Orvieto 2015: una positiva conferma2 min read

Quando da un’annata fredda si passa ad una calda ed una tipologia di  vino ti porta alle stesse positive conclusioni generali, oltre ad essere contento forse vuole anche dire che ogni tanto ci azzecchi.

 

E con l’Orvieto DOC (cioè Orvieto, Orvieto Classico, Orvieto Classico Superiore e le poche ma buonissime Muffe Nobili) gli assaggi fatti al Consorzio circa 20 giorni fa ci hanno “azzeccatamente” confermato quando detto lo scorso anno. 

Confrontando i  DOC con i molti  IGT prodotti in zona  risulta evidente che , aldilà della qualità, i primi hanno un senso, una linea condivisa, un qualcosa che li unisce e ti fa pensare che siano vini dello stesso territorio, mentre i secondi possono avere delle punte, ma restano solo esempi isolati.

 

Questo nonostante che nei vini DOC  il grechetto, vitigno oramai principe della denominazione, sia affiancato in percentuali diverse da altre uve, autoctone o meno (dal trebbiano allo chardonnay, passando per sauvignon, viognier, drupeggio, Malvasia etc.) rendendo così, per fortuna solo in teoria, difficile una reale univocità enoica.

 

Infatti basta confrontarli con i molti IGT  locali per capire che questa storica DOC ha un senso compiuto, specie quando si parla di Classico e Classico Superiore.

Magari i produttori non sono tanti, magari i grandi imbottigliatori dell’Orvieto fanno i fatti loro da altre parti, ma una vera e propria nicchia qualitativa esiste ed è riconoscibile, anno dopo anno.

 

Invece tra gli IGT, pur con dei picchi, troviamo diversi vini senza senso e spesso con tanto legno, fatti giusto per proporre “qualcosa di diverso”. Meglio sarebbe forse concentrarsi di più e meglio sulla denominazione e cercare di portarla sempre più in alto.

 

Venendo all’annata siamo agli antipodi della scorsa vendemmia: la 2015 è stata calda e quindi i vini hanno delle note di frutta bianca piuttosto matura bene in evidenza. Al palato invece mostrano una rotondità ed un corpo di buon livello senza però che la freschezza ed in alcuni casi la sapidità venga a mancare.  Questa non è certo cosa da poco perché in diverse zone d’Italia i bianchi mostrano una rischiosa piattezza che per fortuna negli Orvieto DOC è assente.

 

Personalmente apprezzo molto l ‘Orvieto e sono felice quando gli assaggi annuali confermano quel feeling che c’è sempre stato, dovuto anche alle ottime possibilità (per alcuni di loro) di maturare negli anni. Per questo vi consiglio di berli almeno dopo un anno dalla vendemmia e sono particolarmente contento che alcune cantine escano con il loro Superiore dopo almeno 12 mesi.

 

Insomma, quando passate in autostrada vicino a questa bellissima città, una breve uscita per comprarsi a prezzi buoni qualche Orvieto,  io la farei.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE