Chi avesse pensato che “l’affaire” Brunello, ancora ben lungi dal concludersi, fosse un caso isolato, avrà di che ricredersi leggendo la proposta del nuovo disciplinare della Doc Primitivo di Manduria.
Avanzata dal Consorzio di Tutela ed attualmente al vaglio della commissione ministeriale, prevede (tra le altre cose) proprio quel famoso allargamento del disciplinare così tanto dibattuto iontorno al brunello di Montalcino. Si passerebbe infatti dal 100% di Primitivo, previsto dall’attuale disciplinare al 85%, con l’aggiunta per il restante 15% di cosiddetti vitigni “migliorativi”. Premesso che il disciplinare è di base un’ autoregolamentazione dei produttori, i quali possono decidere ciò che più gli aggrada secondo i loro interessi, non possiamo ovviamente non sottolineare come una decisione di questo tipo rappresenterebbe una scelta dequalificante per tutto il comparto. Avverrebbe proprio in un momento in cui la difesa della territorialità, con tutto quello che ne consegue, rappresenta una via quasi obbligata per resistere alle forti spinte di omologazione che provengono da larghi settori del mondo vitivinicolo, incapaci di vedere oltre il proprio naso.
Il terreno verso cui si spingerebbero i produttori , qualora fosse approvato il nuovo disciplinare, è terreno minato, segnato da una concorrenza internazionale che ci vede perdenti già in partenza. Invece di accentuare la diversità dei nostri vini, rivedendo i disciplinari in modo più restrittivo, per renderli sempre più unici, s’insegue una facile chimera. La posizione assunta dal Consorzio viene spiegata da alcuni soci come la volontà di prevenire una nuova “ Montalcino” rendendo tutto più trasparente e dando nel contempo (bontà loro!) la possibilità di continuare a vinificare Primitivo in purezza a chi lo desiderasse. A noi sembra invece una modifica che, al pari di Montalcino, andrebbe a legalizzare ciò che già probabilmente avviene in molte cantine e che spesso si sospetta nelle degustazioni, ma che nessuno osa dichiarare apertamente. Invece di spingere magari per il riconoscimento dell’incarico a svolgere le funzioni di controllo (così come ha fatto il consorzio di tutela della Doc Castel del Monte) si prende la strada più facile ed accomodante, lasciando piena libertà ai produttori di fare praticamente quello che vogliono. Infatti come e soprattutto chi controllerà il rispetto del 85% e del resto?
Perchè andare a modificare il disciplinare quando tutto quello richiesto è già previsto nell’IGT?
Se la modifica andasse in porto è facile prevedere che alcuni produttori uscirebbero dalla DOC, puntando molto più opportunamente sulla loro immagine e sul loro marchio anziché su una denominazione che non garantirebbe assolutamente nulla, ma andrebbe ad aumentare ancora la confusione nel consumatore. Questo ogni volta dovrebbe chiedersi che cosa sta per acquistare o bevendo. . E se a Montalcino, come sembra, i produttori difendono l’identità del Brunello rigettando qualsiasi idea di modifica, non ci meraviglieremmo se a Manduria avvenisse esattamente il contrario. Inutile rilevare le analogie (con pesi ovviamente differenti) con quello che si è cercato di fare al disciplinare del Brunello; ma la vicenda è quanto mai esemplificativa delle idee che ormai pervadono larghi strati del settore produttivo italiano: belle parole ma poi tutti ( o quasi) pronti a sacrificare, in una visione assolutamente miope, l’originalità dei loro vini e la specificità dei loro territori.