“A Montefalco” per le anteprime: ex Mission Impossible5 min read

Caro Tom Cruise, hai voglia a tuffarti da un chilometro in un buchetto di un metro, oppure buttarti da aerei, elicotteri, guidare moto al limite e oltre, la vera Mission Impossible è assaggiare 50 Montefalco Sagrantino  con 30-35 gradi all’ombra.

Se proprio vogliamo dirla tutta la vera mission impossible ERA assaggiare Montefalco Sagrantino 15-20 anni fa a giugno/luglio,  mentre fuori i mattoni della piazza di Montefalco erano tanto caldi da poterci cuocere un uovo e i tannini dei vini erano grossi come i mattoni della piazza. Chi ha svolto, sopravvivendo, queste mission Impossible ha visto la partecipazione alla EX Anteprima Sagrantino, ora A Montefalco come una missione da educande o quasi.

Questo per almeno due buoni motivi: il primo è che i Sagrantino di oggi hanno una tannicità sempre molto importante ma sicuramente molto meno selvaggia di quelli del passato, il secondo nonché il più importante, è che la manifestazione ha cambiato e sta cambiando pelle, non essendo più incentrata su un “vinosauro” ma anche su altri due importantissimi pilastri, specie guardando al futuro: il Montefalco Rosso e i vini bianchi del territorio. Se volessimo continuare con i paralleli cinematografici potremmo dire che siamo passati da Mission Impossible a Lo chiamavano Trinità.

E questa Trinità è sicuramente l’unica strada che hanno i produttori di Montefalco per riuscire a superare da una parte il cambio climatico e dall’altra il disamoramento sempre più evidente per i rossi, specie quelli da lungo invecchiamento come i Montefalco Sagrantino.

A Montefalco proponeva infatti un programma pieno di visite in azienda, eventi, tasting guidati da personaggi importanti, mentre in passato il fulcro di tutto era la sala di degustazione nel palazzo comunale, dove i Sagrantino la facevano da padrone.

Oggi invece in questa sala, dove si poteva (e si doveva!) degustare grazie ad attenti e puntuali sommelier, i numeri dei vini presenti parlavano chiaro: su 161 referenze 39 erano bianchi, 49 Montefalco Rosso, 60 Montefalco Sagrantino (ma solo 14 dell’ultima annata in commercio!) e 13  passiti. Considerando che i bianchi, suddivisi tra Montefalco grechetto, Montefalco Bianco e Trebbiano Spoletino, sono “la novità” degli ultimi 10 anni e sono in costante crescita, si può prevedere che in futuro A Montefalco presenterà sempre più bianchi e Montefalco Rosso che Montefalco Sagrantino.

La sala di degustazione

Prendendo atto di questa evoluzione cerchiamo di vedere che cosa propongono queste tre tipologie nel bicchiere.

Per quanto riguarda i bianchi sono costretto a darvi una momentanea fregatura, perché non li abbiamo degustati in sala ma raccolti tramite il consorzio e poi degustati, bendati, per la guida. Comunque tranquilli perché  il punto su questa tipologia, anzi su queste tipologie (visto che si parla di almeno tre DOC) è solo rimandato di qualche giorno.

Veniamo ai Montefalco Rosso, oggi vero e proprio motore del territorio con oltre 4 milioni di bottiglie (il Sagrantino è a 1.8 milioni di bottiglie, tanto per dare un idea). Anche quest’anno abbiamo visto che gli sforzi per produrre un rosso moderno, bevibile praticamente da subito ma con buone possibilità di invecchiamento ottengono buoni e ottimi risultati ma qualche volta si infrangono sia sul cambio climatico sia sulla mancanza di esperienza e conoscenza di alcuni produttori, in particolare di chi è entrato da pochi anni nel mondo della produzione. La stragrande maggioranza propone rossi aperti e bevibili, anche con alcolicità non certo marginali: ma stiamo parlando di vini a base sangiovese dove merlot, sagrantino e altre uve a bacca rossa completano il quadro, quindi aspettarsi vini “alcool free” o quasi suona pure offensivo. Solo in alcuni casi la tannicità è ruvida e i profumi poco espressi, ma anche nella tragica (per i numeri prodotti) vendemmia 2023 sono nati dei buoni rossi. Continuiamo a far finta di non capire il perché del Montefalco Rosso Riserva: vino importante, strutturato, da invecchiamento che però rischia di fare le scarpe al Sagrantino, e visto che ci siamo arriviamo a parlare del “grande vecchio” della denominazione.

Chiesa di san Francesco

Fermo restando che oggi, come detto sopra, i Sagrantino sono molto più rotondi, armonici, equilibrati che in passato (anche recente) il problema di questo vino è che ci mette molti anni non solo per arrotondare i tannini ma per sviluppare aromaticità che si distacchino da quelle date dal legno. Se ci mettiamo anche un’alcolicità importante ci si presenta un vino approcciabile con piacere non prima di 7-8 anni ma a cui mancano importanti aromi terziari che si sviluppano, invece, nel sangiovese e nel merlot. Ecco perché i produttori locali puntano sul Montefalco Rosso Riserva, vino anche imponente ma più malleabile nel tempo. I Sagrantino 2021 degustati ci hanno confermato passi avanti ma anche evidenziato che non ci si può inventare produttori di Sagrantino, pena mettere in mostra vini con tutte le “vecchie” e ruvide caratteristiche del vino.

Un quadro con luci e ombre ma A Montefalco non si viene solo per il vino, dato che il piccolo borgo umbro mette in campo bellezze artistiche, architettoniche e paesaggistiche di livello mondiale. Ogni volta che entro nelle sue mura mi guardo attorno e sono felice di quello che vedo. La chiesa di San Francesco con il ciclo di affreschi di Benozzo Gozzoli è un qualcosa che può farti ubriacare di bellezza e i panorami che circondano il borgo valgono da soli il viaggio.

Montefalco ha due facce: se quella del vino sta cambiando visti i tempi e il clima, quella storica e artistica è sempre uguale a se stessa: un mix di questo Giano Bifronte umbro non può non colpire e lasciare numerosi e indimenticabili segni.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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