A bendare la Vernaccia non ci perdi mai la faccia3 min read

L’Anteprima della Vernaccia di San Gimignano (in campo un’annata difficile come il 2014) è un appuntamento importante non tanto per assaggiare dei bianchi appena fatti che, oramai per me è chiaro, cominciano ad essere buoni almeno dopo 12 mesi dalla vendemmia, ma per partecipare alla degustazione nella meravigliosa Sala Dante che ogni anno contrappone questo bianco  ad un “competitor” estero.

 

Il Competitor di quest’anno in realtà era un “multicompetitor” e cioè le varie denominazioni che assieme formano la Cote Chalonnaise.   Siamo appena a sud della Cote d’Or e davanti a vini dove lo Chardonnay la fa quasi da padrone e solo in un caso (a Bouzeron) viene soppiantato dall’Aligoté.  

 

 Fino allo scorso anno le degustazioni in Sala Dante si svolgevano con un cliché quasi fisso. Un bravo relatore introduceva  la zona e gli immancabili produttori esteri presenti, gli passava la parola, dopodiché era la volta dei produttori di San Gimignano. I dodici vini degustati (sei per ognuno) erano assaggiati in maniera palese, magari con il produttore che lo spiegava.

 

Questa volta invece, grazie a quell’affabulatore di enorme cultura enoica (e non solo) di Armando Castagno la degustazione si è svolta in maniera molto diversa e sicuramente più stimolante.

 

Per una bella mezz’ora Armando ci ha parlato della storia e delle caratteristiche di queste denominazioni francesi molto poco conosciute (e commercializzate) in Italia e poi si è messo assieme a noi a degustare i vini. Il bello era che tutti i vini erano anonimi, quindi avevi davanti 12 bicchieri con dei bianchi di cui sapevi soltanto che potevano provenire dalle due zone in gara. Stava a te riconoscere le vernacce dai vini francesi.

 

Armando ci aveva dato alcune chiavi di lettura ma come potete capire, non è che la cosa in degustazione   divenisse per questo semplice e scontata.

Una delle chiavi di lettura dei vini era la loro marcata sapidità che, in entrambe le zone rende abbastanza longevi e comunque piuttosto complessi i vini. Ma questa era solo una delle caratteristiche che li poteva avvicinare, mentre molte altre li portavano su strade aromatiche e gustative diverse.

 

Per esempio potremmo parlare dell’uso del legno, che in linea teorica nella Cote Chalonnaise dovrebbe essere molto più equilibrato e amalgamato rispetto a San Gimignano. Questo pensiero (che non aveva espresso Armando ma era frutto dell’ignoranza del sottoscritto) mi ha portato a cannare di brutto due vini, attribuendo un eccesso di legno stranamente tostato (diciamo cimice bruciata per essere chiari)  direttamente ai vernaccisti. In effetti erano vini francesi e tutto questo discorso era propedeutico al vero succo del discorso (almeno secondo me).

 

Tra i dodici vini delle due zone non si percepivano differenze positive o negative solo in un senso: le loro caratteristiche olfattive e gustative non potevano essere attribuite con facilità all’una o all’altra zona basandosi solo sul fatto che “Francia è bello” e il resto…pazienza. La partita è stata giocata tranquillamente alla pari e, almeno per me, alla fine c’è stato un solo vincitore: il concetto che prima di parlare (spesso a vanvera) di una denominazione, bisogna assaggiarla con attenzione.

 

Per questo mi sono alzato molto soddisfatto dalla seggiola, con l’idea che la Vernaccia di San Gimignano  purtroppo si porta dietro tanta cattiva pubblicità (magari anche meritata in passato) ma che adesso andrebbe attentamente rivalutata, non solo con “’l’avversario” di un giorno, ma con le non molte denominazioni in bianco non da uve aromatiche o semiaromatiche che nell’immaginario collettivo partono molto avvantaggiate nel confronto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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