A Bologna tutti i colori del bianco2 min read

La sera del  6 ottobre molti appassionati bolognesi di vino  hanno partecipato all’evento organizzato da GO WINE “Tutti i colori del Bianco”. L’associazione, molto attiva in Piemonte, organizza eventi anche a Bologna 4-5 volte all’anno. Lo chef del ristorante “Acqua pazza” Francesco Carboni ha accompagnato la serata con due suoi piatti ( risotto di pesce e polpettone di cernia), mentre l’ottimo pane (ma ottimo davvero) era offerto da un’azienda artigianale molto nota a Bologna (il Forno),.  La serata è stata organizzata sotto l’egida del Consorzio del Soave , che ha offerto in degustazione numerose produzioni.

 

 Il filo conduttore della serata era “Anche i vini bianchi italiani reggono ed evolvono con l’invecchiamento”. La maggioranza dei vini erano da vitigni autoctoni  e spaziavano da nord a sud;  bianchi della costiera amalfitana, Verdicchio,  Vermentino, Pecorino, Soave, Fiano, Greco di Tufo, Vernaccia di S.Gimignano, Lugana… Dal Friuli , oltre al Friulano ex tocai e la Ribolla Gialla, l’offerta è stata allargata a Pinot bianco, Pinot grigio, Sauvignon e Riesling.

 

Che caratteristiche deve avere un bianco per poter invecchiare? Che cosa deve manifestare in più o in meglio rispetto al prodotto giovane? Dipende dal vitigno, dal territorio, dal processo di vinificazione, dalla latitudine, dall’annata? Questo ciò che mi ha incuriosito. Alcuni bianchi, si sa, possono evolvere negli anni in maniera straordinaria: il Riesling renano ne è un esempio straordinario, come lo chardonnay in Borgogna. E da noi?

 

Personalmente, non sono rimasta colpita da queste mini-verticali, che in genere non sono andate più indietro di 4-5 anni.  E’ stato interessante, comunque, sentire la differenza nelle annate di produzione, in alcuni casi più dovute alle differenze climatiche che all’affinamento. In altri casi il passaggio in legno, nel tentativo evidentemente di dare vigore dove non ce n’è, secondo me ha snaturato il prodotto. In alcuni vini che ho assaggiato, è chiara la perdita di profumi senza obiettivo guadagno di altro.

 

E poi ci sono le eccezioni: Jermann -Vintage Tunina 2012 e 2002 e  Franz Haas- Manna 2011 e 2002. Devo dire che questi due uvaggi, ottenuti da vitigni aromatici o semi aromatici, hanno mostrato una notevole tenuta nel tempo, guadagnando in morbidezza senza perdere profumi e freschezza.

 

Un grande vino è anche il Verdicchio di Matelica di Bisci che è stato presentato in due annate, 2010 e 2008, ma … non parliamo di 12 anni. E’  stato proposto un pignoletto 2007, ma a mio parere non vale la pena: legnoso, senza la leggiadria del pignoletto.

 

In conclusione, non è possibile generalizzare o dare ricette buone per tutte le stagioni e comunque la manifestazione è stata bella e molto istruttiva.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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