A Capezzana in 10 (annate) per i 40 anni del Trefiano4 min read

L’età di Trefiano in quanto villa rinascimentale è piuttosto avanzata, fu disegnata dal Buontalenti e vanta quattro secoli e mezzo di vita.

L’etichetta che ne porta il nome, prodotta da Capezzana nel comune di Carmignano, è ovviamente più giovane e tuttavia ha meritato un giusto festeggiamento per i suoi quarant’anni.

La villa di Trefiano

Si è svolto il 28 settembre scorso, in azienda: abbiamo degustato dieci annate comprese la prima e l’ultima imbottigliate, ottenute dai tre vigneti che circondano la villa: un cru all’interno della tenuta. Questi vigneti, per un totale di cinque ettari, hanno esposizioni diverse tra nord, est e sud. Vale comunque la pena di sottolineare che l’esposizione generale dei terreni di Capezzana e di tutta la docg Carmignano, sono sul versante nord-est della breve catena del Montalbano: un’esposizione che in tempi andati si sarebbe detta sfavorevole a maturazioni facili. Di fatto sappiamo che già il Granduca di Toscana Cosimo III  incluse la zona, col nome odierno, nel famoso bando del 1716 per la difesa delle “denominazioni” toscane, primo esempio al mondo di tal genere.

Alla sanità delle uve per il Trefiano, produzione biologica come le altre etichette aziendali extravergine compreso, contribuiscono probabilmente le brezze che scendono verso la pianura di Prato.

Quanto ai suoli, vale riportare direttamente quello che aveva scritto l’artefice di questo vino, Vittorio Contini Bonacossi: “I nostri terreni originati da frana sottomarina hanno terra argillosa che passa a ghiaiosa per tornare argillosa e galestrosa, metro dopo metro c’è differenza perchè tutto viene da una situazione caotica estrema e fantastica biodiversità, è esattamente da questo caos che scaturisce la complessità dei nostri vini”.

Parole che possono suonare un po’ enfatiche, ma questa complessità l’ho ritrovata tutta nell’assaggio dei vini. Ne è anzi un tratto distintivo, insieme a una sensazione di eleganza e a un gusto comunque ben sostenuto che si prolunga assai.

Le dieci annate in degustazione presentavano un “vuoto” centrale fra la 1988, dal naso appena austero ma da quella persistenza lunga e gentile a cui ho appena accennato, e la 1998 che vide Benedetta Contini per la prima volta responsabile di cantina e l’introduzione dei tonneaux: quest’ultimosapido e consistente, con balsamicità ben fusa a un residuo di fruttato-floreale.

Di fatto abbiamo cominciato con la prima etichetta voluta da Vittorio, la ’79: bouquet tra il mentolato e il minerale, gradevole consistenza sapida. Il 1983 ha mostrato un tratto aromatico diverso, con ricordo di sottobosco, e una  persistenza particolarmente generosa. Il Trefiano di tre millesimi dopo, sulle 11.000 bottiglie per dare un’idea, ha offerto ampia gamma di profumi tra la frutta, il cuoio e il balsamico; tannicità soffusa e aromatica. Il 2003 ha smentito l’immagine generale dell’annata molto calda, confermando l’impressione che avevo avuto in una degustazione di qualche anno fa: un cenno di ammandorlato-amarognolo finale lo differenzia dalle altre annate, tuttavia per il profumo siamo sul super-classico del sangiovese dalla Toscana centrale, fra la marasca e la viola mammola. Il 2005 si è dimostrato fine al naso quanto sostenuto in bocca, con finale particolarmente aromatico.

I campioni del decennio scorso  hanno visto salire alcol ed estratti (14,88° e 34,57 gr/lt all’origine per il 2015, ad esempio). Si può dire che era prevedibile, dato l’andazzo climatico che constatiamo; tuttavia l’impressione di eleganza è rimasta e non sono stato solo io ad averla. Nella sala in cui eravamo ospiti di Capezzana, infatti, le voci sono state molte e varie, l’atmosfera invitava al commento rilassato. Erano presenti i membri della famiglia fra cui i fratelli e i figli di Vittorio, oltre ai collaboratori agronomi e al consulente esterno Franco Bernabei, tutti con i loro contributi d’informazione interessanti.

L’impressione generale era di esser di fronte a un mosaico, un po’ come i terreni descritti nelle parole del protagonista, purtroppo scomparso.

A seguire il Trefiano 2012 si è rivelato particolarmente sapido, con un fine bocca dall’aroma complesso tra il fruttato maturo già espresso al naso e una notevole mineralità.

Il 2015 è il primo a portare in etichetta il nome di Vittorio e la classificazione “Riserva”. Mi è sembrato particolarmente fresco sotto il naso, mentolato-muschiato; ben sostenuto in bocca con slancio e sapidità. Un tratto, quest’ultimo, che è sembrato essere il filo conduttore della degustazione, confermato in un 2019 già godibile, floreale.

L’andamento del 2023 non è stato certo favorevole. Ci hanno detto che stimano un calo del prodotto intorno al 40%. Da parte nostra confidiamo in ogni caso che quella complessità e quell’eleganza si confermino.

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE