Quando uno degusta Gavi da più di trent’anni e ne pubblica i risultati da circa venticinque deve trovare qualche piccolo espediente per rendere appetibile ai lettori la degustazione. Questo specie quando siamo di fronte ad annate come la 2024 non certo tra le migliori del secolo, sia a Gavi che in molte parti della penisola.
L’idea è stata quella di provare a chiedere ai produttori una bottiglia di una vecchia annata e così alcuni produttori ci hanno mandato una bottiglia di 2015.
Ma prima parliamo della 2024 che anche qui ha evidenziato in generale una carenza di corpo e di acidità che solo in parte l’ormai proverbiale sapidità del vino riesce a mascherare. Inoltre alcuni imbottigliamenti molto recenti portano in dote delle sensazioni amare, per non parlare di chiusure aromatiche da solforosa, che certamente non migliorano la situazione.

Ormai chi ci segue sa che per dare una valutazione “spannometrica ma non troppo” della qualità dell’annata noi usiamo il sistema di contare quanti vini raggiungono almeno 80 punti (per noi, lo ripetiamo sempre, non sono pochi perché non spariamo punteggi come mortaretti alla festa del patrono) e quelli che rimangono al di sotto. Usando questo sistema abbiamo visto che il 60% dei vini degustati è sopra questo limite ed è, neanche tanto stranamente, una percentuale che (punto più, punto meno) abbiamo riscontrato anche in diverse altre denominazioni.
Quindi il Gavi 2024 si allinea su quella che è la media nazionale, almeno fino al momento in cui lo stesso Gavi non rimane qualche anno in bottiglia, diciamo come minimo almeno 3-4. Non per niente il migliori Gavi della degustazione è risultato un 2022 e altri vini di annate precedenti sono andati benissimo ma non li abbiamo potuti inserire perché già degustati in precedenza.
Quindi se applicassimo la stessa regola al 2024 potremmo consigliarvi di attendere almeno 8-10 mesi prima di berli. Capiamo che nella testa di molti (produttori compresi) il Gavi è un bianco d’annata ma forse bisognerebbe iniziare a pensare in maniera diversa, perché non si può produrre un bianco giovane di pronta beva e imbottigliarlo con dosi di solforosa che verranno meno solo dopo molti, molti mesi. Insomma, tra caratteristiche insite al vitigno e “aggiunte” dai produttori il nostro consiglio è di bere qualsiasi annata di Gavi almeno un anno dopo.

A proposito di “anni dopo”, il nostro assaggio ha visto anche quattro Gavi del 2015: in questi casi vale il detto che “ogni bottiglia può essere diversa” e quindi due di queste quattro le lasciamo nel dimenticatoio perché avevano problemi quasi sicuramente dovuti alla tenuta del tappo. Le altre due però ci sembra giusto celebrarle e non potendolo fare sulla guida perché sono vini che avevamo già degustato in passato, lo facciamo in questo articolo. Il primo è Il Gavi del Comune di Gavi il Volo 2015 di Morgassi Superiore, una cantina che da sempre propone Gavi da lungo invecchiamento e che qualche volta “cade nel tranello” della troppa solforosa all’imbottigliamento. Prova ne sia che questo stesso vino, degustato nel 2016 aveva avuto un punteggio bassissimo proprio perché ancora completamente chiuso dalla solforosa. Ora invece aveva una finezza aromatica incredibile con profumi che andavano dalla salvia al biancospino, accompagnate da note speziate. In bocca era ancora giovanissimo, fresco, equilibrato. Un vino che sembrava la massimo di 2-3 anni. L’altro 2015 è il Gavi G della Cantina Produttori del Gavi. Qui invece abbiamo trovato una terziarizzazione quasi da riesling e una bocca grassa, corposa potente.
Questi due vini ci hanno convinto ancora una volta delle grandi possibilità d’invecchiamento del Cortese qui a Gavi e forse sarebbe l’ora, lasciando da parte la Riserva che non ci è mai sembrata una tipologia tagliata per questa terra, di rivalutare queste possibilità utilizzando anche dosi diverse di solforosa e altri strumenti di cantina, evidenziando in etichetta che quel Gavi è stato imbottigliato per berlo giovane oppure (magari con una variazione ben visibile in etichetta) per goderselo dopo diversi anni. Insomma una specie di, prendendo a prestito la lingua francese, “Jeune Gavì” da bere subito affiancato da un “Mature Gavì” che, pur essendo lo stesso vino, conviene tenere in cantina per anni.
L’abbiamo buttata lì ma forse bisognerebbe pensarci.