccellente Bourgogne Aligoté da due parcelle a Chambolle e Vosne-Romanée. Ne tralascio sicuramente molti altri, la cui mancata citazione dipende unicamente dai limiti della conoscenza dell’autore di questo articolo.

Più a sud, nelle Hautes-Côtes, a Magny-lès-Villers, Claire Naudin-Ferrand, propone, da due parcelle ben esposte, il suo Bourgogne Aligoté “tradizionale”, ed inoltre,  sotto la denominazione  Vin de France, un aligoté, da vigne molto vecchie, tutte di oltre 60 anni di Magny-les-Villers, e una del 1934 a Corgoloin, la cuvée  “Le Clou 34”, molto ricercato dagli amanti dei vini “naturali”.

Nella Côte de Beaune sono diversi i Domaines-icona  che producono degli aligoté haute-couture (a prezzi vicini ai  100 euro la bottiglia), come il Domaine d’Auvenay di M.me Leroy,  Coche Dury  (più di 150 euro la bottiglia!) , Jean-Marc Roulot a Meursault, Ramonet a Chassagne-Montrachet, D’Angerville a Volnay.

Vi sono però diversi piccoli produttori che offrono belle versioni di aligoté a prezzi davvero amichevoli (tra i 7 e i 10 euro). Qualche nome, senza pretesa di completezza: il Domaine Cachat-Ocquidant a Ladoix-Serrigny (10 ettari di vigna nella zona del Corton, tra cui un piccolo monopole a Vergennes), il Domaine Rapet Père et Fils a Pernand-Vergelesses, i Maréchal, Catherine et Claude, a Bligny-lès-Beaune,  il Domaine Roux Père et Fils a Saint-Aubin. Quest’ultimo produce due cuvées di Bourgogne Aligoté, la prima affinata al 100% in acciaio, e un’altra, da vigne da parcelle site sui coteaux di St. Aubin, in fusti di legno, molto ricca (albicocca secca, caramelle mou).

In Côte Chalonnaise,   il Domaine Sarrazin a Jambles,nel terroir di Givry, e, non distante,  il Domaine Masse a Barizey. Molto apprezzabile infine  il lavoro della Cave dei Vignerons de Buxy, una cooperativa di vignaioli nata nel 1938, che può  sfruttare oggi  una superficie di 240 ettari e produce la bellezza di 15 cuvées di Bourgogne Aligoté, tra cui il Silex Millebuis (il nome evoca la particolare composizione del suolo). Il Silex è un  blend di aligoté “di confine”, perché unisce uve provenienti da vigne del Sud della Côte Chalonnaise e del Nord del Mâconnais. Nel 1977, infatti, a seguito dell’unione con la Cave de Saint Gengoux le National, l’attività della cantina si è allargata al Mâconnais.

In quest’ultima regione, da  due  parcelle situate nel comune di Igé, vicino Verzé, una di 30 anni e l’altra di 70 a conduzione biologica, il Domaine  Nicolas Maillet, (7 ettari, vignaioli da quattro generazioni, ritornati nel 1999 a produrre e commercializzare direttamente  i propri vini, dopo aver conferito in passato  le uve alla locale cooperativa)  produce un apprezzato Aligoté, che va ad affiancare un buon Pouilly-Fuissé e diverse cuvées di Macon-Verzé, tra le quali un rosso da uva gamay di stile beaujolaisiano.

Da vigne di aligoté a300 m. di altitudine  orientate “en plein est”, ai piedi della Roche de Vergisson, il Domaine La Soufrandière dei fratelli Bret,  tra i vignerons più dinamici del Maconnais, ricava un esemplare aligoté denominato Aligato, che quest’anno ha spuntato il punteggio più alto della rivista Decanter per i vini di questa tipologia del 2017 (92/100).

Alla  fine di questa rassegna, è il caso di chiarire che  lo scopo di questi articoli non è  quello di proporre un ritorno all’aligoté, voltando le spalle ai grandissimi vini prodotti in questi ultimi decenni con lo chardonnay, ma  piuttosto dare un contributo a guardare con maggiore attenzione un vitigno forse liquidato troppo presto come inferiore e inadatto a produrre vini di  qualità.

Certamente non é mai  corretto contrapporre in astratto alle varietà dominanti (tra le quali è certamente lo chardonnay) altre varietà locali  che con il tempo sono state progressivamente sostituite e abbandonate.

Appare comunque evidente che la scarsa qualità di molti aligoté correnti è legata all’impiego di cloni di qualità modesta su suoli poco o per nulla vocati alla vitivinicoltura di qualità. L’esperienza di Bouzeron, che rappresenta una culla straordinaria per questa varietà, è in questo senso molto significativa.

Gli esperimenti degli Aligoteurs mostrano inoltre la capacità di questa varietà di modularsi sensibilmente a seconda del terroir su cui è coltivata, rendendo climat  e i lieux-dit di provenienza più  trasparenti. Va anche  sfatata la convinzione secondo la quale l’aligoté non sia in grado di reggere l’impatto con il tempo. A parte quanto detto a proposito dei vecchissimi  aligoté  degli anni ’60 di Ponsot e del Domaine Bonneau de Martray, una recente degustazione di Bourgogne Aligoté di vecchie annate  svoltasi  a Chassagne-Montrachet, presso la cantina di  Jean-Marc Pillot, che ha messo in pista un 1998, ha confermato le grandi possibilità di invecchiamento dell’aligoté.

Come ha osservato Pierre Casamayor, che alcuni anni fa, sulla Revue du Vin de France, riportò una verticale dei Bouzeron del Domaine De Villaine (16 annate dal 1990 al 2010), il vino rivela stili diversi nelle annate calde e più fredde.  Nelle annate calde, come lo furono la 2009, e più recentemente la 2011 e la 2015, i vini sono più fruttati , con note di frutta bianca, mandorle, tisana , miele, complessi e ricchi, sempre marcati dalla mineralità salina. Nelle annate più fredde, è invece la mineralità ad esaltarsi, i vini risultano più austeri e hanno bisogno di tempo per armonizzarsi.

Ma soprattutto vanno considerate le sorprendenti qualità gastronomiche dell’aligoté, più adattabile in molti casi alla cucina borgognona (ad esempio sullo  jambon persillé o su uno chèvre, ma ho avuto modo di apprezzarlo moltissimo su delle eccellenti coquilles Saint-Jacques o su una poularde de Bresse).

Non è certo un caso se Philippe De La Courcelle, appassionato difensore dell’aligoté e presidente degli Aligoteurs, oltre che apprezzato chef del Bois rouge di Flagey-Echezeaux, abbia incluso nella sua carta dei vini una ricca rappresentanza di aligoté.  E anche Frédéric Lamy, tre stelle Michelin al ristorante Lameloise  ed altri chef mostrano di amare l’aligoté e non esitano ad abbinarlo ai piatti  più elaborati della propria cucina.

Infine, maggiori informazioni sull’interessante Associazione, citata incidentalmente, nel primo articolo , dedicata ai “Cépages modestes” (le varietà minoritarie rispetto a quelle dominanti), tra le quali è l’aligoté,  possono essere rintracciate sul sito: http://www.rencontres-des-cepages-modestes.com/association/modestes.html. Vi partecipano anche diversi produttori italiani, e si riuniscono annualmente a Saint-Côme-d’Olt  nell’Aveyron.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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