Alla caccia dei profumi (legni esclusi) del Salice Salentino4 min read

Dopo un anno a posare il naso su migliaia di calici alla ricerca di profumi familiari, i così detti descrittori, gli stessi profumi che nominiamo in continuazione per un gergo comune di analisi dei vini, sono andata a cercarli all’origine chinando naso e sguardo verso terra.

Gli stessi fiori in versione bianca, gialla, rosa e rossa sono stati un bottino olfattivo inestimabile per immaginare come la natura abbia sviluppato strategie per attrarre gli insetti: a colore più forte al Parco dell’Orecchiella in Garfagnana ho riscontrato profumi più lievi. A colori più lievi ho associato profumi più identitari.

Strofinare le dita su un rametto di rosmarino o una foglia di salvia o menta o basilico per liberarne gli aromi inconfondibili per i popoli del Mediterraneo è un gesto che adoro da sempre, ed è anche un ottimo allenamento per il mio naso da degustatrice. Ma confesso che è stata la visita nella zona di produzione della DOC Salice Salentino che ha riacceso questa esigenza di annusare, catalogare, cercare, associare.

Vigneti di Vallone

Dopo decine di degustazioni in loco, non sono riuscita a delineare nella mia testa un profilo aromatico del Negroamaro presente nei vini della denominazione. Botti e file di barriques di diverse tostature e fattura hanno scoraggiato il mio naso. Perciò è scattato l’S.O.S. al vicedirettore pugliese di Winesurf, Pasquale Porcelli:

Il Negroamaro è un vitigno difficile: ci sono 72 ceppi rappresentativi di diversi biotipi di Negroamaro” mi ha spiegato.

E il frequente residuo zuccherino fa il resto. Ma, per fortuna c’è un “ma”: nei giorni della nostra visita in Salento il Consorzio di Tutela ha approvato le modifiche al disciplinare volte a portare sulla strada dell’identità anche il “vitigno difficile”.

Masseria Li Veli

Ed ecco le più importanti:

La percentuale minima di Negroamaro nei rossi e nei rosati della denominazione passa dal 75% all’85%. Possono concorrere alla produzione uve di altri vitigni a bacca nera nella misura massima del 15% della superficie iscritta all’albo dei vigneti.

A Chardonnay, Fiano, Pinot Bianco si aggiunge la Verdeca ai vitigni vinificabili per il Salice Salentino Bianco

Si aggiungono agli spumante Charmat, i Metodo Classico che devono affinare almeno 12 mesi in bottiglia di cui 9 sui lieviti

Scendono a 18 mesi i mesi di affinamento per la menzione Riserva (di cui almeno 6 mesi in legno) e nasce il Salice Salentino Superiore DOC che prevede 12 mesi di invecchiamento, nessuna specifica sul tipo di affinamento e la possibilità di menzionare in etichetta la vigna di provenienza.

Tanto legno domiciliato in Salento non si diraderà dall’oggi al domani, ma abbiamo visto diverse anfore spuntare nelle cantine, volte a sperimentare diversi tipi di evoluzioni enologiche, e a tirare fuori un’identità enologica.

In questo percorso, il cambio generazionale incide, perché i produttori più giovani varcano i confini regionali e nazionali, e riescono a rapportare il patrimonio vitivinicolo salentino vs il resto del mondo, rafforzando la volontà di tirare fuori la propria voce.

Conti Zecca

Le voci del Salento del Salice Salentino DOC sembrano quelle di un adolescente non ancora consapevole dei suoi talenti: un grande potenziale non ancora relazionato con il ‘mondo esterno’. Ma giovani come Clemente Zecca di Conti Zecca e Angelo Maci Jr di Cantina due Palme, trasmettono uno sguardo autocritico più maturo.

E visto che siamo partiti dai profumi, ripartiamo da quelli di oli essenziali balsamici che richiamo la salvia e le erbe aromatiche ruvide che spuntano ai brodi di oliveti e vigneti che a distanza di settimane evoco mentalmente ripensando alle passeggiate tra filari e alberelli, e tra le altrettanto ruvide e chiare pietre del centro storico di Lecce. Invece per quanto concerne il profilo aromatico del Negroamaro, partiamo dalla ricerca di more, amarene, prugna secca, liquirizia, chiodi di garofano e curcuma. E ci aspettiamo che i Superiore che torneremo a degustare nei prossimi anni, raccontino questo fil rouge, affinché pronunciare Negroamaro, e versare un Negroamaro, diventi evocativo di aromi specifici, di uno stile enologico, per poter raccontare una terra dalla ricchezza infinita, vasta, generosa e ancora timida nella sua consapevolezza.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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