A Bolzano per parlare di futuro…..vetro a parte3 min read

In una di quelle giornate di ottobre dove il sole rende unici i colori dei boschi e delle vigne altoatesine si è svolto a Bolzano un interessante convegno (La sfida della qualità: quale futuro per il vino dell’Alto Adige?) sulle prospettive future dei vini di questa piccola ma importante regione enologica.

Noi appassionati di Alto Adige da tempo, nonostante la giornata invogliasse a passeggiare all’aria aperta, siamo stati tra i primi la mattina del 30 ottobre ad entrare nella sala della Libera Università di Bolzano che avrebbe ospitato il convegno.

Questa si è riempita in poco tempo come un uovo, dimostrando che il tema (promosso dal Consorzio dei Vini Alto Adige, dalla Camera di Commercio di Bolzano e dalla cantina Kettmeir, da anni passata nel gruppo Santa Margherita) era molto sentito.
Si diceva dell’Alto Adige che è una piccola regione viticola: ce lo ha confermato nei suoi saluti (in tedesco…) l’Assessore all’Agricoltura della Provincia di Bolzano, dicendoci che occupa appena lo 0.76% della superficie vitata italiana. Questo 0.76% però si è fatto ben conoscere sia nello stivale sia all’estero.

I vari interventi hanno ruotato  tutti attorno a due temi: La freddezza del mercato ed il troppo calore della vigna che, in termini più consoni , equivale a dire “Cosa fare per  vendere in futuro i nostri vini.” e “ Cosa fare in vigna per vini di qualità se continuano gli innalzamenti termici degli ultimi anni.”

Il primo tema ha visto succedersi vari relatori (tra i più convincenti il nostro amico Matteo Marenghi) che hanno portato dati, a volte in contrasto tra loro, ma non hanno certamente sgombrato l’orizzonte delle prospettive di mercato sia per i vini Altoatesini, sia per quelli italiani, sia per il vino tout court.

Il secondo tema è stato invece preso di petto dal professor Fregoni che, allargando il discorso all’universo mondo, ha dato indicazioni interessanti. Ne riportiamo alcune.

• Si dovrà piantare vigna più in alto ed a latitudini più alte (o più basse per l’emisfero sud) .
• Per ovviare alle eccessive gradazioni si potranno usare vitigni che attualmente sviluppano non molti gradi alcolici (Prosecco o Sylvaner tanto per fare due esempi).
• Si potranno utilizzare forme di allevamento che utilizzano meno acqua di altre (alberello al posto del tendone o della pergola, tanto per continuare con gli esempi).
• Soprattutto però si dovrà studiare in maniera seria (cosa che non è stata fatta fino ad ora)  i comportamenti della vita sopra ai 35°C.

Ad un certo punto è entrato nell’argomento delle emissioni di anidride carbonica, che è e sarà uno dei futuri problemi maggiori. Pensate che tutto il comparto agricolo mondiale (per la stragrande maggioranza a  causa degli allevamenti) emette più anidride carbonica dei trasporti stradali planetari.

Un dato su cui si dovrebbe(si dovrà!!) riflettere molto, come avrebbe meritato maggior attenzione quest’altra affermazione: “Facendo 100 le emissione relative alla viticoltura, il 50% di queste sono dovute alla produzione delle bottiglie e degli imballaggi. In particolare si potrebbe diminuire del 50% l’incidenza di questo comparto se ci si decidesse a produrre ed utilizzare bottiglie più leggere”.

Questa frase di Fregoni  (ripresa da studi francesi) ci riporta dritta dritta alla nostra campagna “Meno pesa più vale”. Ci riporta lì anche le praticamente nulle reazioni dell’uditorio ad un affermazione che, se compresa nel suo reale valore, avrebbe dovuto far schizzare  tutti i produttori presenti verso un telefono per poter ordinare bottiglie più leggere. Invece niente! Anche in Alto Adige, terra considerata particolarmente sensibile alle tematiche ecologiche, del vetro pesante e delle sue conseguenze importa ben poco.

All’uscita ci aspettava il solito bel sole che nel frattempo aveva scaldato l’aria, quell’aria che potrebbe essere resa più respirabile grazie anche a “piccole grandi” cose, tipo bottiglie più leggere.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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